La Shoah, chiave per capire il '900, non va dimenticata: intervista con il prof. Andrea
Riccardi
Si celebrerà domani la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto.
Innumerevoli le iniziative in tutto il mondo in memoria dei milioni di ebrei innocenti
perseguitati in Europa negli anni del nazismo, deportati nei lager e in gran
parte sterminati con lucida follia. Il servizio di Roberta Gisotti:
Convegni,
mostre, spettacoli, cerimonie pubbliche, treni della memoria diretti nei campi di
concentramento per ricordare una pagina "nera" nella storia recente. Ancora sono in
vita migliaia di superstiti dell’Olocausto che portano nel corpo e nell’anima i segni
di quel folle piano di sterminio progettato da pochi uomini, piano che molti sottovalutarono
prima e tacquero poi. Con noi è lo storico Andrea Riccardi.
D.
- Professore, passato oltre mezzo secolo da quegli eventi tragici, quanto è ancora
importante fare memoria, memoria sul piano emotivo e sul piano storico?
R.
- Si potrebbe dire che sono passati 60 anni e più, e ormai l’evento è a un punto che
si perde all’orizzonte, ma io non credo. Io credo che la Shoah sia una chiave del
Novecento e dell’eredità che il Novecento ci lascia. La Shoah ha significato la scesa
all’abisso, in cui gli uomini non erano più uomini. L’abisso che non è solo - lei
ha detto giustamente - “un progetto di pochi uomini”, ma purtroppo un progetto che
ha avuto tanti collaboratori, consenso, testimoni muti, silenziosi, traditori. Non
è solo un fatto tedesco, ma nella Shoah c’è una responsabilità europea, anche italiana,
con la collaborazione dei fascisti, con tanti collaboratori che. anche per guadagnarci.
vendettero gli ebrei ai tedeschi.
D. - Professore,
sul piano storico ci sono ancora pagine da indagare?
R.
- Non c’è tanto da dibattere con i negazionisiti, perché io penso che il negazionismo
sia uno di quei fatti aberranti che non si fondano su nulla e che non meritano di
entrare in dibattito con loro. Io credo che ci sia ancora da studiare, da scoprire
nuovi documenti, da dare alla luce nuove testimonianze. Una storia responsabile si
deve assumere il compito di trasmettere, riproporre: insomma, deve avere la capacità
di spiegare alle giovani generazioni che non si può dimenticare. Per esempio, quando
si dibatteva la Costituzione europea al di là delle radici cristiane, io pensavo che
bisognasse ripartire da Auschwitz. Come si fa a parlare dell’Europa e dell’Unione
Europea senza dire che essa nasce proprio dal “no” ad Auschwitz e dall’esperienza
dell’abisso di orrore di Auschwitz?
D. - Professore,
ricordare la Shoah significa lavorare oggi per la pace...
R.
- Io credo che l’Europa, che noi europei che abbiamo vissuto quel grande dolore, davanti
a quel grande dolore dobbiamo scegliere per il rispetto dell’uomo, per la ricerca
della pace. E del resto è quello che l’Europa poi ha fatto. Perchè mai più una guerra
in Europa? Perché le guerre sono propizie a questi eventi genocidari. Ho in mente
quello che avvenne nella Prima guerra mondiale, con la strage degli armeni e dei cristiani
nell’Impero Ottomano o nell’isolamento della Cambogia comunista.
D.
- Professore, possiamo dire che la storia non finisce mai di darci insegnamenti?
R.
- Ma certo, giusto. Leggere la storia, riflettere sulla storia, ricordare, studiare:
questo ci rende più sapienti e più avvertiti e fa sì che noi non siamo miopi, ma vediamo
meglio la profondità degli eventi di oggi.