Eluana. Sospese idratazione e alimentazione. Ai nostri microfoni mons. Crociata
e il prof. Dalla Torre
Quinto giorno di Eluana Englaro alla clinica la Quiete di Udine. L'alimentazione e
l'idratazione sono state sospese. Lo ha reso noto il neurologo Carlo Alberto Defanti.
Di "omicidio e eutanasia" parla il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco che
ribadisce la “vera risposta è l’accoglienza”.E sulla vicenda resta alta la tensione
politico-istituzionale. Ce ne parla Giampiero Guadagni
Sulla
vicenda, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione del segretario generale
della Cei, mons. Mariano Crociata:
R.
– Viviamo un momento doloroso. La notizia che è cominciato il cosiddetto protocollo
per ridurre i livelli di alimentazione di Eluana dice che è iniziato un processo di
morte. Mi sembra giusto sottolineare che, sebbene siamo su una zona limite dal punto
di vista temporale: tutti gli sforzi che legittimamente è possibile compiere, e si
stanno compiendo per arrestare questo processo in tempo utile, vanno salutati positivamente.
Qui due cose sono in gioco: in primo luogo, la vita di una persona, ma insieme, è
in gioco, l’ingresso nel nostro ordinamento e nel sistema sanitario e sociale della
possibilità di porre termine alla vita di una persona privandola di cibo e di acqua.
D.
– Dunque, un’occasione per riaffermare ancora una volta, convintamente, un sì alla
vita...
R. – Sì, la prospettiva deve essere positiva,
anche perché qualsiasi sconfitta non può farci arrendere nella promozione di quei
valori fondamentali, che scaturiscono dalla nostra fede, ma che sono anche valori
a fondamento della vita di tutti, che sono fondamento della nostra società.
D.
– Qual è il suo auspicio - ovviamente che Eluana possa essere salvata - ma anche guardando
al dibattito particolarmente acceso nella società, non solo nella politica, sulle
questioni fondamentali della vita?
R. – Credo di poter
dire che nel dibattito che si è innescato e si è surriscaldato in questi giorni possiamo
constatare come ci sia una sorta di maturazione della coscienza collettiva. Ed è questo
forse il dato su cui bisogna insistere e su cui bisogna impegnarsi, perché ci sono
delle ragioni che ci portano a promuovere il valore della vita e tutto ciò che essa
significa. Dobbiamo diffondere queste convinzioni, farle diventare sempre di più patrimonio
condiviso, patrimonio di tutti, oltre i confini degli orizzonti ecclesiali, degli
orizzonti della fede.
D. – Una condivisione ricercata
dalla Chiesa e che non è l’ingerenza di cui a volte si accusa la Chiesa da parte di
alcuni ambienti della società...
R. – Io vedo con preoccupazione
il giudizio, forse i tentativi di alcuni di far apparire la Chiesa come tesa a invadere
o comunque a caricarsi volontà di invadenza o altro. Il nostro compito è soltanto
quello di condividere valori, cultura, sensibilità per il bene del Paese, per il bene
di tutti i cittadini. I percorsi legislativi istituzionali, perché poi questi valori
trovino una traduzione anche legale, sono sotto la responsabilità di chi occupa un
posto e svolge un impegno nelle sedi appropriate. Il nostro compito è dare le motivazioni,
condividere i valori, perché poi ciascuno dove è chiamato ad operare traduca tutto
questo nella maniera adeguata.
Intanto, ieri in serata, sono giunti a
Udine gli ispettori inviati dal ministro del Lavoro e della Salute, Maurizio Sacconi,
per fare chiarezza su eventuali irregolarità nell’applicazione del protocollo di fine
vita. Dal canto suo l’associazione “Scienza e Vita” ha presentato un esposto sul protocollo
di fine vita alla clinica “La Quiete”. Particolarmente acceso il dibattito, in queste
ore, nel mondo della politica in particolare sulla decisione del Quirinale di non
firmare il decreto legge. Stamani, il premier Berlusconi ha dichiarato che si sarebbe
aspettato un “passo indietro” da Napolitano, visto che il decreto era stato approvato
per salvare una vita umana. Dal canto suo, il capo dello Stato ha motivato la sua
decisione con l’assenza dei requisiti di necessità e urgenza del provvedimento. Una
tesi da cui dissente il presidente onorario dei giuristi cattolici, Giuseppe Dalla
Torre, intervistato da Alessandro Guarasci:
R.
– A me sembrerebbe che gli estremi di necessità e urgenza ci siano perché siamo dinnanzi
a dei casi - e non è solo quello di Eluana Englaro ma ce ne sono chissà quanti in
Italia e di qualcuno se ne è parlato in questi giorni – i quali si troverebbero in
una situazione di bilico, in una precarietà nella quale, tra l’altro, sono in gioco
principi e norme costituzionali, a cominciare dal diritto alla vita. Quindi, l’urgenza
di provvedere di fronte a questo fatto nuovo che è dato dall’accertamento della giurisprudenza
di questo vuoto normativo, secondo me c’è.
D. – C’è
anche però uno scontro istituzionale. Lei come lo valuta?
R.
– Io credo che, alla luce della Costituzione, il presidente della Repubblica può rifiutarsi
di emanare un decreto legge solo in casi eccezionalissimi che lo renderebbero, per
esempio, colpevole, non so, di attentato alla Costituzione. In questo caso c’è poi
un vaglio delle Camere che avviene al momento della conversione in legge. Poi c’è
sempre la firma del presidente della Repubblica della legge di conversione. Nel frattempo,
il decreto legge non verrebbe ad operare o a compromettere nessun diritto mentre,
viceversa, dei diritti potrebbero essere compromessi.
D.
– Comunque, questo mette in luce le necessità di intervenire su un tema così delicato
anche dal punto di vista legislativo, in tempo breve...
R.
– Non c’è dubbio, ripeto, il problema l’ha creato la magistratura nel momento in cui
ha tirato fuori, a mio avviso in maniera non fondata, il fatto di un quadro normativo
carente, di una lacuna normativa. Io non ritengo che, nel caso di Eluana, ricorra
questa fattispecie. Tuttavia, una volta che la magistratura ordinaria e la Corte di
Cassazione hanno affermato questo, l’urgenza di porsi il problema della salvaguardia
della vita umana, della salvaguardia dello stesso diritto di lasciarsi curare o meno,
la salvaguardia quindi dell’accertamento della effettiva volontà, e non soltanto,
su mere presunzioni, credo che sia questione di grande rilevanza e, certamente, rientrante
in quei canoni della straordinaria necessità ed urgenza che sono richiesti dall’articolo
77 della Costituzione per legittimare un decreto legge da parte del governo. Osservo
anche che, in realtà, nella prassi della Repubblica, sono passati tantissimi decreti
legge in cui la necessità e l’urgenza, davvero erano molto più difficili da trovare.