2009-01-14 14:54:34

Il cardinale Bertone: riscoprire il senso del peccato per non cadere nell'oppressione dei sensi di colpa


Con la prolusione del penitenziere maggiore, il cardinale James Stafford, si è aperto ieri pomeriggio a Roma il Simposio sul tema “La Penitenzieria Apostolica e il Sacramento della Penitenza. Percorsi storici-giuridici-teologici e prospettive pastorali”. Stamani è stato letto l’intervento del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, che non ha potuto presenziare all'evento per partecipare a Città del Messico, quale Legato pontificio, all’Incontro mondiale delle famiglie. Accanto ad un excursus storico sul riordino della struttura della Penitenzeria voluto da Benedetto XIV, nel XVIII secolo, il porporato ha sottolineato quanto urgente sia oggi approfondire il valore del Sacramento della Penitenza per “formare le coscienze al senso del peccato” ed “aiutarle a non cadere nell’oppressione dei sensi di colpa”. Il servizio di Tiziana Campisi:RealAudioMP3


Attratto sempre più nel mondo virtuale, l’uomo contemporaneo “non riesce a distinguere il vero dal falso, il bene dal male e questo lo conduce a un relativismo culturale ed etico banalizzante gli atteggiamenti della vita”: è l’analisi offerta dal cardinale Tarcisio Bertone nella sua relazione dove non sono mancati i riferimenti a quanto detto recentemente da Benedetto XVI sul “senso del peccato”, che “oggi pare si sia perso”. E se si registra un aumento dei complessi di colpa, forse manca la consapevolezza che solo l’amore di Dio può liberare “il cuore degli uomini da questo giogo di morte”, e che il sacerdote, nel Sacramento della Confessione, è strumento di questo amore misericordioso di Dio” quando lo invoca nella formula dell’assoluzione dei peccati.

Per “veicolare … oggi i concetti di peccato e di perdono”, aggiunge il porporato “lo sforzo dell’evangelizzazione” deve essere “quello di far incontrare gli uomini e le donne con Cristo”, far “sperimentare … la potenza redentrice della sua Parola che è Via, Verità e Vita”. Impegno della Chiesa deve essere quello “di far percepire la gioia del perdono che si comunica nel Sacramento della Riconciliazione, detto pure Sacramento della gioia”. “Formare le coscienze al senso del peccato significa aiutarle a non cadere nell’oppressione dei sensi di colpa che appesantiscono tante umane esistenze – si legge nella relazione del porporato – ma a sapere che l’amore infinito del Padre celeste può restituire pace anche ai cuori più lacerati”.

 
Per il cardinale Bertone “accogliere il perdono di Dio consente all’uomo di rinvenire la riuscita integrale della propria esistenza, e la nuova comunione con Dio è il rinnovamento dell’umanità, liberata dai vincoli del male”; “il frutto della riconciliazione divina esige però da parte dell’uomo la libera e responsabile accoglienza. Il perdono di Dio antecede e consente l’accettazione alla quale ciascun uomo viene personalmente chiamato”. Ma “colui che è già stato perdonato - avverte il cardinale Bertone – deve considerare se stesso come ancora sempre da salvare, nel senso che dev’essere ancora sempre da guarire”, perché “l’accoglimento del dono della salvezza e della sua radicale gratuità non distrugge il ricordo e quindi lo sviluppo della storia con il suo passato. Piuttosto lo guarisce liberando la memoria dal peso del debito costituito dalla colpa”.

 
Infine il porporato esorta a “comprendere meglio l’importanza della penitenza e dell’indulgenza”, è ciò per prepararci all’incontro con Dio; “il nostro pellegrinaggio terreno”, infatti, “prima di approdare al Cielo”, assai probabilmente “passerà per il Purgatorio” e il percorso penitenziale ha il compito di accrescere il desiderio di Dio e del suo amore.

 
Ma qual è ai giorni nostri la consapevolezza che i cristiani hanno del Sacramento della Penitenza? Lo abbiamo chiesto al prof. Angelo Maffeis, docente della Facoltà teologica per l’Italia settentrionale di Milano:
  
R. – Per molti cristiani, ha perso plausibilità questo Sacramento; nella loro vita cristiana sembrano sentirne molto meno il bisogno. Questo, in certa misura, mostra che la riforma liturgica, che a partire dal Vaticano II è stata elaborata, non ha raggiunto pienamente i suoi obiettivi e quindi la riflessione, che anche in questi giorni si sta compiendo, vorrebbe cercare di restituire al Sacramento della Penitenza la sua comprensibilità per il popolo cristiano. Questa è forse la questione più importante che oggi ci troviamo ad affrontare.

 
D. – Il Concilio Vaticano II ha dato delle indicazioni, proprio a proposito del Sacramento della Penitenza …

 
R. – Soprattutto due indicazioni. La prima, relativa alla riforma del rito della penitenza e la seconda indicazione, relativa alla dimensione ecclesiale della penitenza che è riconciliazione con Dio ma anche riconciliazione con la comunità.

 
D. – Vogliamo spiegare quali relazioni oggi esistono fra il Sacramento della Penitenza e la Penitenzieria Apostolica?

 
R. – La Penitenzieria Apostolica è un tribunale che si occupa soprattutto delle questioni relative al foro interno, cioè di quei peccati che sono riservati alla Santa Sede. Mi pare che sia segno della comunione ecclesiale: in fondo, la penitenza è riconciliazione con Dio ma anche riconciliazione con la Chiesa. Qui si tocca come la Chiesa abbia una sua dimensione di comunione universale, strutturata anche giuridicamente. Quindi questo cammino di conversione con la riparazione, con la penitenza che è necessaria, significa anche recuperare la piena comunione con la Chiesa.

 
D. – Confessione individuale ma anche confessione che può riguardare più persone all’interno di una celebrazione particolare: questo oggi è possibile?

 
R. – Sì: la riforma liturgica della penitenza ha previsto tre forme rituali, cioè la forma individuale, con l’assoluzione del singolo penitente da parte del confessore, la forma comunitaria, cioè una celebrazione liturgica comunitaria, all’interno della quale si colloca poi la confessione individuale dei peccati e l’assoluzione personale; e infine, per casi eccezionali, quando la forma personale non sia possibile, c’è la possibilità di una liturgia comunitaria con l’assoluzione comunitaria.







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