Guatemala: un libro racconta la storia degli accordi di pace con la mediazione della
Comunità di Sant'Egidio
Una storia segreta di pace. Questo il contenuto del libro di Roberto Bonini “Pace
in Guatemala. I colloqui segreti tra il governo e la guerriglia e gli storici accordi
di Pace”, presentato ieri all’istituto Italo latino americano di Roma. Un testo in
cui l’autore ripercorre il lungo processo diplomatico ma anche lo sforzo umano che
permise nel 1996 di porre fine a uno dei conflitti più sanguinari dell’America Latina,
costato la vita a oltre 200 mila persone. Linda Giannattasio:
‘Pace in
Guatemala’ racconta la storia di come gli incontri cambino le persone. Il libro infatti
non vuole essere soltanto una dettagliata ricostruzione storica di un momento poco
conosciuto dei negoziati di pace, ma anche il racconto di un incontro tra quelle persone:
da una parte, i due presidenti del Guatemala, Ramiro de León Carpio prima e poi Alvaro
Arzù, dall'altra, la Comandancia general della guerriglia. Roberto Bonini,
autore del libro:
“Questi colloqui, realizzati tra
il ‘95 e il ’96, sono serviti, per la prima volta, a creare un clima di fiducia fra
il governo e la guerriglia del Guatemala. Non era mai successo che un presidente del
Guatemala ed i comandanti della guerriglia si incontrassero. Questi cinque colloqui
diretti sono serviti per un riconoscimento della controparte come interlocutore politico
e questo ha permesso, nell’ultima fase del processo di pace in Guatemala, di essere
molto più rapida. Il processo di pace in Guatemala è durato sei anni ma nell’ultimo
anno, tra il ’95 e il ’96, è stato possibile firmare un numero di accordi superiore
a quello dei cinque anni precedenti”.
Una pace resa possibile, quindi,
dalla ristabilita fiducia tra due mondi, quello dei ladinos e degli indios, che combattevano
da troppo tempo per potersi conoscere davvero, in una guerra durata 30 anni, costata
oltre mezzo milione di profughi e 200 mila morti. Un accordo che giunse nel ‘96, sotto
l’egida dell’Onu, ma per il quale, come racconta il libro, fu determinante il ruolo
della comunità di Sant’Egidio. Un lavoro basato sulla fiducia e sul dialogo. Don
MatteoZuppi, sacerdote della comunità di Sant’Egidio
e mediatore nel negoziato in Guatemala:
“Già le conversazioni duravano
da diversi anni ma non si era stabilita questa fiducia, questo capirsi tra una parte
e l’altra. Questo è stato possibile, appunto, per questi incontri segreti che la comunità
ha organizzato senza sostituirsi all’esercizio in corso che era quello delle Nazioni
Unite. Credo che, anche questa, sia stata la capacità della comunità, cioè quella
di fare “un pezzo”. Abbiamo scelto di fare questo e poi di continuare ad accompagnare
il processo che poi, invece, era presieduto dalle Nazioni Unite e ha portato alla
firma dell’accordo di pace nel Guatemala”.
Una pace importante, carica
di aspettative, forse troppo spesso disattesa. Cosa è cambiato, quindi, dalla firma
degli accordi e qual è la situazione del Guatemala oggi. Ancora don Zuppi:
“Le
speranze sull’accordo di pace erano tantissime e bisogna dire che c’è molta delusione.
In realtà è stata raggiunta la pace ma non sono stati raggiunti gli obiettivi che
l’accordo prevedeva. Il primo problema è stato il fatto che il Parlamento stesso,
per certi versi, non ha mai recepito una buona parte degli accordi che erano stati
firmati dal governo. Credo che comunque rimanga un paradigma al quale, in ogni caso,
non si può non fare riferimento, in un Paese che è segnato ancora oggi da moltissime
contraddizioni e che richiede ancora un impegno molto forte per la giustizia e per
lo sviluppo, soprattutto per quanto riguarda gli indigeni".