Grande affluenza alla mostra sui martiri giapponesi a Nagasaki: intervista con mons.
Zagnoli
Grande affluenza di pubblico ha registrato la mostra a Nagasaki sui 188 martiri giapponesi,
beatificati nel novembre scorso, che si è conclusa in questi giorni. Documenti e strumenti
di tortura hanno fornito una drammatica testimonianza delle sofferenze inflitte a
questi martiri, in gran parte laici, donne, bambini e anche disabili, uccisi in odio
alla fede tra il 1603 e il 1639. Ha partecipato all’evento anche il direttore del
Museo Missionario Etnologico del Vaticano, mons. Roberto Zagnoli, appena rientrato
dal Giappone. Sergio Centofanti gli ha chiesto cosa lo abbia più impressionato
di questa mostra:
R.
– La cosa che mi ha colpito è stata veramente la documentazione delle sofferenze che
hanno dovuto patire questi martiri. Una sofferenza che metteva in chiarissima evidenza
la fondatezza e la decisione della loro fede. Ci sono strumenti legati anche a momenti
della morte di questi beati. Ci sono cose inimmaginabili dal punto di vista della
psicologia umana, perché sono stati sottoposti a sofferenze veramente indicibili.
D. – Tanti cristiani, anziani, giovani, donne, bambini,
uccisi nel silenzio della storia...
R. – In questo
caso, il silenzio della storia recentemente si sta aprendo ed è molto significativo
questo. Il Giappone, il giorno della proclamazione, è riuscito a radunare insieme,
in questa città - già di per se stessa una città simbolo, Nagasaki, per la bomba atomica
- una grande folla: 30 mila persone. Non hanno partecipato solo i cristiani, ma anche
i membri delle altre fedi religiose, delle altre spiritualità, convinti tutti dell'alto
valore di testimonianza offerto da questa gente, che ha creduto, fino a mettere in
gioco la propria esistenza, nella propria fede. Quindi, è stato un momento di grande
grazia in Giappone.
D. – Lei ha partecipato in quanto
direttore del Museo Missionario Etnologico...
R.
– Ero stato nominato dal cardinale Lajolo per curare la mostra. Visto che la mostra
avveniva in un contesto culturale diverso e che il Museo Missionario Etnologico si
interessa proprio di un panorama a 360 gradi, di quelle che sono le culture del mondo,
il cardinale mi ha detto: “Penso che lei sia la persona più adatta per seguire questo
evento”. Il Museo Missionario Etnologico è il Museo del Vaticano forse meno conosciuto.
E’ uno dei Musei che oggi risponde a caratteristiche fondamentali, visto che si parla
delle tradizioni di tutto il mondo, di popoli e culture diverse. Oggi credo che la
conoscenza degli altri sia fondamentale per poter aprire un dialogo con tutti. In
Giappone, questo si è verificato, anche per il modo di vivere il rapporto con gli
altri. Oggi penso che il Museo Missionario Etnologico sia un Museo di grande attualità,
perché mette in evidenza la missionarietà della Chiesa, non misconosce le tradizioni
degli altri e nello stesso tempo è un Museo che mette in evidenza la necessità di
conoscere le diverse culture, le diverse tradizioni, proprio per aprire, attraverso
la conoscenza, un dialogo nella reciprocità.