2009-01-30 15:43:21

Italia: rapporto sull’autonomia decisionale dei minori in ambito sanitario


In Italia, per uno studente su tre, i genitori rappresentano un ostacolo al rapporto diretto con i medici. C'è voglia di autonomia fra gli under 18, anche sui temi della salute. A rilevarlo è uno studio-pilota condotto dall'Unità operativa di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza del Policlinico di Milano, in collaborazione con la Camera minorile di Milano. L'indagine sonda il terreno su un campione di 354 studenti di due istituti scolastici superiori lombardi, uno di Milano e uno di Monza, per capire cosa pensano i diretti interessati sull’accesso alle cure. Il messaggio è chiaro: i ragazzi vogliono poter scegliere se e come farsi curare, e chiedono che i genitori gli diano ascolto, prima di prendere una decisione sulla loro salute. Uno su tre rinuncia a rivolgersi a medici e psicologi proprio per il fatto di dover coinvolgere padre e madre in questa decisione. I ragazzi hanno le idee chiare anche sull'età in cui si diventa capaci di decidere autonomamente per la propria salute. Per il 60%, i 16 anni rappresentano una soglia anagrafica plausibile. Ma c'è anche un 20% che l'abbasserebbe a 14 anni. Lo studio, spiega Stefano Benzoni dell'Unità operativa di Neuropsichiatria infantile del Policlinico milanese, "è uno spunto, che ci aiuta a individuare alcuni aspetti da approfondire. Non si può ignorare la posizione dei ragazzi. Anche perché lo stesso Diritto va in questa direzione. Nel Regno Unito o nel Canada, la soglia dei 16 anni è già indicata come età in cui si è raggiunta la piena autonomia decisionale in ambito sanitario". Secondo l'esperto, anche in Italia il legislatore deve affrontare questo argomento, in tempi brevi. "Nel 2008 sono stati depositati 3 disegni di legge che si propongono di regolare la materia. In uno di questi si indicano i 14 anni come età in cui i minorenni possono iniziare a decidere autonomamente per i trattamenti sanitari ". In ogni caso, ribadisce Benzoni, "una soglia va definita. Ma non basta intervenire per vie legislative. Bisogna sensibilizzare gli operatori sanitari sui temi del consenso e spingerli a rendere consapevoli i propri pazienti. Vanno poi informati i ragazzi, altro aspetto fondamentale su cui occorre intervenire". (A.L.)







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