Ottant'anni fa nasceva lo Stato della Città del Vaticano
Un anniversario importante, oggi, per la Chiesa universale: compie 80 anni lo Stato
della Città del Vaticano. Il servizio di Roberta Gisotti:
11 febbraio
1929, una data storica che suggella il mutuo riconoscimento tra Regno d’Italia e Stato
Vaticano, attraverso i Patti Lateranensi, dal nome del Palazzo del Laterano a Roma
dove furono firmati, ponendo fine al lungo periodo di tensioni, sorte all’indomani
dell’Unità d’Italia. I Patti constavano di due distinti documenti: il Trattato che
riconosceva l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato della
Città del Vaticano; e il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in
Italia tra la Chiesa e lo Stato. Nel 1947 i Patti furono introdotti nella Costituzione
della nascente Repubblica italiana ed ancora nel 1984 sono stati sottoposti a revisione,
ribadendo piena indipendenza e sovranità reciproche per Italia e Santa Sede, libertà
di scelta sull’insegnamento della religione cattolica e tutela dei beni patrimoniali
ecclesiastici. Nello stesso anno 1984 l’Unesco ha inserito la Città del Vaticano nella
lista del Patrimonio mondiale dell’umanità. Diversi gli eventi celebrativi: oggi pomeriggio
in Vaticano verrà inaugurata una Mostra nel Braccio Carlo Magno, mentre domani pomeriggio
il Papa presenzierà ad un concerto ospitato nell’Aula Paolo VI, ed ancora domani il
cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone introdurrà nel Palazzo del Laterano
i lavori di un Convegno di studi, organizzato dal Governatorato, intitolato “Un piccolo
territorio per una grande missione”. Da segnalare infine la speciale serie di francobolli
vaticani con le immagini dei Pontefici dal 1929 ad oggi.
Diamo
ora la parola al cardinale Giovanni Lajolo, presidente della Pontificia Commissione
per lo Stato della Città del Vaticano, intervistato da Philippa Hitchen sul
peculiare mandato della Santa Sede nel mondo odierno:
D. - Come
si può spiegare oggi la necessità di uno Stato sovrano per esercitare un'autorità
spirituale sui Cattolici sparsi nel mondo?
R. - Tutto
il significato dello Stato sovrano della Città del Vaticano sta nel mettere il Papa
al riparo da qualsiasi ingerenza politica nella guida della Chiesa e nel suo magistero
evangelico, che è diretto non soltanto alla Chiesa, ma a tutta l’umanità. Il Vicario
di Cristo deve essere indipendente e libero, non deve essere tenuto a rispondere ad
alcuna autorità terrena, ma solo a Dio. La storia, soprattutto dell’Europa, ha dimostrato
troppe volte nel corso dei secoli, ed ancora nel secolo scorso, l’inclinazione di
alcuni regimi e di alcuni governi ad incatenare la voce del Papa. Ancor oggi non pochi
uomini politici vorrebbero che il Papa non si pronunciasse su temi morali a loro sgraditi.
D.
- Lei è stato per alcuni anni segretario per i Rapporti con gli Stati. Quali sono
le sfide più difficili nel rappresentare il più piccolo Stato del mondo in sedi internazionali?
R.
- Le grandi sfide che essa affronta sono sempre sfide che interpellano la Chiesa,
ed anzitutto la libertà della Chiesa locale – vale a dire dei vescovi insieme ai loro
fedeli – nei loro rapporti con il Papa, Vicario di Cristo e successore dell’Apostolo
Pietro. Ma non solo questo. L’attività internazionale della Santa Sede è rivolta ad
affrontare le grandi questioni dei diritti umani, a partire da quella della vita e
del nutrimento, il diritto ad una vera libertà di religione – questo è il primo dei
diritti alla libertà, perché riguarda il più importante rapporto della persona umana:
il rapporto con Dio. Altre grandi sfide sono quelle del diritto allo sviluppo economico
dei Paesi più poveri e deboli, ma anche delle persone povere e svantaggiate. Non da
oggi una sfida cruciale è quella dell’emigrazione, che è presente non solo nei Paesi
del mondo occidentale, ma anche nel mondo arabo e nel resto del mondo. Tutte queste
sfide non sono che tasselli della grande sfida di fondo, del grande impegno della
Chiesa: quello della pace.
Tra pochi giorni si festeggerà
anche un altro anniversario: i 25 anni del nuovo Concordato, firmato il 18 febbraio
del 1984. Alessandro Guarasci ha intervistato il prof. Giuseppe Dalla Torre,
giurista cattolico, allora segretario per parte italiana della Commissione mista che
condusse le trattative:
R. - Il Concordato,
così come rivisto nel 1984, ha avuto come obiettivo quello di armonizzare le disposizioni
concordatarie da un lato alla Costituzione e, dall’altro, ai principi del Concilio
Vaticano II, e di affermare con forza il principio della collaborazione, evidentemente
nella distinzione dei compiti e delle finalità e delle funzioni tra lo Stato e la
Chiesa che è in Italia. Dal 1984 ad oggi questa collaborazione si è manifestata in
una serie di ambiti assai significativi. Vorrei ricordare, in particolare, quello
delle istituzioni cattoliche e il loro impegno nell’ambito del sociale, nell’ambito
del no profit, delle nuove povertà e delle nuove esigenze poste da una società in
trasformazione.
D. – Si può parlare, dunque, di
libera Chiesa in libero Stato?
R. – Direi piuttosto
“libera Chiesa e libero Stato”, perché la formula cavouriana con quell’'in’ stava
ad indicare in sostanza una posizione di soggezione piena della Chiesa alla sovranità
dello Stato, il che da un punto di vista concettuale è improprio, in quanto le finalità
che la Chiesa persegue sono finalità del tutto diverse rispetto a quelle che lo Stato
persegue.