Aumentate di 100 milioni dal 2007 le persone che soffrono la fame
Oltre 55 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni rischiano la morte per la mancanza
di alimenti. Altri 19 milioni patiscono una malnutrizione definita acuta. Complessivamente,
sono circa un miliardo le persone che in Asia, Africa e America Latina soffrono la
fame. Sono circa 100 milioni in più rispetto al 2007. Sono questi alcuni dei drammatici
dati presi in esame durante il vertice delle Nazioni Unite sulla sicurezza alimentare
conclusosi martedì scorso a Madrid. L’attuale scenario resta preoccupante anche a
causa di carestie e per l’aumento dei prezzi delle materie prime, come conferma al
microfono di Luca Collodi, Stefano Masini, responsabile Aziende e Territorio
della Coldiretti:
R. – Il quadro
è sicuramente preoccupante, perché non sono stati rispettati neppure quegli obiettivi
minimi che la Fao aveva rappresentato, di ridurre il numero delle persone malnutrite
che, nel corso degli ultimi mesi è addirittura aumentato, raggiungendo un miliardo
di persone che soffrono la fame. Durante la speculazione finanziaria, le condizioni
di vaste fasce di popolazione dei Paesi del Sud è aumentata, e sotto questo profilo
gli Stati ricchi del Nord sono rimasti fermi nel discutere le varie misure da adottare.
Ora, la dichiarazione di Madrid sembra, di nuovo, muovere un interesse a risolvere,
in un quadro coordinato d’interventi, questo problema comune del globo. D.
– Masini, un risultato c’è stato: l’incontro dell’Onu a Madrid sulla sicurezza alimentare
ha portato alla creazione di un ente internazionale per aiutare i contadini poveri
in difficoltà nel Sud del mondo… R. – Si tratta proprio di pensare
ad un modello di sviluppo dell’agricoltura che sia interno alle politiche economiche
degli Stati, soprattutto dei Paesi più ricchi, che alimentano politiche d’espansione
dei mercati, perché c’è un problema di fame sia in presenza di scarsità fisica di
alimenti, sia in ragione del crollo della capacità di procurarsi le risorse finanziare
per acquistare gli alimenti. Dunque, bisogna rivitalizzare le economie locali, consentire
una politica di espansione dei consumi, di modo che gli agricoltori possano consolidare
le produzioni locali. Noi dobbiamo pensare a ri-orientare molte agricolture locali
sul terreno dello sviluppo, garantendo poi la costruzione di filiere locali; insomma,
fare economia nei territori, piuttosto che alimentare queste grandi esportazioni dal
Sud al Nord. Allora, più agricoltura locale e meno flussi governati e diretti da società
di controllo del capitale finanziario. D. – Quindi, ripensare
all’agricoltura, ma forse bisognerebbe anche creare una gestione più efficiente dei
soldi che servono per combattere la fame nel mondo… R. – Noi
dovremmo pensare – e non è difficile – ad organizzare tanti, piccoli microinterventi
nei territori, e soprattutto attraverso le organizzazioni - molto impegnate - di volontari,
per rendere anche culturalmente più dotate le comunità locali di quegli elementi di
conoscenza, per migliorarne poi le condizioni di vita. Ecco, occorre rendere più libere
queste comunità di decidere anche il proprio destino, la propria sovranità alimentare.
(Montaggio a cura di Maria Brigini)