Il tema della sofferenza al centro del sesto giorno della Settimana di preghiera per
l'unità dei cristiani
La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si concluderà domenica, è
oggi incentrata sul tema “Essere riuniti nella tua mano. I cristiani di fronte alla
malattia e alla sofferenza”. La speranza sulla quale si fonda questa iniziativa di
preghiera è che tutti gli uomini abbiano la grazia di conoscere la gioia, superando
i conflitti e restando uniti di fronte alla sofferenza. E’ quanto sottolinea, al microfono
di Amedeo Lomonaco, il direttore della rivista “Fatebenefratelli”, fra Marco
Fabello:
R. -
Viviamo un tempo di molte divisioni nel mondo, ma anche nella Chiesa. Cristo morto
in croce è morto per tutti. Dobbiamo quindi ripartire da questo sacrificio per avere
un filo conduttore anche nell’ambito della sofferenza. D. -
Come si coniuga l’ecumenismo spirituale con l’assistenza sanitaria? R.
– La sofferenza unisce tutti gli uomini. Le comunità cristiane soffrono tutte in Cristo.
E allora mi sembra che questo sia uno strumento davvero importante, che può essere
utilizzato sia nella preghiera, ma anche nell’offerta della sofferenza, proprio per
l’unità dei cristiani. Posso portare un esempio personale avendo visto in Terra Santa,
in un ospedale di Nazareth, ebrei che assistevano palestinesi e palestinesi che aiutavano
cristiani. In un mondo di sofferenza, le diversità si annullano quasi totalmente perché
viene fuori l’uomo con la sua dignità e con la sua identità. E allora sappiamo che
soffrire in Cristo vuol dire essere davvero cristiani. D. –
Quali frutti può portare nel cuore l’ecumenismo nel campo sanitario? R.
– Penso che avremmo meno divisioni, meno guerre se riuscissimo a capire che nella
stessa sofferenza provocata da conflitti e malattie troviamo la solidarietà, l’umanità
che si ricongiunge. A Gaza, ad esempio, dopo i bombardamenti troviamo la solidarietà
che si fa forte, un’unità per aiutare le persone, per essere insieme nella sofferenza. D.
– Ed essere uniti di fronte alla sofferenza significa anche rendere più visibile l’unico
popolo di Dio... R. – Chi vive ‘realtà di confine’ non vive
le differenze ma l’unità. Purtroppo abbiamo bisogno di sperimentarlo per crederci.
Ma dovremmo crederci anche senza dover sperimentare. La sofferenza deve essere strumento
di solidarietà umana e cristiana. D. – Quali sono oggi le principali
iniziative a carattere ecumenico per alleviare malattie e sofferenze? R.
– Credo che uno degli ambiti più importanti per unire tutte le realtà e tutte le confessioni
possa essere quello della ricerca. Ma ce ne sono tanti altri. La solidarietà umana
ha infatti mille sfaccettature che possono essere percorse. Credo che basti avere
un po’ di fantasia per trovare ambiti in grado di favorire questa unità.