I presuli tedeschi, svizzeri e francesi: i vescovi lefebvriani accettino il Vaticano
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I vescovi tedeschi hanno invitato i quattro vescovi “lefebvriani”, cui il Papa ha
rimesso la scomunica risalente al 1988, a dichiarare ufficialmente di accettare il
Concilio Vaticano II e in particolare la Dichiarazione 'Nostra Aetate' sulle relazioni
con l'ebraismo e le religioni non cristiane. E’ quanto si legge in una dichiarazione
diffusa da mons. Heinrich Mussinghoff, presidente della sottocommissione per le Relazioni
religiose con l'ebraismo della Conferenza episcopale tedesca. Il presule ha confermato
il sostegno dei vescovi tedeschi agli sforzi compiuti dal Papa per "ottenere l'unità
della Chiesa", pur osservando che esistono "questioni ancora aperte". Il provvedimento,
ha ammesso, "ha suscitato una serie di domande critiche" soprattutto a causa delle
tesi negazioniste dell’Olocausto espresse dal vescovo lefebvriano Richard Williamson.
"Ci opponiamo nella maniera più decisa a questa negazione dell'Olocausto, che in Germania
è già oggetto di inchieste giudiziarie", ha dichiarato Mussinghoff. La negazione dell’Olocausto,
in Germania, è infatti dal 1994 un reato punibile fino a 5 anni di galera. "Esprimiamo
– si legge ancora nella nota – la chiara e grande aspettativa e la richiesta urgente
che nel corso dei colloqui, i quattro vescovi e la Fraternità di S. Pio X manifestino
in modo inequivocabile e credibile la loro fedeltà al Concilio Vaticano II e in particolare
alla dichiarazione 'Nostra Aetate', le cui istanze vennero fatte proprie da Papa Giovanni
Paolo II nel suo lungo pontificato in maniera insistente e con risultati benefici”.
La Fraternità di San Pio X si oppone alla concezione ecclesiologica emersa dal Concilio
Vaticano II, secondo cui la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, affermando
che in questo modo si nega l’identità tra Chiesa di Cristo e Chiesa cattolica, e rifiuta
l’ecumenismo e i rapporti interreligiosi. Dal canto suo la Conferenza episcopale svizzera,
Paese dove monsignor Marcel Lefebvre stabilì, a Ecône, la casa di formazione della
Fraternità sacerdotale San Pio X, ha tenuto a sottolineare in una nota, che nella
dottrina della Chiesa, la revoca della scomunica non è la riconciliazione, né la riabilitazione,
ma l'apertura del cammino verso la riconciliazione. Quell'atto non è dunque un punto
d'arrivo, ma il punto di partenza per un dialogo necessario sulle ragioni del dissenso".
Sulla stessa linea i vescovi francesi per i quali la revoca della scomunica “non
è una riabilitazione”, bensì “il punto di partenza di un lungo cammino che richiederà
un dialogo preciso”. “In ogni caso – si legge nella nota del Consiglio permanente
della Conferenza episcopale francese – il Concilio Vaticano II non sarà negoziabile.
Nessun gruppo ecclesiale può sostituirsi al magistero”. I vescovi francesi apprezzano,
infine, “la volontà del Santo Padre di fare tutto il possibile per invitare ad una
riconciliazione”, e si dichiarano “in comunione con lui nell’esercizio della vigilanza
episcopale”. (R.P.)