Sri Lanka: uccisi oltre 50 civili. Intervista col nunzio
Almeno 52 civili sono stati uccisi ieri sera nel nord dello Sri Lanka durante i combattimenti
tra l'esercito ed i ribelli tamil. Nella città di Vanni è stato bombardato e distrutto
l’ufficio della Caritas: un operatore è rimasto ferito. Anche nei giorni scorsi si
è parlato di morti e di persone prese in ostaggio. Il rischio è di ulteriore spargimento
di sangue in quelle che sembrano le battute finali di un lungo conflitto. Il servizio
di Fausta Speranza:
Giorni
fa, con la presa della residenza del capo storico delle Tigri Tamil sembrava volgere
alla conclusione la guerra civile che dura da oltre 25 anni, con un bilancio stimato
di 70 mila morti. Il presidente cingalese assicura che l'esercito dello Sri Lanka
è sul punto di riprendere il controllo di tutta l'isola, sconfiggendo definitivamente
la guerriglia separatista delle Tigri Tamil. Ma il punto è che l’offensiva finale
può significare la morte di migliaia di civili. In queste ore oltre al Papa, anche
Stati Uniti, Unione europea, Giappone e Norvegia hanno fatto appello ai ribelli separatisti
Tigri Tamil, che sono assediati dall'esercito regolare - in una piccola porzione di
territorio nel nord-est dello Sri Lanka - perché considerino la resa, scongiurando
così nuovi spargimenti di sangue, soprattutto fra i civili intrappolati nella zona.
L’appello è anche al governo perché eviti la perdita di ulteriori vite umane, siano
esse di civili o di combattenti.
Sull’accoglienza dell’appello del Papa
in Sri Lanka ascoltiamo il nunzio apostolico a Colombo, mons. Mario Zenari,
che, già nominato nunzio a Damasco, ha chiesto di rimanere ancora per qualche tempo
accanto alla popolazione in questo momento di grande sofferenza per il Paese asiatico.
L’intervista è di Giada Aquilino:
R. – Credo
che sarà molto gradito questo appello del Santo Padre ai nostri fedeli, molto gradito
ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, che sono impegnati proprio
in queste zone di conflitto e a sostegno di quanti lavorano per la pace, per la riconciliazione
di questo Paese. Vedo che anche le organizzazioni internazionali guardano alla Chiesa
cattolica, guardano alle nostre istituzioni con molta ammirazione in questi momenti.
Devo dire che vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, che abbiamo in queste zone
di conflitto stanno dando un ottimo esempio di vicinanza ai loro fedeli.
D.
– In queste ore in cui lo Sri Lanka festeggia l’anniversario dell’Indipendenza, il
presidente Rajapakse si è rivolto proprio a lei...
R.
– Mi ha ricevuto un paio di giorni fa, quando gli ho fatto una visita di cortesia,
prima della mia partenza come nunzio apostolico dallo Sri Lanka, e ancora una volta
ho cercato questa occasione per far presente al presidente quelle cose che stanno
a cuore ai nostri vescovi, al nostro clero e ai nostri fedeli: l’accesso delle istituzioni,
delle organizzazioni internazionali a questi posti di conflitto. C’è molta sofferenza
e il conflitto, purtroppo, in questa fase che sembra essere finale si è intensificato,
si è anche incrudelito. La popolazione civile non sa dove trovare rifugio. Abbiamo
in quella zona diverse chiese, diverse parrocchie e la gente cerca di rifugiarsi come
è naturale vicino a queste chiese. Purtroppo, alle volte, queste aree sacre sono in
mezzo ai fuochi incrociati. So che i due vescovi, soprattutto il vescovo di Jaffna
e il vescovo di Mannar, che hanno dei sacerdoti sul posto, sono molto preoccupati
anche della incolumità fisica dei loro sacerdoti, e mi hanno sempre assicurato che
parlando con loro hanno lasciato loro la libertà di decidere: se rimanere con i fedeli
oppure spostarsi nelle zone più sicure. Ma hanno ricevuto dai sacerdoti, religiosi
e religiose, la bella risposta che intendono rimanere con la propria gente a servizio
della gente, e questo colpisce.
D. – Qual è la situazione
umanitaria della popolazione?
R. – Per quello che
finora si sa, i ribelii del Ltte hanno proibito alla popolazione di uscire da queste
zone di conflitto e questa è una preoccupazione di tutti quanti noi della comunità
internazionale. Nell’appello del Papa di quest’oggi c’è anche una sottolineatura:
il rispetto del diritto umanitario, compresa la libertà della popolazione di movimento,
di poter spostarsi e non essere tenuta lì a rischio di diventare scudo umano. In questo
momento, è urgente questo appello al rispetto del diritto internazionale e l’assistenza
alle vittime tra la popolazione civile, perché si calcola che circa 200, 250 mila
persone civili siano intrappolate tra i due fuochi.
D.
– A conclusione del suo mandato in Sri Lanka, qual è l’auspicio per questo Paese?
R.
– Se volessi - alle volte dico - al termine della mia missione in questo Paese, dipingere
coi colori questa mia esperienza di quasi cinque anni come nunzio apostolico in Sri
Lanka, la dipingerei con due colori. La dipingerei con il verde di quest’isola, che
una volta era chiamata isola del Paradiso, anche se girando, mi sono accorto, che
ci sono delle macchie di rosso, di rosso vivo: il rosso della sofferenza, il rosso
della violenza. E spero che torni ad essere ancora quella che una volta era chiamata
l’isola del Paradiso, lavorando per la giustizia, per la convivenza tra tutte le etnie,
per la pace.