2009-01-16 15:07:46

Mons. Twal: a Gaza nessuno ha il coraggio della pace


“Tutti quanti siamo responsabili, anche chi ha taciuto non è innocente, mi metto anche io tra i primi: tutti siamo responsabili”. E’ quanto ha detto ad AsiaNews il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, aggiungendo che “bisogna avere il coraggio di parlare di pace. Si continua a parlare di tregue, di processo di pace, ma siamo stufi di 'avanzare', di 'processi' che non portano mai alla pace”. “La guerra - ha spiegato - non ha fatto altro che aprire ancora di più la ferita nel cuore di popoli che hanno paura e vivono nella paura. Dopo ogni guerra è quasi peggio, perché bisogna ricostruire le anime di gente che ha visto morire amici e parenti, che ha perso la casa, che ha sofferto oltre ogni misura. Più la guerra continua, più ci sono vittime, più la ferita si apre”. “Senza entrare in merito della politica - ha affermato il Patriarca - non possiamo tacere della sorte di tutta questa gente. Non possiamo condannare a morte migliaia di persone perché i politici non sono d’accordo”. Alle parole di mons. Fouad Twal si aggiungono quelle del parroco di Gaza, padre Manuel Musallam. “Quello che si vede in tv e si legge sui giornali – ha dichiarato il sacerdote all’agenzia Sir - non rappresenta la dura realtà in cui versa la popolazione della Striscia. L’amaro assedio di Gaza è una tempesta che aumenta di ora in ora fino a diventare un crimine contro l’umanità”. Si tratta – ha spiegato padre Musallam – di una tragedia che deve “essere sottoposta al tribunale della coscienza di ogni uomo di buona volontà”. Padre Musallam ha dichiarato infine che in questi giorni sta inviando “sms ai parrocchiani con passi della Bibbia per infondere loro speranza”. “Possa la pace piovere su questa terra; la preghiera – ha concluso - può smuovere il mondo. L’amore di Cristo e la Chiesa non riconosce barriere politiche e sociali. Nella preghiera ci sentiamo parte integrante della Chiesa universale e i musulmani di Gaza, sono il nostro popolo e la nostra gente con cui condividiamo la sofferenza”. (A.L.)







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