Eluana: la speranza è più forte della morte. La riflessione di mons. Fisichella
e di padre Lombardi
L’Italia si è svegliata stamani più sola, commossa e sgomenta per la morte di Eluana
Englaro. Alle 19.35 di ieri sera il suo cuore ha cessato di battere in una stanza
della clinica “La Quiete” di Udine, dove da quattro giorni le era stata sospesa l’alimentazione
e l’idratazione. La morte della giovane donna, in stato vegetativo da 17 anni, è avvenuta
mentre in Senato si discuteva su un disegno di legge volto proprio a salvarle la vita.
Intanto, la Procura di Udine ha disposto per oggi l’autopsia. Sulla drammatica vicenda,
Fabio Colagrande ha raccolto la riflessione del presidente della Pontificia
Accademia per la Vita, l'arcivescovo Rino Fisichella:
R. – Innanzitutto,
che in questa lunga storia giudiziale – perché di questo si tratta – ci sono stati
almeno sei gradi di giudizio che avevano dato un parere contrario, e quindi meraviglia
molto che nelle ultime istanze, invece, in assenza di una legge si sia arrivati ad
una sentenza di questo genere. Questo, evidentemente, nel cittadino lascia molte perplessità.
Ci si domanda se, non essendoci una legge, non sia intervenuta allora una visione
ideologica di spingere verso espressioni che evidentemente portano ad individuare
la via dell’eutanasia come la soluzione più facile.
D.
– La storia di Eluana ha portato anche a radicali, forti divisioni anche nell’opinione
pubblica italiana …
R. – Guardi, questa è una vicenda
che purtroppo ha avuto una presenza pubblica gigantesca. Credo che lo sbaglio iniziale
sia stato proprio questo: sia stato quello di avere voluto una evidenza mediatica
oltremisura. Non dimentichiamo che a Udine, nei giorni scorsi, erano presenti televisioni
da tutto il mondo. Quindi, si è creato l’evento mediatico e inevitabilmente, lo si
è creato per la contrapposizione di posizioni che in questo caso sono quanto mai evidenti.
Questa contrapposizione non è servita e non servirà neanche nel futuro.
D.
– Come si è comportata la politica, rispetto a questa vicenda?
R.
– Già da diverso tempo il Parlamento sta lavorando per approdare ad una legge. C’è
un grande lavoro, un grande lavoro che è arrivato momentaneamente ad un testo base
che mi sembra un testo di grande equilibrio, perché raccoglie due istanze differenti:
l’istanza di chi vuole che si arrivi ad una dichiarazione che consenta di non favorire
un accanimento terapeutico e dall’altra, c’è un'istanza – che mi sembra altrettanto
lecita, giusta e quanto mai fondamentale – di non considerare idratazione e alimentazione
come una terapia. Se questo dibattito è scevro da soluzioni preconcette, potrà arrivare
– io me lo auguro – ad una grande maggioranza che dia soprattutto un segno al Paese:
il segno che quanti rappresentano i cittadini presso il Parlamento sono realmente
capaci di ascolto e sono capaci di trovare soluzioni che mettono in disparte i conflitti
e aumentano invece quel senso di serenità che è la condizione basilare perché ci sia
una società che crei progresso.
D. – Di fronte a
questa vicenda, la Chiesa ha ovviamente continuato ad invocare il principio della
difesa della vita dal suo concepimento fino alla sua morte naturale; c’è chi l’ha
accusata anche questa volta di ingerenza …
R. – Penso
che la Chiesa abbia fatto quello che è conforme alla sua natura e alla sua missione.
Noi portiamo la vita, noi siamo testimoni che la morte può essere vinta, perché noi
crediamo che Gesù è risorto. Chiedere a noi qualche cosa di diverso, significherebbe
non chiederci quello che noi siamo. Ma è inevitabile che in una società così complessa
e così articolata e così differenziata ci siano sempre delle voci stonate. Io le prendo
come voci stonate, niente di più e niente di meno. Come si può pensare che anche davanti
a situazioni come quelle che abbiamo vissuto in questi giorni, non si possa arrivare
a sostenere molto di più la pietà cristiana? Quella pietà che non dà la morte, ma
quella pietà che fa vincere attraverso l’amore. Ma noi non possiamo dimenticare la
grande testimonianza che, nel silenzio, fuori dal chiasso, ma nel silenzio reale di
chi ama, di chi si prende cura, hanno offerto le suore della clinica dove Eluana Englaro
è stata per tanti anni ospitata, curata, amata: perché non si deve pensare che questa
è la testimonianza della Chiesa? E in una società democratica, in una società che
sempre più vuole essere laica, perché impedire ai cattolici di far sentire la loro
voce? Io rimango fortemente convinto che in una società dove dovesse essere emarginata
la voce dei cattolici, si cadrebbe inevitabilmente nel baratro di non avere più un
ideale, di non avere più una capacità di speranza. Debbo anche dire che non si può
accusare la Chiesa di ingerenza a corrente alterna: un giorno lo diciamo e il giorno
dopo, siccome ci sono prospettive che sono più favorevoli ad un’altra parte politica,
allora non c’è ingerenza. Vede, fin dagli inizi della Chiesa, quando San Pietro scriveva
ai primi cristiani e diceva loro: “Siate sempre pronti a dare ragione della speranza
che c’è in voi”, aggiungeva subito: “Questo sia fatto con mitezza, con retta coscienza
e con rispetto”. Sono tre condizioni che sono fondamentali nel nostro essere presenti
nel mondo. Noi siamo nella condizione di dover dare la nostra testimonianza di speranza
e di amore, ma lo vogliamo fare non gridando: perché non è mai detto che chi grida
di più abbia ragione. Ecco, io credo che questo sia il nostro messaggio, questo abbiamo
bisogno ancora oggi di ribadire, soprattutto in un contesto culturale in cui sembra
venir meno il concetto stesso della vita e sembra che la società vada sempre di più
verso un degrado, una non comprensione reale del valore della vita.
All’indomani
della morte di Eluana, il Senato ha approvato stamani la mozione della maggioranza
sul fine vita, che esclude la possibilità di sospendere l'alimentazione e l'idratazione
dei pazienti non in grado di provvedere a se stessi. Intanto, si moltiplicano le reazioni
di fronte ad una vicenda che ha profondamente scosso l’opinione pubblica ed ha diviso
il mondo della politica. Dolore ma non disperazione è il sentimento comune a chi,
fino alla fine, si è battuto per la difesa della vita e della sua dignità. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
La speranza
è più forte della morte: lo sanno bene le Suore Misericordine che per 15 anni hanno
curato con amore materno Eluana Englaro nella clinica Beato Luigi Talamoni
di Lecco e che avevano chiesto al padre Beppino di lasciarla a loro, di lasciarla
vivere. Da ieri, le religiose sono raccolte in preghiera ed oggi pomeriggio ricorderanno
la loro Eluana con una Messa a cui prenderanno parte anche gli altri pazienti ospitati
dalla struttura. Silenzio e preghiera. E raccoglimento, in un giorno di “grande dolore
e sconcerto”, lo chiede oggi il cardinale Angelo Bagnasco. Il presidente della Cei,
intervenuto in una trasmissione di Canale 5, ha ribadito che “l’eutanasia resta un
grande vulnus per la storia del nostro popolo”. Ha quindi espresso l’auspicio che
“il Signore illumini tutti quanti per fermare questa deriva davanti alla quale diventa
evidente che una legge giusta è necessaria per impedire casi del genere”.
Già
ieri sera, i vescovi italiani, attraverso una nota, avevano espresso il proprio dolore
per la morte di Eluana. Siamo affranti, si legge nel documento Cei, “ma non viene
meno la speranza che nasce dalla fede”. Poco dopo la notizia della morte della donna,
il cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale
della Salute aveva dichiarato all’Ansa: “Che il Signore l'accolga e perdoni chi l'ha
portata a questo punto”. Dolore e tristezza viene espressa dai tanti movimenti che
in questi giorni, con preghiere e iniziative spontanee, hanno chiesto che Eluana non
fosse condotta alla morte. “I fatti parlano da soli e alimentano i più gravi sospetti'',
ha commentato Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita augurandosi che almeno
Eluana “non sia morta invano”.
“Diciamo grazie ad
Eluana – dichiara l’Associazione Papa Giovanni XXIII - per tutto il tempo che è stata
con noi e sentiamo Eluana una martire dei tempi moderni, vittima di un accanimento
contro la vita senza precedenti”. La morte della Englaro, sottolinea la Comunità di
Sant’Egidio, è una “grave ferita alla coscienza e alla cultura della vita del Paese”.
“Con Eluana muore la libertà di vivere": è invece il commento del Rinnovamento nello
Spirito Santo. Dal canto suo, l’Azione Cattolica invoca il Signore affinché “illumini
le menti di chi, da subito, è chiamato a colmare un vuoto legislativo ormai insopportabile”.
Sulla
morte di Eluana e gli insegnamenti che si possono trarre da questa dolorosa vicenda,
si sofferma in questa nota il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:
Di
fronte alla morte il credente si raccoglie in preghiera e affida a Dio l’anima di
Eluana, una persona a cui abbiamo voluto bene e che negli ultimi mesi è diventata
parte della nostra vita. Ora che Eluana è nella pace, ci auguriamo che la sua vicenda,
dopo tante discussioni, sia motivo per tutti di riflessione pacata e di ricerca responsabile
delle vie migliori per accompagnare nel dovuto rispetto del diritto alla vita, nell’amore
e nella cura attenta le persone più deboli. Quelle che – come ricordava il Papa all’Angelus
di domenica – non possono in alcun modo provvedere a se stesse, ma sono totalmente
dipendenti dalle cure altrui. La morte di Eluana non può non lasciarci un’ombra di
tristezza per le circostanze in cui è avvenuta, ma la morte fisica non è mai, per
il cristiano, l’ultima parola. Anche in nome di Eluana continueremo, dunque, a cercare
le vie più efficaci per servire la vita.