2009-01-22 14:51:15

Diplomazia al lavoro per Gaza. Intervista con mons. Franco


La crisi di Gaza tiene banco tra le cancellerie internazionali. Per una soluzione diplomatica prosegue in particolare lo sforzo della mediazione egiziana, finalizzata ad un prolungamento del cessate il fuoco nella Striscia. Intanto sul terreno cresce l’emergenza umanitaria. Il servizio di Marco Guerra: RealAudioMP3


All’indomani del completo ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza, tutti gli sforzi per il raggiungimento di una tregua definitiva si spostano sul tavolo negoziale portato avanti dall’Egitto. Stamani è arrivato al Cairo il mediatore israeliano per la proposta egiziana sul cessate il fuoco. Sul tappeto la riapertura dei varchi di confine con Gaza, sollecitata ieri dall'Ue e oggi, di nuovo, da funzionari dell'Onu attivi nella Striscia. Questione sulla quale si è già registrata la tiepida risposta del ministro degli Esteri israeliano Livni, che ha insistito sulla necessità di porre garanzie ferree sui punti di passaggio per evitare il contrabbando di armi, riservando inoltre ad Israele il diritto ad attaccare i tunnel sotterranei utilizzati da Hamas. In agenda anche l’annosa questione della liberazione del soldato israeliano Shalit, prigioniero di Hamas da due anni e mezzo, riguardo alla quale fonti del governo israeliano hanno ipotizzato nelle ultime ore la possibilità di concessioni. Oggi al Cairo era prevista anche la presenza di diverse fazioni palestinesi per colloqui sulla riconciliazione interpalestinese. Ma l’incontro è stato rinviato dalle stesse per tenere ulteriori consultazioni. Ad ogni modo i mediatori egiziani continuano a lavorare per un prolungamento del cessate il fuoco annunciato da Hamas per una sola settimana. Intanto nella Striscia di Gaza si aggrava l’emergenza umanitaria. Secondo la Croce Rossa, al momento, 400 mila persone sono senz'acqua. Mentre i profughi, provocati dall'offensiva israeliana, sono stimati tra i 70 -100 mila. Fonti mediche palestinesi hanno poi aggiornato il bilancio delle vittime di tre settimane di bombardamenti, portandolo a 1330 morti ed oltre 5400 feriti.

 
Il nunzio in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina, mons. Antonio Franco, si è recato ieri a Gaza per incontrare la piccola comunità cattolica locale. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:RealAudioMP3


R. – Ho incontrato il parroco, il padre Manuel Musallam e le Suore della Carità di Madre Teresa, e abbiamo celebrato la Messa con la comunità: la chiesa era gremita c’erano- credo – perlomeno i due terzi dei cattolici di questa piccola comunità. Ho portato il saluto e la solidarietà del Santo Padre, la sua preghiera, ho ricordato le parole che lui ha spesso ripetuto in questo periodo di prova e ho anche consegnato al parroco un’espressione concreta della solidarietà del Papa.

 
D. – Mons. Franco, ha raccolto delle richieste specifiche, ha potuto capire quali sono le necessità…

 
R. – C’è una certa pressione affinché i cristiani lascino questa terra, ma invece loro dicono che è necessario restare, però bisognerebbe aiutare a creare delle possibilità di sopravvivenza. Adesso per l’emergenza immediata si tratta di cercare di aiutare le famiglie, quelle che hanno avuto danni materiali, a ricostruire le case e a fare un po’ fronte all’emergenza della sussistenza.

 
D. – La solidarietà internazionale è importante. L’Unione Europea promette aiuti umanitari…

 
R. – Credo che gli aiuti ci saranno. La mia preoccupazione è piuttosto come questi aiuti verranno distribuiti e verranno usati.

 
D. – Che eco ha avuto l’elezione di Obama in questa realtà. Quali sono anche le sue speranze?

 
R. – Speriamo che la comunità internazionale cominci a guardare in una maniera più concreta i problemi e a cercare di aiutare le parti a risolverli.

 
D. – Speranza tra la gente l’ha colta?

 
R. – Sì, la speranza c’è. Vogliono averla … specialmente i cristiani hanno speranza: prima di tutto in Dio e poi attraverso il suo aiuto anche negli uomini.







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