Padre Lombardi: le parole del Papa sulla Shoah aiutino a promuovere con frutto e serenità
il dialogo con l'ebraismo
La parole pronunciate oggi da Benedetto XVI “dovrebbero essere più che sufficienti”
per chiarire il suo pensiero sulla tragedia dell’Olocausto ebraico e per consentire
al dialogo tra cattolicesimo ed ebraismo di proseguire con “serenità”. E’ la dichiarazione
rilasciata dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, subito
dopo l’udienza generale di questa mattina. Udienza durante la quale - come ascoltato
- ancora una volta Benedetto XVI ha voluto ribadire le ragioni spirituali che lo hanno
indotto a revocare il provvedimento di scomunica nei confronti dei quattro vescovi
ordinati nel 1988 da mons. Lefebvre. E proprio ieri, in un comunicato, il superiore
della Fraternità San Pio X ha preso le distanze dalle affermazioni negazioniste di
uno dei vescovi. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:
Il nuovo
gesto di distensione del Papa, quello dei vescovi lefebvriani, quello - auspicato
- da parte del Rabbinato d’Israele. Un rapporto giocato su tre fronti, sul quale desiderio
più alto di Benedetto XVI è che risplenda infine il carattere della misericordia,
per un verso, e peraltro quello di un dialogo che la Chiesa postconciliare e il magistero
dei Papi hanno sempre difeso e valorizzato senza eccezioni. Le parole accorate del
Papa risuonate in Aula Paolo VI sul tema della Shoah, espresse già in “diverse occasioni”
nel passato, “dovrebbero essere più che sufficienti per rispondere alle attese di
chi esprime dubbi sulla posizione del Papa e della Chiesa cattolica sull’argomento”,
ha affermato padre Federico Lombardi. E mentre sui media internazionali rimbalzavano
le indiscrezioni del "Jerusalem Post" su una possibile rottura delle relazioni del
Rabbinato d’Israele con la Chiesa cattolica, padre Lombardi concludeva la nota con
l’augurio che - “anche alla luce” delle nuove affermazioni di Benedetto XVI - “le
difficoltà presentate dal Rabbinato di Israele possano essere oggetto di ulteriore
e più approfondita riflessione, in dialogo con la Commissione per i Rapporti con l’Ebraismo
del Consiglio per l’Unità dei Cristiani in modo che il dialogo della Chiesa cattolica
con l’ebraismo possa continuare con frutto e serenità”.
Intanto,
anche la Fraternità San Pio X che riunisce i vescovi lefebvriani si è nettamente dissociata
dalle posizioni di uno di loro, mons. Williamson, che in un’intervista aveva negato
la verità storica del genocidio degli ebrei perpetrato dal nazismo. “Le affermazioni
di mons. Williamson non riflettono in nessun caso la posizione della nostra Fraternità”,
ha scritto in un comunicato il vescovo presidente della Fraternità, mons. Bernard
Fellay, precisando di aver “proibito, fino a nuovo ordine” allo stesso mons. Williamson
“ogni presa di posizione pubblica su questioni politiche o storiche”. Quindi, rivolto
a Benedetto XVI, il superiore della comunità lefebvriana scrive esplicitamente: “Noi
domandiamo perdono al Sommo Pontefice e a tutti gli uomini di buona volontà, per le
conseguenze drammatiche di tale atto. Benché noi riconosciamo l’inopportunità di queste
dichiarazioni, noi non possiamo che costatare con tristezza che esse hanno colpito
direttamente la nostra Fraternità discreditandone la missione”. Missione, aveva precisato
qualche riga prima mons. Fellay, che esula da opinioni storiche di carattere personale
ma attiene alla fede e alla morale, le sole questioni sulle quali - dice - un vescovo
cattolico “può parlare con autorità ecclesiastica”.