Mons. Marchetto: preoccupazione per le nuove misure sull'immigrazione in Italia
Proseguono in Italia le polemiche per l’approvazione al Senato del disegno di legge
sulla sicurezza che contiene, fra le altre, una norma che darebbe facoltà ai medici
di denunciare i pazienti che siano immigrati irregolarmente. ‘Se i migranti si faranno
prendere dalla paura della possibilità di una tale denuncia – sottolinea l’arcivescovo
Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti
e gli itineranti - perderanno fiducia nei medici e potrebbero non rivolgersi più alle
strutture del servizio sanitario nazionale’. Sulle possibili conseguenze di questo
provvedimento ascoltiamo il presule al microfono di Fabio Colagrande: R - Le conseguenze
possono essere gravi, oltre alla cosa in sé. Potrebbero svilupparsi strutture clandestine
con effetti nefasti per la salute dei migranti stessi e di tutti gli italiani. Faccio
due esempi: quelli del parto e della prostituzione, con possibile contagio di malattie
gravi. Esami medici, per questi due esempi, senza considerarne altri, richiedono strutture
specializzate e una fiducia totale nel medico. Sono cose gravi. D
- Il ddl introduce il reato di immigrazione clandestina... R.
- Criminalizzare l’immigrazione irregolare, metterla alla pari di reati comuni, vuol
dire non riconoscere che in principio c’è un diritto all’emigrazione. Lo attesta la
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. E, da parte ecclesiale, dobbiamo
ricordare la Pacem in terris, secondo la quale ogni essere umano ha il diritto “quando
legittimi interessi lo consiglino, di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi
in esse”, e lo dice anche il Concilio Ecumenico Vaticano II. So, naturalmente, che
spetta allo Stato regolare i flussi migratori che ora, peraltro, sono misti perché
composti da migranti economici, per così dire, e richiedenti asilo, che non possono
essere trattati allo stesso modo. E ciò viene fatto in vista del bene comune di un
certo Paese, che comprende pure l’aspetto sicurezza, ma nel contesto del bene comune
universale. Tutto ciò deve far riflettere, anche considerando le situazioni di estrema
necessità di molti migranti. La criminalizzazione non rispetta la dignità di queste
persone che fuggono dai loro Paesi in cerca di una vita migliore, ma spesso spinti
dalla fame e dalla disperazione. “Preferisco la morte piuttosto che il ritorno al
Paese d’origine”, dice espressamente qualcuno. Le ronde, poi, di volontari civili,
mi sembrano un’abdicazione dello Stato e non credo sia questa la strada per risolvere
il problema migratorio, che del resto non è solo un problema, come attestato dal nostro
Papa Benedetto XVI: è in effetti anche una sfida e un’opportunità.