India: i cristiani di Orissa denunciano la mancanza di sicurezza
Condizioni di vita pietose nei campi profughi, nessuna garanzia in materia di sicurezza,
nuovi gruppi che promettono altra violenza contro i cristiani e un uso sempre più
fazioso dei media: il presidente dell’All India Christian Council e dell’United Christian
Forum for human rights, John Dayal, ha fatto il punto sulla situazione attuale nello
Stato indiano dell’Orissa. Qui, tra il 24 e il 27 dicembre 2007, si verificò un’improvvisa
e drammatica ondata di violenza contro i cristiani, ispirata dal Vishwa Hindu Parishad
e dal suo vicepresidente Laxamananda Saraswati, assassinato il 23 agosto 2008, episodio
che innescò ulteriori scontri. Secondo quanto detto da Dayal e riportato da Asianews,
la situazione dei campi del distretto di Kandhamal è ben lontana dall’essere pacificata:
una delegazione della Commissione europea ha visitato recentemente questi campi, come
pure quelli nell’Andhra Pradesh, e ha rilevato condizioni igienico-sanitarie terribili,
soprattutto nelle donne incinte e nei piccoli nati all’interno, malnutrizione. Inoltre,
poiché molti agricoltori di piccoli terreni si trovano nei campi di rifugio, il grande
raccolto nelle risaie è rimasto inutilizzato. Per quanto riguarda la sicurezza, ci
si trova in una situazione di “calma apparente”, come affermato da Balakrishnan, il
presidente della Corte Suprema. La Corte Suprema indiana, inoltre, ha rivolto un avvertimento
al governo dell’Orissa: “Dimettetevi se non potete proteggere le minoranze”, monito
che però è rimasto ignorato sia dai ministri della coalizione che dalla polizia. Sembra
che il governo dello Stato stia usando i cosiddetti comitati di pace, fortemente ostili
alle minoranze religiose, per imporre il ritiro delle denunce presentate dai cristiani
contro le violenze; già nel gennaio 2008, quando i rapporti furono depositati presso
la polizia, la Commissione nazionale per le minoranze (Ncm) scoprì che su 127 casi
registrati, solo a cinque seguì un’inchiesta. Le iniziative di pace, poi, sempre secondo
la relazione di Dayal, sono tutte velate per mancanza di trasparenza e per l’approccio
unilaterale dei rappresentanti dello Stato, sottomessi in modo totale ai membri del
governo appartenenti al Bharatiya Janata Party. Quanto ai gruppi violenti emergenti,
sembrano essere fondamentalmente due: una milizia civile sponsorizzata dal governo
e pagata con fondi statali, e un’ottantina di giovani tornati armati e addestrati
dal Gujarat, che promettono uccisioni di cristiani il 23 di ogni mese in ricordo dell’assassinio
di Saraswati. Secondo Michael Pinto dell’Ncm, inoltre, molti cristiani nella zona
vivono sotto la minaccia della conversione forzata all’induismo e questo “non è accettabile,
perché è materia che riguarda il Freedom of Religion Act in vigore anche in Orissa”.
In conclusione, Dayal tocca l’argomento media: i mezzi di comunicazione locali continuano
a prendere di mira politici cristiani, capi religiosi e attivisti per i diritti umani.
(R.B.)