Una trovata pubblicitaria che non giova al dialogo tra posizioni diverse: il commento
di don Gianfranco Calabrese ai "bus dell'ateismo"
Fa discutere la notizia diffusa ieri sui principali quotidiani italiani on line
della campagna atea sull’inesistenza di Dio che sarà promossa a Genova dal prossimo
4 febbraio. Su alcuni autobus del capoluogo ligure campeggerà infatti lo slogan: "La
cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno". Analoghe
iniziative sono state lanciate nei mesi scorsi anche negli Stati Uniti, in Australia,
in Inghilterra e in Spagna. Gabriella Ceraso ha raccolto il commento di don
Gianfranco Calabrese della diocesi di Genova, docente della Facoltà teologica
dell’Italia settentrionale:
R. -
La pubblicità è sempre un modo di rendersi pubblico di alcune posizioni che vogliono,
in qualche modo, farsi dello spazio. Se fosse un dibattito sereno, potrebbe starci,
ma non vorrei fosse un modo polemico di reagire a delle posizioni nel segno di un
anticlericalismo che ormai - secondo me - è datato, perché oggi c’è una forte ricerca
d’incontro, di dialogo.
D. - La Chiesa, come dicono
gli organizzatori di quest’iniziativa, è dunque così pervasiva da occupare tutti gli
spazi?
R. - C’è un po’, in queste tesi, un motivo
dominante: che la Chiesa parla sempre ed è sempre presente in tutte le cose. Ma io
credo che il problema non sia che la Chiesa è presente: il fatto è che, in una società
debole dal punto di vista dei valori, la maggioranza delle persone interpella la Chiesa
perché vede in essa un riferimento a quei valori che vorrebbe trovare in altre figure,
anche non della Chiesa, e che purtroppo non sono presenti. Quello che mi preoccupa
di più, però, è che non vorrei che questi modi di agire - di tipo pubblicitario -
creino polemicamente delle contrapposizioni che, in questo momento, nel nostro Paese
non dovrebbero esserci, perché credo sarebbe bene lavorare insieme o almeno dibattere,
ma non così, per slogan.
D. - Quanto impatto, quanta
presa sulla gente può avere una pubblicità così?
R.
- Può colpire all’inizio, ma di fatto non incide in profondità. Anche perché la gente,
se è convinta, dentro, di certi valori positivi o negativi, conduce comunque la vita
secondo questi valori, in particolare per cià che riguarda la religiosità, che io
vedo - nel popolo italiano - molto radicata.