Dopo tre giorni di consultazioni al Cairo, Hamas ha accettato la proposta egiziana
per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Lo ha riferito l’agenzia stampa egiziana
Mena citando una fonte informata. L'Egitto domani informerà Israele della decisione
di Hamas. Intanto, dopo un’altra notte di combattimenti a Gaza City e dopo l’allarme
dei razzi partiti dal Libano su Israele, il segretario generale dell’Onu pronuncia
parole dure su Israele, mentre i palestinesi uccisi finora sono diventati quasi mille.
Ban Ki-moon si trova al Cairo, nel tentativo di trovare una via d'uscita alla crisi
israelo-palestinese. Il servizio di Fausta Speranza:
“C'è
un uso eccessivo della forza nell'operazione israeliana, che deve essere fermata immediatamente”.
Lo ha detto il segretario generale dell'Onu in conferenza stampa al Cairo con il ministro
degli Esteri egiziano, dopo aver incontrato il presidente egiziano Mubarak. Ban Ki-moon
ha ricordato che le Nazioni Unite hanno detto chiaramente che le parti devono aderire
alla risoluzione del Consiglio di sicurezza, e quindi il cessate il fuoco deve essere
immediato. Ha espresso poi la speranza che l'iniziativa egiziana porti frutti al più
presto possibile. Dopo il Cairo, tappa in Giordania, Israele e Siria. Esclusi contatti
diretti con Hamas. Per quanto riguarda le operazioni sul terreno, nella notte sono
stati intensi i combattimenti tra attivisti palestinesi e soldati israeliani a Gaza
City, mentre l'aviazione bombardava soprattutto il sud della Striscia di Gaza. Nelle
prime ore della mattina, poi, diversi razzi Qassam e colpi di mortaio sono stati sparati
da miliziani di Hamas da Gaza verso le vicine comunità agricole israeliane nel Neghev.
Non ci sono vittime. Ce ne sono state invece sicuramente nei combattimenti della notte,
ma al momento non c’è un bilancio. Si sa solo che ieri almeno 70 palestinesi sono
morti, portando ad almeno 975 il numero di quelli uccisi e a più di 4.400 quello dei
feriti dal 27 dicembre. Resta da riferire del messaggio audio ospitato dai siti internet
islamici: il leader di al Qaeda Osama Bin Laden chiama alla jihad per Gaza. La data
del messaggio è l'attuale mese islamico. Il ministro dell'informazione
libanese ha condannato il lancio di razzi di questa mattina dal Sud del Libano contro
Israele, mentre il movimento sciita Hezbollah ha affermato che è compito delle autorità
ufficiali libanesi determinare chi ne sia responsabile. E torna dunque a farsi caldo
anche il confine tra nord Israele e Libano meridionale nonostante la presenza del
contingente dell’Unifil. Ma quanto è concreto il pericolo che il conflitto nella Striscia
di Gaza torni ad infiammare il Libano? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a
Marcella Emiliani, docente di Storia ed Istituzioni del Medio Oriente presso
l’Universitàdi Bologna e Forlì.
R. –
C’era già stato un precedente lancio di razzi, a partire dal Libano meridionale, ed
era stato attribuito al Fronte Popolare di liberazione della Palestina. Hezbollah
in quell’occasione si era affrettato a dire di non avere alcuna responsabilità per
questo lancio e quindi dobbiamo presumere che Hezbollah non sia interessato in questo
momento a creare un nuovo fronte a partire dal Libano meridionale. D.
– Come mai l’intervento della comunità internazionale non riesce ad essere efficace
per quanto riguarda la Striscia di Gaza? R. – La Striscia di
Gaza è il pezzo di uno Stato che non esiste ancora e per di più misconosce la presidenza
dell’Autorità nazionale palestinese, cioè Abu Mazen. D. – È
ancora corretto parlare di conflitto israelo-palestinese? Di fondo, insomma, nella
Striscia di Gaza si combatte contro Hamas, e a livello di politica sotterranea questo
può fare molto comodo ad Abu Mazen....
R. – Gli fa comodo fino ad un
certo punto, perché non può ignorare quella che è la reazione dei palestinesi, ovunque
essi siano. Non può ignorare quello che è il sentimento dei palestinesi disseminati
nei campi profughi e in tutto il Medio Oriente, nonché dell’opinione pubblica araba
e musulmana in tutto il mondo. Purtroppo la sua legittimazione è una legittimazione
che, fin tanto che non esiste lo Stato, dipende ancora molto, vuoi dal favore popolare
da una parte, ma dall’altra anche dal credito che gli danno Israele e gli Stati Uniti
e la comunità internazionale. Abu Mazen rischia seriamente se si sbilancia troppo
da una parte o dall’altra di sparire dalla scena politica palestinese. D.
– Come si spiega il sostanziale immobilismo da parte dei Paesi arabi nei confronti
di questo conflitto? R. – Il problema è che tutti i regimi percepiscono
la minaccia islamista come una minaccia alla propria stabilità.