Organizzazioni umanitarie auspicano la mediazione internazionale per la crisi a Gaza
L’attacco militare israeliano nella Striscia di Gaza, iniziato lo scorso 27 dicembre
in risposta al lancio di razzi da parte di fondamentalisti palestinesi, sta creando
molto turbamento e pessimismo nell’opinione pubblica internazionale, anche per l’elevato
numero di vittime civili. E’ quanto si legge nel comunicato di World Conference Religions
for Peace, che sottolinea come di fronte a questi eventi, si diffondano sempre di
più “un senso di frustrazione e l’impressione di essere dei ‘sognatori’ fuori della
realtà”. “Noi di Religions for Peace che abbiamo come missione centrale quella di
sollecitare le religioni ad agire come fattori di pace - si precisa nel comunicato
- ci sentiamo messi in discussione in casi come questi nei quali la componente religiosa
riveste un ruolo indiscutibile nel definire l’identità etnica delle parti in conflitto”.
Al governo israeliano l’organizzazione umanitaria chiede “di ascoltare di più la voce
di molti suoi cittadini” che auspicano trattative anche con Hamas, “nonostante la
sua inconcepibile scelta di voler cancellare lo Stato di Israele”. Si deve in particolare
contare maggiormente “sulla mediazione internazionale nella soluzione dell’ormai ‘storico’
conflitto piuttosto che su un’autodifesa isolata che rischia solo di allontanare indefinitamente
possibilità di riconciliazione”. Ai responsabili di Hamas, World Conference Religions
for Peace chiede poi di “rinunciare definitivamente alla delegittimazione dello Stato
di Israele, che ostacola drasticamente la possibilità di pace nella regione”. Vengono
anche invitati i media a promuovere “un’informazione che mostri anche tutti gli sforzi
umanitari, che vanno al di là degli schieramenti”. Si devono cioè “costruire ponti
anche in situazioni così difficili piuttosto che rifugiarsi in inutili e pericolose
demonizzazioni”. Il rabbino Ron Kronish, direttore dell’ “Interreligious Coordinating
Council in Israel”, sottolinea poi che entrambi le parti coinvolte nel conflitto dovrebbero
essere addolorate per gli effetti drammatici della guerra, tra cui l'uccisione di
civili innocenti. “Questo – aggiunge il rabbino – è un tempo molto difficile per coloro
che sono impegnati nel processo di riconciliazione”, ma quando le violenze diminuiranno
bisognerà rafforzare le iniziative tese a promuovere la convivenza pacifica tra ebrei
e palestinesi. L’auspicio del rabbino e che possa finalmente trovare riscontri concreti
la speranza nel dialogo e nella via diplomatica. Sul terreno, intanto, “i servizi
d’urgenza degli ospedali sono allo stremo” e secondo il Ministero della Sanità, “circa
il 25% dei morti sarebbe costituito da donne e bambini”. L’organizzazione umanitaria
Medici Senza Frontiere rende noto infine che la tregua, riguardando solo la città
di Gaza e non le periferie urbane, non agevola “il lavoro degli operatori umanitari
né l’accesso dei pazienti agli ospedali”. MSF è in attesa delle ultime autorizzazioni
per fare rientrare 21 tonnellate di materiale medico, tra cui due tende mediche gonfiabili
che permetteranno di crescere le capacità di ricovero e terapia intensiva. (A.L.)