2009-02-09 14:43:45

Eluana: la Chiesa non impone i suoi valori, ma dà testimonianza della verità. Le riflessioni di mons. Negri e del prof. D’Agostino


Corsa contro il tempo per salvare Eluana Englaro. Prenderà il via oggi al Senato l’esame del disegno di legge per interrompere la sospensione della nutrizione e idratazione della donna in stato vegetativo da 17 anni, ricoverata da martedì scorso alla clinica “La Quiete” di Udine. Intanto, le condizioni di Eluana sono stazionarie: da tre giorni le sono state sospese idratazione e alimentazione ed è sedata. Sempre oggi la Regione e la Procura procederanno con gli accertamenti sulle anomalie rilevate dai Nas nella struttura. Dal canto suo, il vicedirettore de “La Quiete” sostiene che stanze e apparecchiature della clinica sono in regola. Per una riflessione sugli aspetti etico-giuridici della vicenda, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani:RealAudioMP3

R. - In assenza di soluzioni di mediazione che si sono tentate, ma sono fallite, ritengo corretto arrivare ad una soluzione che il governo - con la sua responsabilità politica - propone al parlamento, e che il parlamento sarà chiamato a ratificare o a non ratificare.

 
D. - Il protocollo che sta conducendo Eluana Englaro alla morte ha avuto il via libera attraverso una sentenza. In presenza di questo vuoto legislativo, quali rischi si corrono?

 
R. - Intanto, come giurista, ritengo che non esistesse in Italia un vuoto legislativo. Il fatto che il nostro ordinamento non prevedesse il testamento biologico non significa che nel nostro ordinamento ci fosse un vuoto. Significa piuttosto che il testamento biologico non aveva riconoscimento legale. Quello che ha fatto la Cassazione è stato - attraverso dei veri e propri equilibrismi argomentativi ed interpretativi - introdurre, nel nostro ordinamento, un testamento biologico orale, perché di questo essenzialmente si tratta. In questa situazione, di totale lacerazione, soltanto la legge - a questo punto - può portare chiarezza e mettere dei punti fermi.

 
D. - Questo l’aspetto giuridico. Poi c’è l’aspetto, se vogliamo, culturale: in questi giorni leggiamo che si moltiplicano gli appelli su You Tube di chi rifiuta eventuali cure mediche. Lo spirito dei tempi sembra quasi portare ad un testamento biologico “fai da te”…

 
R. - Dal punto di vista culturale, è chiarissimo che c’è una forte pressione per banalizzare l’eutanasia e per legalizzarla. Molti di coloro che chiedono che vengano riconosciute le loro volontà di sospensione dell’alimentazione, lo fanno partendo da atteggiamenti propriamente ideologici e - in generale - nella più totale mancanza di consapevolezza di quanto intricate, dolorose siano queste situazioni di fine vita. Bisognerebbe prima, con molta umiltà, entrare nello specifico delle situazioni di fine vita. E si capirebbe che sono tutte situazioni l’una diversa dall’altra, e che nessuna di esse trova giovamento ad essere affrontata attraverso slogan.

 
D. - In questa vicenda, peraltro - come sempre più spesso accade quando si tratta di valori – da più parti si è criticata la Chiesa d’interferenza. Cosa ne pensa?

 
R. - La battaglia contro l’eutanasia è sicuramente patrimonio dell’insegnamento della Chiesa, ma è altrettanto - sicuramente - patrimonio dell’intera umanità. Lo dimostra il fatto che, ordinariamente, tranne poche eccezioni, nessun Paese al mondo - cristiano, islamico, buddista, scintoista, comunista, laico - ha mai, fino ad oggi, formalmente riconosciuto l’eutanasia. Il no all’eutanasia è un no che ha profonde motivazioni laiche, di carattere antropologico. A queste motivazioni si aggiungono, con tutto il loro peso, le motivazioni dottrinali e spirituali della Chiesa.

Intanto, il padre di Terri Schiavo, la donna americana la cui vicenda ricorda quella di Eluana, ha scritto una lettera a Beppino Englaro. “I sostenitori dell’eutanasia - afferma Bob Schindler - le diranno che far morire di fame e di sete una persona con danni cerebrali non causa dolore. Sono stato testimone di questo tipo di esecuzione e posso dire che è falso”. E conclude: sua figlia è ancora viva, la mia non più. Lei ha ancora il controllo sul futuro di Eluana”. In questi giorni, in cui è particolarmente accesso il dibattito nella società italiana sulla vicenda, da alcuni ambienti si è accusata la Chiesa di voler imporre i suoi valori e la si è invitata a tacere. Una richiesta irricevibile come sottolinea, al microfono di Alessandro Gisotti, il vescovo di San Marino-Montefeltro, Luigi Negri:RealAudioMP3

R. - La Chiesa, se rinunciasse alla Parola, alla responsabilità di dire la verità - come diceva Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte: “Il primo modo di amare gli uomini è dire la verità” - vorrebbe dire che più profondamente ha rinunciato, o meglio ha tradito, la sua identità. Questo è un diritto fondamentale, ma è anche la strada per un contributo significativo alla vita sociale. Nel nostro Paese si sta compiendo un omicidio freddo su una persona certamente viva, su una persona che non ha nessuna possibilità di difesa, a cui si toglie l’acqua e l’alimentazione ma, nel contempo, la si seda perché non soffra dopo aver detto impunemente, fino all’altro giorno, che da 17 anni non soffre più. Togliere alla Chiesa il diritto di intervenire vuol dire affermare l’egemonia assoluta ed indiscutibile di chi, al momento, è alla guida della società.

 
D. - Non sarà anche che, in un tempo segnato dal relativismo, la Chiesa ancora parla di valori non negoziabili, di verità e quindi, per questo, viene mal sopportata?

 
R. - Viene mal sopportata perché ribadisce il valore della verità come esigenza fondamentale del cuore umano e, quindi, come libertà per ciascuno di percorrere il proprio itinerario verso la verità. E arrivata a questa verità, qualunque essa sia, l’inderogabile responsabilità di esserne portatore nella società. Nel 1983, nella Dives in misericordia, Giovanni Paolo II disse che il pericolo che incombeva sull’umanità non era quello dell’olocausto nucleare, ma della perdita della libertà di coscienza dei singoli, dei popoli, delle nazioni, ottenuta attraverso l’uso spregiudicato dei mezzi della comunicazione sociale.

 
D. - In che modo, in un clima come quello che stiamo vivendo, la Chiesa può rendere ragione della propria speranza, vincendo chiusure e pregiudizi?

 
R. - Affermando che la verità corrisponde in profondità all’esigenza del cuore dell’uomo e, quindi, è offerta alla libertà di ogni uomo: non è imposta, ma non può essere neanche negata. Noi questa verità che proclamiamo, la testimoniamo nella vita di fede, di carità. Si pensi a tutte quelle enormi testimonianze di carità di cui abbiamo potuto prendere coscienza in questa vicenda terribile di Eluana Englaro. La nostra è una verità che si fa nella carità. Io credo che, nel mondo di oggi, debba essere testimoniata la verità nella tranquilla e quotidiana esperienza della carità. Poi, sono la verità e la carità che trovano l’accesso nel cuore dell’uomo, rientrano e diventano una proposta di vita nuova ed alternativa.







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