Il cardinale Bertone, Legato pontificio all'Incontro mondiale delle famiglie, anticipa
tappe e temi del suo prossimo viaggio in Messico
Sarà “un viaggio straordinario”: così il cardinale Tarcisio Bertone, segretario
di Stato, ha definito la sua prossima missione di Legato pontificio al VI Incontro
mondiale delle famiglie, che avrà luogo dal 14 al 18 gennaio a Città del Messico,
sul tema “La famiglia formatrice ai valori umani e cristiani”. Il porporato ha parlato
del programma della sua visita e degli obiettivi dell’Incontro con la stampa messicana
e di altri Paesi latinoamericani. Ascoltiamo alcune sue riflessioni in proposito.
R.
– Vado con sentimenti di grande stima, di grande affetto e ammirazione per questo
popolo così profondamente cristiano e cattolico, e così apertamente mariano. Naturalmente,
il tema che concentra l’attenzione mondiale a Città del Messico è il tema che impegna
il popolo messicano, un tema assolutamente centrale nella promozione della Chiesa,
nella coscienza ecclesiale e, direi anche, nell’impegno della società per un rinnovamento
a misura del progetto di Dio sull’uomo e sulla donna.
D.
– Quale sarà il suo itinerario?
R. – Incomincerò
a Città del Messico dal 16 gennaio con un incontro con il presidente; avremo colloqui
anche di carattere socio-politico forse con altre autorità. Poi incontro subito tutta
l’Assemblea della Conferenza episcopale messicana, che è una delle più importanti
dell’America Latina e del mondo. Quindi avrò gli incontri dell’Assemblea delle famiglie
e farò i miei interventi. Il discorso più importante sarà sulla famiglia come promotrice,
fautrice dell’educazione alla giustizia e alla pace, quindi sul ruolo educativo e
anche socio-politico della famiglia, che metteremo bene a fuoco. Poi, andrò in un’altra
diocesi, a Quéretaro, il 19 gennaio, per l’incontro con il mondo universitario e rivolgerò
un discorso a professori e studenti. I temi saranno quelli del rapporto fede-ragione,
scienza e fede che sono i temi che stanno molto a cuore al nostro Papa Benedetto XVI
ed anche a me in particolare.
D. – Pensa che il Messico
sia una piattaforma adatta per lanciare un messaggio a tutto il mondo in favore della
vita e della famiglia?
R. – Credo di sì, senz’altro.
Non solo per l’ascendenza, per l’estrazione cattolica e anche - nonostante tutti i
problemi delle società moderne, anche delle società latinoamericane - per la robustezza
di fede, la robustezza di visione antropologica del Messico, sia dei vescovi, degli
operatori pastorali, sia anche dei pensatori messicani. Poi, è un Paese emergente,
un Paese di grande importanza anche nello scacchiere politico-economico mondiale.
Quindi, credo che sia una bella piattaforma per lanciare dei messaggi forti non solo
per la famiglia in America Latina, ma per la famiglia in tutto il mondo.
D.
– La situazione attuale della famiglia comporta molte minacce, però, per la famiglia
stessa nella nostra società e anche nei Paesi cattolici, Messico compreso…
R.
– C’è un problema che il Papa ha toccato esplicitamente anche nel suo discorso all’Onu.
In questo nostro tempo c’è una deriva a favore dei diritti individuali, come diritti
assoluti, senza tener conto della fondatezza dei diritti individuali come diritti
naturali, come diritti fondati sulla natura dell’uomo e della donna. Ora, si accentuano
molto i diritti puramente individuali e non si riconoscono i diritti della famiglia,
come cellula portante, viva della società, e come cellula intermedia tra l’individuo
e lo Stato, e le società intermedie e lo Stato. E questa è una carenza della nostra
società, anche delle società più evolute.
D. – Come
parteciperà il Papa all’evento messicano?
R. –
Sarà presente, come voi sapete, con due interventi. Manderà un messaggio preciso e
pronuncerà un discorso importante all’incontro serale delle famiglie, e poi concluderà
la Santa Messa, il 18, con un discorso finale, e impartirà la benedizione; assisterà
alla Santa Messa attraverso i collegamenti video-televisivi che saranno opportunamente
approntati. E quindi, sarà spiritualmente intensamente presente.
D.
– La Santa Sede è preoccupata per la situazione in Messico, a causa dell’insicurezza.
Come valuta la guerra intrapresa dal Governo messicano contro il narcotraffico?
R.
– La lotta contro il narcotraffico è un dovere e purtroppo vediamo anche l’insicurezza
di altri Paesi vicini al Messico e vediamo quali disastri produce questa insicurezza
e questa lotta delle bande e dei gruppi armati. La lotta contro il narcotraffico è
un dovere perché è il modo più subdolo e più terribile di uccidere la dignità e la
personalità soprattutto dei giovani. La Chiesa si preoccupa, partecipa a questa lotta,
soprattutto attraverso l’educazione delle coscienze e auspica che soprattutto i giovani
vengano liberati da questa schiavitù deprimente e degradante, che non permette loro
di sviluppare le proprie personalità e doti.
D.
– Lei ha parlato del ruolo educativo della Chiesa in questo campo, per combattere
questa situazione. Potrebbe avere anche senso pensare ad una specie di scomunica pubblica
dei narcotrafficanti da parte della Chiesa?
R. –
Certamente, la scomunica è un mezzo deterrente molto severo che la Chiesa ha usato
di fronte ai delitti più gravi nella sua storia, fin dai primi secoli. Devo, però,
osservare, che la scomunica è un elemento, è una punizione che tocca solo coloro che
hanno in qualche modo una coscienza ecclesiale, una educazione ecclesiale. La conversione
delle coscienze noi la invochiamo da Dio, perché certamente è un dono di Dio ed è
anche l’effetto di un impegno coraggioso, anche di annuncio evangelico, di amicizia
e di minaccia del giudizio di Dio. Quindi, dobbiamo pregare e la Chiesa prega perché
ha fiducia nella potenza di Dio sui cuori umani, anche se il cuore umano può ribellarsi
a Dio e resistere anche all’onnipotenza di Dio.
D.
– Noi vediamo che purtroppo è in corso una grave crisi economica mondiale, che può
colpire soprattutto le fasce più povere, più deboli. La Santa Sede è preoccupata anche
per il Messico?
R. – Certamente, la situazione economica
mondiale è gravissima e tocca soprattutto le famiglie, tocca i popoli anche più poveri.
La Chiesa si preoccupa e il Papa ha lanciato diversi messaggi. Anche in occasione
delle feste natalizie ha parlato di impegni di sobrietà e di solidarietà, che coinvolgano
tutti, in modo da non scaricare, non delegare solo alle autorità politiche o economiche,
finanziarie, ai governatori delle banche centrali, il compito di affrontare questa
crisi. Tocca tutti e ci tocca tutti personalmente. Proprio in questo ambito preciso
della sobrietà e della solidarietà.
D. – Come giudica
in questo momento le relazioni fra il Messico e la Santa Sede? Potrebbero ancora migliorare
in qualche direzione?
R. – Io credo che le relazioni
siano buone, anche molto buone. Qualche problema nasce naturalmente quando un Parlamento
nazionale o un Parlamento regionale promuove una legge che non collima con la visione
antropologica della Chiesa, con i principi fondamentali di cui la Chiesa si fa portatrice.
Allora, ci sono dei confronti ed anche dei confronti serrati, ma c’è la libertà di
espressione e anche la libertà religiosa che impone alla Chiesa, ai pastori della
Chiesa di essere una coscienza critica in certi momenti, in certi cambi della situazione,
pensando sempre che la legislazione recepisca – ed io lo capisco – il cambiamento
della società, del costume della società. Ma la legislazione e lo Stato devono essere
sempre un mezzo di educazione. Una legislazione che vada alla deriva su certi principi
fondamentali diseduca concretamente il popolo e soprattutto i giovani.
D.
– Nel continente americano ci sono tantissimi cattolici, più della metà dei cattolici
del mondo, e però vi è il grande problema dell’influenza crescente delle sette. Cosa
fa la Chiesa in America Latina?
R. – Faccio due
osservazioni che saranno ‘spietate’, ma che bisogna fare: le sette hanno molto ‘dinero’
e con il ‘dinero’ purtroppo si comperano anche le coscienze, e poi predicano ricette
facili, proclamano ricette facili. Perché molti cattolici – una percentuale relativamente
alta di cattolici – è catturata dalle sette? Molte volte, purtroppo, per la povertà
della vita e le necessità materiali, e molte volte per l’ignoranza. Allora bisogna
recuperare una nuova catechesi, una catechesi più efficace, e la grande missione continentale
che è stata promossa da Aparecida certamente è un cammino di recupero, non solo di
rafforzamento della fede nei cattolici.