Il Consiglio ONU per i diritti umani condanna l'offensiva israeliana a Gaza
Non si ferma l'offensiva israeliana a Gaza: in 17 giorni i palestinesi uccisi sono
saliti ad oltre 900, di cui 277 bambini, 95 donne e 92 anziani. I feriti sono 3.950.
Lo annuncia il capo dei servizi di emergenza della Striscia. Raid israeliani nella
notte hanno colpito dodici obiettivi. Da Gaza il lancio dei razzi è ricominciato in
mattinata: hanno colpito aree non raggiunte finora ma al momento senza fare vittime
o danni. Intanto, in fine mattinata è giunto il pronunciamento del Consiglio dei diritti
umani delle Nazioni Unite, riunito in sessione straordinaria a Ginevra. Il servizio
di Fausta Speranza:
La risoluzione
del Consiglio ONU “condanna con forza” l'offensiva militare israeliana nella Striscia
di Gaza. E chiede l'invio di una missione internazionale indipendente di inchiesta
per indagare sulle violazioni dei diritti umani e della legge umanitaria internazionale
da parte di Israele. Il testo è stato approvato dai 47 Paesi membri del Consiglio
con 33 voti a favore, un voto contrario e 13 astensioni. I Paesi dell'Ue membri del
Consiglio, tra cui l'Italia, si sono astenuti, giudicando la risoluzione squilibrata.
Il Canada ha votato contro. Sul terreno c’è da dire che anche stamattina Israele ha
rispettato il cessate il fuoco di tre ore per permettere l'afflusso di aiuti umanitari
nella Striscia di Gaza. Intanto, il viaggio al Cairo, in programma per oggi, di Amos
Gilad, consigliere politico e diplomatico del ministro della Difesa, Barak, è stato
rinviato di almeno un giorno. Da parte sua, l'emissario del Quartetto per il Medio
Oriente, Tony Blair, proprio dal Cairo, al termine di un incontro con il presidente
egiziano, Mubarak, si è detto convinto che “esistono gli elementi per realizzare un
cessate il fuoco a Gaza”: l'ex premier britannico ha parlato però di una "fase delicata”
sottolineando l’importanza di punti come la cessazione del traffico di armi a Gaza
o l'apertura dei valichi. Per poi affermare che raggiunto il cessate il fuoco si dovrà
mettere a punto una nuova strategia per portare a una riunificazione palestinese e
all'unità fra Cisgiordania e Gaza. Bisogna riferire però anche dell’ultima dichiarazione
della ministro degli Esteri Livni: sarà solo Israele a decidere quando porre fine
alle ostilità a Gaza in conformità con i suoi interessi.
La drammatica
situazione a Gaza riporta in primo piano le profonde divisioni che segnano la vita
dei popoli della Terra Santa. Su questo aspetto del conflitto israelo-palestinese,
si sofferma Charlie Abou Saada, responsabile dell’unica rivista e dell’unica
radio cristiana in lingua araba della Terra Santa. L’intervista è di Philippa Hitchen
del nostro programma inglese:
R. –
Oltre al muro che divide noi palestinesi dagli israeliani, ci sono anche vari muri
invisibili tra cristiani e musulmani, tra i musulmani stessi, tra musulmani ed ebrei.
Quindi, attraverso la cultura cerchiamo di cambiare la società, partendo soprattutto
da noi stessi perché per cambiare la società, dobbiamo cambiare prima noi stessi,
la nostra parrocchia, la nostra scuola, l’università, la famiglia. Dieci anni fa,
le relazioni tra cristiani e musulmani, in tutto il Medio Oriente, non solo qui in
Terra Santa, erano migliori di oggi. Purtroppo, soprattutto il problema di New York,
gli eventi del 2001, hanno cambiato tante cose e stiamo purtroppo pagando i fatti
del 2001. Abbiamo chiesto ad un musulmano di scrivere sul nostro periodico per incoraggiare
i nostri giovani a non aver paura. Abbiamo inoltre un programma radio, su una radio
locale, Radio Mawal, e cerchiamo di utilizzare questa radio per parlare del cristianesimo,
dei rapporti tra noi ed i musulmani e gli ebrei, e parlare dell’importanza del dialogo,
dell’amore, del rispetto dell’altro, in un Paese dove non c’è, purtroppo tutto questo;
in realtà non ci conosciamo: anche se i miei vicini di casa sono musulmani, quando
mai sono andato da loro e quando mai loro sono venuti da noi per parlarci e conoscerci!
D.
– Quanto è importante la voce dei cristiani in Terra Santa?
R.
- La nostra voce è molto importante come ci ha detto anche Giovanni Paolo II quando
venne, nel 2000, qui in Terra Santa: dobbiamo far sentire la nostra voce, quella voce
cristiana che cerca di unire. La nostra presenza, quindi, è molto importante qui,
in Terra Santa e dobbiamo anche aiutare, nel nostro piccolo, i nostri giovani, a rimanere
qui, malgrado tutto. Il patriarca Sabbah, nella sua ultima lettera, ha detto che la
Chiesa di Gerusalemme, la Chiesa della Terra Santa, è la Chiesa del Golgota. Quindi,
ciascuno di noi, deve prendere la sua croce e salire sul Golgota. Questa è ormai la
missione dei cristiani in Terra Santa, che vediamo ogni giorno la nostra fede provata
da tante cose. (Montaggio a cura di Maria Brigini)