Urne aperte in Israele, dove cinque milioni e 200mila elettori sono chiamati ad esprimersi
per rinnovare la Knesset, il parlamento israeliano. In aumento l’affluenza nonostante
il maltempo che flagella Gerusalemme e altre zone del Paese: alle 12 locali aveva
votato 23,4% degli aventi diritto, l'1,7% in più rispetto alle elezioni del 2006.
I sondaggi danno in vantaggio il Likud, la formazione conservatrice di Benyamin Netanyahu,
subito dietro Kadima, partito moderato di Tzipi Livni. Preoccupa poi la probabile
ascesa dell'esponente dell'ultradestra Avigdor Lieberman, leader del partito Yisrael
Beitenou. Ma quali prospettive potrebbero aprirsi se queste previsioni venissero confermate
dall’esito del voto? Marco Guerra lo ha chiesto a Camille Eid, esperto
di questioni mediorientali del quotidiano "Avvenire":
R. – E’ già
scontato che nessun partito israeliano avrà la maggioranza assoluta e quindi dovrà
ricorrere, nella promozione del nuovo governo israeliano, al sostegno di partiti religiosi
o anche nazionalisti. I sondaggi danno il partitodiBenjamin Netanyahu,il Likud, come a capo di
questa formazione, ma dovrà ricorrere quindi all’appoggio di Shas, che è il partito
religioso degli ebrei sefarditi, e soprattutto del partito Yisrael Beiteinu
dell’estremista Avigdor Lieberman. E quindi le prospettive, soprattutto
riguardanti la pace, o le trattative con gli arabi ed i palestinesi, in particolare,
saranno un po’ pessimiste. Avremo le prime difficoltà con la formazione di un governo
di destra e di destra nazionalista.
D. – Secondo
lei, quali fattori incideranno sulla scelta finale degli israeliani?
R.
– E’ un insieme di fattori. Se ha inciso l’operazione militare contro Gaza, ha anche
inciso l’opinione di alcuni leader. L’elettore israeliano guarda anche alla politica
economica del governo e le sue scelte sono un po’ l’insieme di diversi fattori, una
risposta a quello che promettono di offrire questi candidati. La Livni, per esempio,
fa alcune promesse riguardanti il futuro dello Stato d’Israele, e le trattative con
Abu Mazen. Altri invece vengono votati perché promettono di mantenere le colonie.
Se la maggioranza degli israeliani voterà per la destra, vorrà dire che hanno delle
idee molto precise riguardo al futuro della pace.
D.
– Gli analisti prevedono una forte ascesa dell’ultra destra di Lieberman. Questo potrebbe
rappresentare un pericolo per il processo di pace in Medio Oriente?
R.
– Secondo me sì, perché questi partiti minori saranno anche l’ago della bilancia e
incideranno sulla politica del prossimo governo e soprattutto il partito di Lieberman.
Questa ascesa è preoccupante, perché Lieberman, nell’attuale Knesset, aveva undici
seggi e adesso le previsioni gliene danno 17 o 19, il che vuol dire che questo partito
è il vero vincitore dell’elezione di oggi.
D. – Al
voto è chiamato anche più di un milione di arabi israeliani. Quali sono le propensioni
di voto e gli auspici di questa forte comunità?
R.
– Gli arabi purtroppo non votano in maniera compatta: sono dispersi tra diverse liste
arabe ed alcuni deputati arabi nell’attuale Knesset fanno parte di partiti addirittura
ebraici - chi di Kadima, chi del partito laburista – e quindi il loro voto, nonostante
la sua importanza, perché rappresentano comunque il 19, 20 per cento dell’elettorato
israeliano, non potrà incidere in maniera forte come poteva essere se questo voto
fosse stato compatto.