Documento dei vescovi del Guatemala sulle sfide pastorali alla luce della crisi economica
“In tempi di tragedie e di incertezze è nostro dovere come pastori quello di accompagnare
il nostro popolo” e nel contesto dell’Anno Paolino, “ci appelliamo all’Apostolo delle
genti per ripudiare il silenzio vergognoso perché condotta indegna dei pastori, riconoscendo
inoltre le nostre debolezze pur sapendo di avere il tesoro della fede”. Così i vescovi
del Guatemala, ieri, in un ampio documento al termine dei lavori della loro Assemblea
plenaria nel corso della quale hanno analizzato a fondo sia il momento ecclesiale,
con le sue sfide pastorali prioritarie come la Missione continentale, sia quello nazionale
oggi oscurato dalle conseguenze della crisi economica internazionale, ma anche dalla
violenza e dalla povertà. I presuli tornano ancora una volta a riflettere sulla violenza
che colpisce il Paese e che nel 2008 si è tradotta in oltre 6mila omicidi. Ciò, osservano,
“è il frutto di una criminalità favorita dalla corruzione del sistema penitenziario”
nonché dell’impunità che non si riesce ad abbattere nonostante tutte le misure annunciate.
Un’aggravante che peggiora ancora la delicata situazione del Paese, secondo i vescovi,
“è la povertà inumana che colpisce gran parte dei guatemaltechi”, mentre si registra
“un’insufficienza di politiche pubbliche audaci per promuovere, con successo, processi
di sviluppo nella città e nella campagna”. Ricordando che “lo sviluppo è il nuovo
nome della pace” come insegnava Paolo VI, i vescovi riflettono a lungo sugli insegnamenti
di Benedetto XVI nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace 2009 che sottolinea
il bisogno di “combattere la povertà” per costruire una convivenza pacifica nella
giustizia e nella solidarietà. Dall’altra parte i presuli osservano con dolore il
fatto che il Guatemala, proprio a causa della povertà e della violenza, è diventato
un paese di migranti con mezzo milione di cittadini solo negli Stati Uniti, e in gran
parte illegali. Molti di loro tra l’altro già sono vittime delle conseguenze della
crisi economica mondiale e ciò si ripercuote su molte famiglie guatemalteche che vivono
dalle remesse. “Di fronte ad un quadro così complesso, oggi più che mai, occorre la
solidarietà per prestare cura, in modo prioritario, ai più poveri e vulnerabili della
nostra società”. Una società giusta, aggiungono i presuli, “è possibile solo con una
società solidale”. Una tale rete di sostegno reciproco “passa attraverso l’educazione,
vero motivo di speranza poiché se oggi in Guatemala c’è una cosa che unisce i guatemaltechi
è lo sforzo dei genitori e dei giovani per credere nell’educazione come mezzo per
costruire il futuro”. Al riguardo, osserva la Conferenza episcopale, “c’è ancora molto
da fare se si desidera fare dell’educazione uno strumento efficace”. “I guatemaltechi,
concludo i vescovi, siamo un popolo religioso, ma non vediamo che la fede corrisponda
ad una coerenza morale nell’esercizio del potere” nelle sfere della politica, della
finanza, del commercio “e perciò diciamo che occorre un forte rinnovamento morale,
il cui centro e la cui forza sia Gesù Cristo”.(L.B.)