Un progetto di legge anti-conversione è stato presentato al Parlamento dello Sri Lanka
a gennaio dal partito dei monaci buddisti, e a febbraio potrebbe diventare legge.
Lo scopo - secondo i proponenti - è prevenire il passaggio da una religione all’altra
per pressioni o in cambio di vantaggi economici. Il progetto era già stato proposto
nel 2004, ma la Corte suprema ne aveva dichiarato l’incostituzionalità. Il capo dell’opposizione,
Joseph Michael Perera, ha chiesto due dibattiti in aula sul tema poiché la legge tocca
tutte le religioni, diverse organizzazioni, i partiti politici e soprattutto rischia
di ledere l’armonia tra le diverse confessioni nell’isola. Degli oltre 20 milioni
di abitanti dello Sri Lanka il 68% sono buddisti, l’11% indù, il 9% musulmani e il
6,8% cristiani. La proposta trova l’approvazione della stragrande maggioranza dei
buddisti. Il progetto di legge presenta aspetti controversi poiché non sono chiari
i termini entro cui una conversione può essere considerata forzata. Le attività caritative
e di aiuto ai poveri potrebbero infatti essere incluse tra le azioni punibili con
condanne sino a sette anni di reclusione o multe sino a 500 mila rupie (poco meno
di 3.500 euro). La conferenza dei vescovi cattolici – rende noto AsiaNews - aveva
inviato ai parlamentari una lettera per allertare sui “terribili pericoli” che l’approvazione
del testo avrebbe comportato. Lavorando insieme al consiglio nazionale della Chiese
cristiane e ad alcuni leader indù e musulmani aveva manifestato la sua opposizione
al progetto e nel contempo messo in guardia alcune frange cristiane fondamentaliste
dallo sfruttare il dibattito per nuocere alla convivenza delle diverse confessioni
nel Paese. Anche per questo nuovo capitolo della legge anti-conversione le comunità
protestanti hanno già cominciato a manifestare il loro dissenso. Il 26 gennaio le
Chiese evangeliche hanno organizzato un momento di preghiera collettivo al Vihara
Maha Devi Park della capitale Colombo. (V.V.)