La Conferenza episcopale dell'Iran dal Papa per la visita ad Limina: intervista con
l'arcivescovo di Teheran
Il Papa ha ricevuto oggi alcuni vescovi dell'Iran, in visita "ad Limina", guidati
da mons. Ramzi Garmou, arcivescovo di Teheran dei Caldei e presidente
della Conferenza episcopale iraniana. Tiziana Campisi ha intervistato il presule
chiedendogli di parlarci della situazione della comunità cattolica in questo Paese:
R.
- C'est bien de dire un mot sur l'histoire de l'Eglise en Iran. ... Sarebbe
opportuno dire qualche parola sulla storia della Chiesa in Iran. Secondo le informazioni
a nostra disposizione, la Chiesa in Iran è il frutto dell’opera di evangelizzazione
dell’Apostolo Tommaso e dei suoi discepoli. Quindi le sue origini si possono fare
risalire al I sec. d.C.. Questa Chiesa ha conosciuto una straordinaria espansione
nei primi secoli. Questi missionari sono stati i primi ad annunciare il Vangelo a
popoli molto lontani come la Cina, la Corea, il Giappone. Eessa ha anche conosciuto
dure persecuzioni ai tempi dei Sassanidi, in particolare sotto il Regno dello Scià
Shapur II [IV sec. d.C. - ndr] che fece perseguitare i cristiani per 40 anni. Questo
sangue dei martiri ha fatto sì che la Chiesa in Iran e in Oriente trovi molta forza
e coraggio per continuare la sua missione in questa regione. Oggi è una piccola comunità.
Su 70 milioni di abitanti si contano intorno a 100mila cristiani. Circa 80mila appartengono
alla Chiesa armena ortodossa. I cattolici appartengono a tre riti: Caldeo, Armeno
e Latino. Ma minoranza non significa scarsa incisività. Anche una minoranza può crescere
e avere delle radici nel Paese. Basti pensare alle parola di Gesù: “Voi siete il sale
della terra e la luce del mondo”. Con un po’ di sale si può dare sapore a molti alimenti.
Anche noi, nonostante i limiti della nostra comunità, speriamo nella grazia di Dio
e la testimonianza dei nostri fedeli di continuare la missione della Chiesa in questo
Paese. Rendiamo grazie a Dio, perché nella nostra comunità è ancora vivo il sentimento
religioso. Abbiamo dei giovani impegnati nella pastorale e abbiamo qualche vocazione
sacerdotale e religiosa. Tutto questo è quindi un segno che Dio lavora nella nostra
Chiesa, nonostante i limiti che ci sono imposti. Quello che caratterizza la nostra
Chiesa e la nostra popolazione cristiana è l’emigrazione. Nel corso di questi ultimi
trent’anni una buona parte dei nostri fedeli ha lasciato il Paese e sfortunatamente
l’emigrazione continua. Solo Dio sa quale sarà il futuro della Chiesa nel nostro Paese,
ma crediamo che, se chi resta rimane fedele alla sua vocazione cristiana, avremo un
futuro luminoso.
D. - La Chiesa ha vissuto momenti
difficili. Qual è la situazione oggi? E quali sono oggi le principali sfide pastorali?
R.
- Vous savez, l'Eglise - je dirais dans tous les pays - vit des situations difficiles
... La Chiesa vive situazioni difficili in tutti i Paesi, anche in Europa
ha davanti a sé sfide notevoli come la secolarizzazione e l’indifferentismo religioso,
la perdita dei valori morali e spirituali. Noi pure, come le altre Chiese, abbiamo
delle difficoltà: è normale per delle persone che vogliono vivere la loro fede e testimoniarla.
Nonostante questo, secondo la Costituzione della Repubblica Islamica d’Iran, i cristiani
sono riconosciuti ufficialmente come una minoranza religiosa. Quindi abbiamo la libertà
di praticare il culto e di impartire una formazione cristiana ai nostri fedeli all’interno
delle nostre chiese. Le nostre chiese sono aperte per il culto e la formazione cristiana.
La sfida che, secondo me, dobbiamo affrontare oggi è quella di aiutare i fedeli a
passare da una fede sociologica, etnica, trasmessa dai genitori, a una fede che sia
un’autentica esperienza spirituale, una testimonianza di vita, dunque innanzitutto
un dono dello Spirito Santo. Questo passaggio è necessario e cerchiamo di farlo attraverso
incontri, riunioni, prediche. L’altra sfida è quella di lavorare per l’unità dei cristiani.
Siamo una piccola comunità divisa in più comunità e questo ancora oggi è uno scandalo
per noi cristiani. Occorre dunque fare il possibile perché i cristiani possano vivere
in comunione affinché la loro testimonianza sia più credibile presso gli altri. Dobbiamo
inoltre convincerci che, siamo sì una piccola minoranza, ma che Dio può fare attraverso
noi delle grandi opere. L’importanza di una Chiesa non sta nella sua visibilità, nella
sua grandezza visibile, ma nella qualità della sua fede e nella testimonianza dei
suoi fedeli. Dunque bisogna credere che, a dispetto dei numeri, Dio può realizzare
meraviglie per noi a condizione che ascoltiamo la Sua voce e che facciamo la Sua volontà.
D.
- Quali sono i rapporti con le altre Chiese nel Paese?
R.
- On a des relations fraternelles entre évêques et prêtres, ... Abbiamo
rapporti fraterni tra vescovi e sacerdoti, ma il dialogo ecumenico purtroppo non
è alimentato abbastanza. Ci accontentiamo di un incontro di preghiera per l'unità
dei cristiani una volta all’anno. A mio avviso non basta. Occorre dunque intensificare
e approfondire il dialogo ecumenico per rispondere alla volontà di Gesù che tutti
coloro che credono in Lui “siano una sola cosa, affinché il mondo creda”.
D.
- Cosa vi aspettate dalla vostra visita ad Limina e dall’incontro con il Santo Padre?
R.
- Cette visite traditionelle d'abord elle manifeste la comunion de tous les évêques
... Questa vista tradizionale manifesta innanzitutto la comunione di tutti i
vescovi del mondo con il Vescovo di Roma, che è anche Pastore universale della Chiesa
cattolica. Quindi anche noi, come vescovi cattolici dell’Iran, veniamo per manifestare
questa comunione con il Santo Padre. Inoltre ci attendiamo che ci confermi nella fede,
nella convinzione profonda che abbiamo una missione da compiere in Iran. Auspichiamo
poi che la Santa Sede sia più informata sulla situazione dei cristiani in Iran: speriamo
che questa visita ci aiuti a essere meglio capiti dai diversi dicasteri per stabilire
una collaborazione più utile e fruttuosa per la Chiesa.