Tregua difficile a Gaza: braccio di ferro tra Israele e Hamas
No di Hamas alle modifiche proposte da Israele per un cessate-il-fuoco. Si complica
nuovamente il cammino verso la tregua invocata oggi ancora una volta dal segretario
generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che spinge anche per una sospensione degli attacchi
unilaterali da parte di Israele. Prosegue intanto l’attività diplomatica, ma non si
fermano nemmeno i raid israeliani. Sale ancora il bilancio delle vittime: secondo
fonti palestinesi, sono 1.133 i morti e i feriti almeno 5.150. Una vittima palestinese
si conta anche negli scontri a Hebron, in Cisgiordania, durante una manifestazione
di protesta contro l’offensiva israeliana. Il servizio di Benedetta Capelli:
Da tre
giorni in Medio Oriente, Ban Ki-moon ha rinnovato anche oggi il suo appello per una
tregua stavolta unilaterale da parte di Israele. Il numero uno del Palazzo di Vetro
non ha mancato di ribadire che un cessate-il-fuoco è vicino. Una dichiarazione ottimistica
- probabilmente frutto della febbrile attività diplomatica in corso - e dopo l’annuncio
del portavoce del premier israeliano Olmert, secondo il quale l’offensiva lanciata
tre settimane fa sarebbe entrata nella fase finale. Ad appesantire il clima c’è il
"no" israeliano al cessate-il-fuoco di un anno proposto da Hamas - lo Stato ebraico
vorrebbe una tregua senza limiti - in cambio del ritiro delle truppe israeliane
dalla Striscia di Gaza e la futura gestione dei valichi che il governo Olmert vorrebbe
sotto il controllo delle forze di sicurezza dell'Autorità nazionale palestinese
(Anp). Un punto sul quale anche l’Egitto sta premendo, incontrando però le resistenze
del movimento integralista. A Doha, dove si è aperta una riunione dei dirigenti
arabi alla quale partecipa il presidente iraniano Ahmadinejad, il leader in esilio
di Hamas, Meshaal, ha respinto le modifiche di tregua proposte da Israele ed ha invitato
i Paesi arabi a tagliare ogni relazione con lo Stato ebraico. Nell’ambito della stessa
riunione, il presidente siriano, Bashar el Assad, ha chiesto ai Paesi arabi,
in particolare Egitto e Giordania, di chiudere le ambasciate di Israele nelle loro
capitali. Intanto, anche la diplomazia israeliana fa i suoi passi:
al Cairo è atteso nuovamente l'emissario israeliano, Amos Gilad, mentre a Washington
è volata il ministro degli Esteri, Tzipi Livni. Sul terreno proseguono i raid israeliani
nella Striscia: 23 i corpi recuperati tra le macerie di un edificio colpito ieri durante
violenti combattimenti.
Ucraina - crisi gas E’
previsto per oggi, a Kiev, un vertice tra l’Ucraina e alcuni Paesi dell'Est europeo
sulla crisi del gas. Un summit convocato alla vigilia della riunione di domani a Mosca,
alla quale prenderanno parte anche i leader europei. Bruxelles ha però avvertito le
parti che una soluzione va trovata entro il fine settimana. Per il presidente russo,
Medvedev, la crisi del gas è andata oltre lo scontro tra Mosca e Kiev pertanto è cruciale
la partecipazione dell’Europa nel dipanare il conflitto.
Bce-economia Dopo
la riduzione del costo del denaro, decisa ieri, il presidente della Banca centrale
europea (Bce), Jean Claude Trichet, ha annunciato che non si sta pensando di adottare
una politica a tassi zero come ha fatto la Federal Reserve ma che i tassi scenderanno
ancora a marzo. Intanto, oggi, a Bruxelles è prevista una riunione dei ministri europei
dell’Industria sulla crisi che ha colpito il settore dell’auto.
Iraq-violenza Neppure
l’Iraq riesce a trovare la pacificazione definitiva. Ai continui attentati, che colpiscono
indistintamente tutta la popolazione, si aggiungono le violenze contro la minoranza
cristiana: il corpo senza vita di un uomo, un cristiano di 36 anni, è stato rinvenuto
ieri a Mosul, nel nord. Fonti di AsiaNews confermano che si è trattato di una vera
e propria esecuzione e denunciano anche il sequestro di un altro componente della
comunità locale, poi liberato dietro pagamento di un riscatto. Sulla situazione nel
Paese del Golfo, ascoltiamo don Renato Sacco, delegato per l’Iraq di Pax Christi,
movimento internazionale da sempre impegnato per la pace, intervistato da Giada
Aquilino:
R. -
Le notizie che io ho sono, da una parte, quelle di un’apparente tranquillità, dall’altra
ho notizie di uccisioni e sequestri. Mosul è diventata il covo di tutti coloro che
sono fuggiti, ad esempio da Falluja, ed è quindi una roccaforte. In più, ci sono i
propositi di una divisione dell’Iraq in Stato sunnita, sciita e curdo. E’ nata questa
possibilità - per fortuna non molto caldeggiata - di farne come l'enclave cristiana
della piana di Ninive. Una soluzione che porterebbe ad una radicalizzazione di ogni
estremismo. Mi sembra che anche le notizie di questi giorni, da Gaza e dalla Terra
Santa, ci dicano che quando scendono in campo la violenza e l’estremismo, la dignità
della persona viene annientata. Io invece credo che questo rischio di far pagare un
conto alto ci chiede di essere ancora più vicini, di condannare ogni violenza. La
violenza semina sempre violenza. E l’Iraq non è certo il terreno più tranquillo. Queste
notizie non faranno che aumentare la diffidenza e l’odio. Per cui c’è davvero da sperare
che non vi sia una ripercussione e che la scelta della guerra non ricada violentemente
sui più deboli, come sempre succede.
D. - E c’è da
dire che l’instabilità irachena non riguarda soltanto i cristiani, ma tutti i civili...
R.
- Le vittime, i rapimenti, i profughi, la quotidianità della vita faticosa, riguarda
un gran numero di persone. Le notizie che ho proprio di questi giorni mi dicono che
a Baghdad la situazione va migliorando, si può anche uscire di casa. Certo, c'è la
fatica di racimolare le cose per vivere, ci sono i costi alti della benzina o del
gas e questi riguardano purtroppo tutti.
Usa-Bush I successi
nella lotta al terrorismo e l’aiuto dato alle democrazie di Afghanistan e Iraq. Sono
i due temi affrontati ieri dal presidente americano, George W. Bush, nel suo discorso
d'addio alla nazione e a pochi giorni dall’insediamento alla Casa Bianca di Barack
Obama. Parlando agli Stati Uniti, Bush non ha negato di aver commesso errori. Da New
York, Elena Molinari:
“Lascio
un’America più sicura ed un mondo più libero di come li ho trovati”: George Bush dice
addio alla nazione, e lo fa ammettendo di aver commesso errori. “Ci sono cose che
farei diversamente, se ne avessi la possibilità”, ha detto. Ma, subito dopo, ha rivendicato
di aver sempre agito nel miglior interesse della nazione. Dopo un accenno alla storicità
dell’elezione di Barack Obama, che ha descritto come un momento di speranza e orgoglio
per l’intera nazione, Bush si è preoccupato soprattutto di scrivere una prima versione
della storia della sua presidenza, sottolineandone i meriti. In particolare, quello
di aver difeso per sette anni il territorio americano dalla violenza dei terroristi.
Bush ha spiegato che l’11 settembre 2001 ha cambiato per sempre la sua vita: “Col
passare degli anni - ha detto - gran parte degli americani sono riusciti a riprendere
la vita com’era prima”, ma "questo non è mai successo a me”. Quindi ha ammonito il
suo successore: “La più grave minaccia per gli americani resta quella di un attacco
terroristico”.
Filippine-sequestro Le autorità filippine avrebbero
identificato alcuni sequestratori facenti parte del commando che ieri ha rapito
i tre funzionari della Croce Rossa internazionale - un italiano, uno svizzero e un
filippino - sequestrati mentre si trovavano su una strada provinciale dell'isola di
Jolo, nel sudovest del Paese. Fra loro, anche una guardia carceraria del centro di
detenzione di Patikul, visitato dai tre poco prima del rapimento. Nessuna notizia
sulla condizione degli ostaggi e nemmeno sul luogo dove sono tenuti: per le autorità
di Manila non sarebbe nemmeno certo il coinvolgimento del movimento di Abu Sayyaf,
gruppo islamico legato ad al Qaeda che proprio a Jolo ha una delle sue roccaforti.
Italia-Eluana
Englaro In un comunicato, la casa di cura "Città di Udine" ha annunciato la
sua rinuncia ad accogliere nella struttura Eluana Englaro - la donna da 14 anni in
stato vegetativo - per attuare la sentenza della Corte di Cassazione che autorizza
la sospensione del trattamento di alimentazione e idratazione artificiale. "Le ragioni
di questa decisione - prosegue la nota - sono da ascriversi alla disamina circa il
'groviglio' di norme amministrative e la possibile sovrapposizione di competenze esistenti
tra Stato e Regioni".
Pirateria Il 2008 è stato l’anno che ha fatto
segnare il record dei casi di pirateria. Sono 293 le navi attaccate, 49 quelle sequestrate
e 889 i membri di equipaggio presi in ostaggio, di cui 21 uccisi. Lo rende noto l'Ufficio
marittimo internazionale. Il Golfo di Aden, che si trova nell'oceano indiano tra
Yemen e Somalia, è il posto in cui si sono verificati più attacchi. Solo in questa
zona, sono state 42 le navi prese d'assalto e 815 i membri degli equipaggi ancora
tenuti in ostaggio. Rispetto agli anni passati, i predoni del mare sembrano molto
più preparati, meglio armati e molto più violenti. Nonostante la presenza di unità
da guerra della comunità internazionale, i pirati hanno continuato le loro azioni.
Oggi, intanto, è stato rilasciato, dopo il pagamento di un riscatto, il cargo danese
“Cec Future”, sequestrato in novembre. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta
Capelli) Bollettino del Radiogiornale della Radio
Vaticana Anno LIII no. 16 E' possibile
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del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.