Il 2009 Anno internazionale dell'Astronomia: la riflessione di padre Funes, direttore
della Specola Vaticana
L’ONU ha dichiarato il 2009 Anno internazionale dell’Astronomia per celebrare il 400.mo
anniversario delle prime osservazioni astronomiche che Galileo Galilei realizzò nel
1609, puntando il suo cannocchiale verso il cielo. Sarà un’occasione non solo per
illustrare i contributi multidisciplinari dell’astronomia al cammino dell’umanità,
ma anche per approfondire i legami tra scienza e fede oggi, proprio partendo dal dibattito
innescato dal cosiddetto caso Galileo. Sull’importanza che queste celebrazioni assumono
dal punto di vista della Chiesa, Fabio Colagrande ha sentito il gesuita padre
José Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana:
R. -
In questo anno, ricordiamo i 400 anni delle prime osservazioni astronomiche di Galileo
con il cannocchiale. Questo penso che per la Chiesa sia un’occasione ottima, da una
parte, per comunicare meglio il suo impegno per le scienze, in particolare per l’astronomia,
e dall'altra per parlare di altri argomenti più pastorali o religiosi, perchè la contemplazione
della bellezza dell’universo ci fa capire meglio la bellezza del Creatore.
D.
- L’astronomia è una scienza che avvicina alla fede, secondo lei?
R.
- Penso che possa aiutare ad avvicinare alla fede. Questa conoscenza che abbiamo oggi
della posizione della Terra nell’Universo - un piccolo pianeta che gira intorno al
Sole, che è la nostra stella più vicina, in un Universo di 100 miliardi di galassie
- ci fa capire meglio la nostra fragilità, come dipendiamo dal Creatore nel nostro
essere.
D. - La Chiesa ha sempre promosso l’astronomia,
eppure viene molto spesso accusata, ancora oggi, di oscurantismo. Perché secondo lei?
R.
- In parte, questo fatto può avere le sue radici nel "caso Galileo", ed in parte forse
per la mancanza di comunicazione da parte nostra di tutto l’impegno che la Chiesa
ha per le scienze e di come, storicamente, molte delle scienze sono state ai loro
inizi legate alla Chiesa.
D. - A proposito del "caso
Galileo", recentemente il cardinale Bertone ha parlato di lacune di uomini di Chiesa
legati alla mentalità dell’epoca. Che conflitto ci fu?
R.
- Come diceva già Giovanni Paolo II, in quel famoso discorso all’Accademia Pontificia
nel ’98, ci sono due conflitti nel "caso Galileo". Il primo, riguarda l’interpretazione
della Bibbia, come dobbiamo leggere la Bibbia: non si può certamente leggere in un
modo letterale. In questo senso, Galileo ci aiutò a capire meglio. D’altra parte,
fu un conflitto pastorale, nel senso che anche questo ci può aiutare nel futuro, ogni
volta che viene fuori una nuova idea scientifica o una sfida culturale alla quale
noi non siamo preparati. Quello che diceva Giovanni Paolo II è molto importante, perché
lui ricordava che il pastore deve, da una parte, essere attento e prudente e, dall’altra,
deve essere anche audace per poter dare una risposta adeguata alle nuove sfide.