Kenya: i vescovi criticano le misure governative anticrisi
I vescovi del Kenya hanno espresso forti dubbi sull’efficacia delle misure annunciate
dal Presidente Mwai Kibaki per fare fronte alla grave carestia che ha colpito il Paese
e che minaccia la sopravvivenza di 10 milioni di persone. Venerdì il Capo dello Stato
keniota ha dichiarato ufficialmente lo stato di emergenza, annunciando la decisione
del governo di importare dall’estero 7 milioni di sacchi di mais da vendere a prezzi
calmierati. Una misura che, secondo i vescovi, non aiuterà a risolvere la crisi alimentare
e anzi rischia di peggiorarla anche a danno dei coltivatori che non vogliono mettere
sul mercato le loro scorte di mais per non venderle sotto-costo: “Perché importare
mais quando i nostri agricoltori hanno mais che non vogliono vendere in perdita? Il
mais importato costa forse meno?”, chiedono i presuli in un’inserzione a pagamento
pubblicato in questi giorni su un giornale locale. Nell’inserzione - riferisce l'agenza
Cisa - essi denunciano i ritardi e le inadempienze dell’Esecutivo nel far fronte
alla crisi, le cui cause rimontano alle violenze scatenatesi dopo le contestate elezioni
presidenziali del dicembre 2007 che impedirono i raccolti. In particolare, giudicano
del tutto inadeguati i risarcimenti offerti agli agricoltori danneggiati dagli scontri.
Infine, i vescovi chiedono che venga fatta piena luce sulla svendita e la scomparsa
di tonnellate di mais dai magazzini gestiti dal National Cereals and Produce Board
(il Comitato che controlla la produzione e lo stoccaggio di cereali e altri prodotti
agricoli in Kenya). La truffa ha contribuito al rincaro della farina di mais, che
è il cibo principale dei keniani. Dopo un’inchiesta interna il Governo ha annunciato
lunedì lo scioglimento del Comitato. (L.Z.)