Desta preoccupazione l’epidemia di colera che dallo scorso agosto sta decimando la
popolazione dello Zimbabwe; un Paese che vive da mesi una crisi politica senza precedenti,
responsabile di una paralisi istituzionale totale. Ed allarmanti sono gli ultimi dati
diffusi ieri dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che parla di quasi 1.800 morti
e di circa 36 mila contagiati. Presenti nel Paese gli operatori sanitari di Medici
Senza Frontiere (Msf), che tra mille difficoltà stanno cercando di operare in più
province. Salvatore Sabatino ha raccolto la testimonianza di Sergio Cecchini,
direttore della comunicazione di Msf Italia:
R.
– Il numero dei pazienti continua ad essere molto alto nella zona di Harare, la capitale,
e in particolar modo il tasso di mortalità, in alcune delle prigioni della capitale
dello Zimbabwe, arriva al 14 per cento. Quindi, è un dato molto preoccupante. D.
– Quali sono le cause scatenanti di questa epidemia? R. – Le
cause scatenanti sono gli scarsi o inesistenti investimenti nell’adeguamento delle
strutture di fornitura d’acqua e delle condizioni di igiene di tutte quelle zone definibili
come sobborghi, come favelas dei grandi centri urbani, in particolare di Harare, e
scarsi investimenti in un sistema di monitoraggio epidemiologico rispetto a malattie
epidemiche come il colera. E poi il fatto che il campanello di allarme da parte delle
autorità sia stato suonato molto tardi. D. – Vivendo sul campo
questa situazione, potete di fatto intervenire. Quali sono le vostre zone di azione? R.
– In questo momento al di là di Harare, la zona che ci preoccupa molto è la provincia
dello Mashonaland Centrale dove temiamo l’esplosione di un’epidemia di colera su vasta
scala, se quanto prima non verranno realizzati dei punti di distribuzione di acqua
potabile. D. – Una situazione che richiederebbe ora l’intervento
massiccio delle strutture sanitarie internazionali prima che l’epidemia possa allargarsi
anche ad altri Paesi... R. – Assolutamente sì. Teniamo anche
conto che il colera è una malattia estremamente semplice da curare, perchè è una malattia
che causa la morte per disidratazione. Quindi, normalmente, una persona affetta da
colera, se idratata, guarisce nel giro di 48 ore. Ma è anche una malattia che se non
trattata può avere una mortalità del 50 per cento. Per cui non c’è bisogno di medicinali
complessi o costosi, c’è solo bisogno di allestire dei centri di trattamento per il
colera e di isolare i pazienti. Quindi, un intervento più di tipo logistico, che non
di tipo medico. E’ necessario, però, intervenire, è necessario avere molte forze sul
campo, ed è necessario avere un supporto adeguato da parte di chi è incaricato a gestire
la politica di salute pubblica all’interno di quel Paese. D.
– Che cosa si può fare concretamente per aiutare la popolazione dello Zimbabwe a superare
questo momento? R. – Sicuramente esercitare pressione e rendere
visibile questa epidemia di colera, questa crisi per evitare che il silenzio abbia
dirette conseguenze anche sull’attenzione da parte di altri organismi umanitari. Continuare
a parlare significa mettere all’attenzione anche di altre organizzazioni umanitarie
la gravità della situazione e quindi, in un certo senso, aumentare l’interesse e aumentare
anche la presenza di organizzazioni umanitarie.