Crisi economica mondiale: 50 milioni di nuovi disoccupati
E’ ancora il tema della crisi economica a dominare il dibattito internazionale per
contrastare la congiuntura mondiale negativa. Il presidente della Banca centrale europea,
Jean-Claude Trichet, ha annunciato dal Forum di Davos, in Svizzera, possibili nuovi
tagli ai tassi d’interesse, sotto l’attuale soglia del 2%. L’Organizzazione internazionale
del lavoro lancia intanto l’allarme occupazionale a livello mondiale, con la perdita
stimata di almeno 50 milioni di posti di lavoro e un impoverimento ulteriore delle
popolazioni. Altrettanto allarmanti sono le stime di crescita mondiale del Fondo monetario
internazionale che vengono riviste al ribasso fino al 2010. Sui dati diffusi da questi
organismi internazionali sentiamo Alberto Quadrio Curzio, economista presso
l’Università cattolica di Milano, intervistato da Stefano Leszczynski.
R. – Indubbiamente
la crisi ha una portata globale e quindi i dati della Organizzazione internazionale
del lavoro, che da un lato prefigurano un aumento dei disoccupati nella misura di
50 milioni e circa 200 milioni in più in condizioni di estrema povertà, sono dei dati
a dir poco traumatici. Naturalmente non basta rilevare che gli eventi hanno questa
possibile configurazione, ma bisognerebbe anche trovare gli strumenti per porre rimedi
ad eventi di tal fatta, cosa che non sempre gli organismi internazionali fanno. D.
– Ecco, gli organismi internazionali, per la verità, hanno anche criticato le politiche
dei singoli governi messe in atto per contrastare la crisi: le considerano insufficienti.
Sono effettivamente così deboli i governi ad affrontare la crisi? R.
– Io credo che sia difficile configurare oggi come oggi delle azioni più incisive,
anche perché ciascuno ha i suoi vincoli. Tuttavia, credo che le azioni sarebbero molto
più efficaci se fossero azioni congiunte, azioni di somma, piuttosto che azioni di
disgiunzione. Lo stesso vale, soprattutto per quanto mi riguarda, per l’Unione Europea,
che a mio avviso agisce, su base troppo nazionale, invece che agire su base intergovernativa
comunitaria. D. – Il presidente della Banca Centrale Europea
ha detto che le politiche monetarie che agiscono sui tassi non sono l’unica soluzione,
non sono la panacea... R. – L’abbassamento ulteriore dei tassi
di interesse, se poi l’erogazione del credito da parte del sistema bancario al sistema
delle imprese non è adeguatamente fluido, serve a ben poco. Il problema è far sì che
la domanda in questo momento, a mio avviso, quella di investimenti e per infrastrutture,
non quella di consumi, riparta. E sono sicuro che se l’Europa lo facesse, uscirebbe
da questa crisi molto più rapidamente degli Stati Uniti perchè ha dei “fondamentali”,
come si dice oggi, migliori di quelli degli Stati Uniti.