2008-12-31 08:31:46

Il Papa presiederà domani la Messa nella Solennità di Maria Madre di Dio nella Giornata Mondiale della Pace. Oggi il Te Deum


Oggi, 31 dicembre, memoria di San Silvestro Papa e ultimo giorno dell’anno civile, Benedetto XVI presiederà alle 18.00 nella Basilica Vaticana la celebrazione dei Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e il Te Deum in ringraziamento per l’anno trascorso. Al termine della liturgia Benedetto XVI uscirà sul sagrato per compiere una breve visita al Presepe allestito in Piazza San Pietro. Domani alle 10.00, sempre in San Pietro, il Papa presiederà la celebrazione della Solennità mariana nella 42.ma Giornata Mondiale della Pace per la quale il Pontefice ha scritto un messaggio che si intitola “Combattere la povertà, costruire la pace”. Sui contenuti del messaggio il servizio di Sergio Centofanti.RealAudioMP3

Il dramma della miseria che calpesta i diritti di centinaia di milioni di persone, favorendo o aggravando i conflitti, “s’impone alla coscienza dell’umanità”. E il Papa invita a combattere la povertà nel mondo per costruire la pace. Ma bisogna percorrere una strada: cambiare “gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono la società”. Non si tratta di un’operazione puramente esteriore: è necessario infatti “abbandonare la mentalità che considera i poveri (…) come un fardello e come fastidiosi importuni che pretendono di consumare quanto altri hanno prodotto”: occorre “guardare ai poveri nella consapevole prospettiva di essere tutti partecipi di un unico progetto divino, quello della vocazione a costituire un’unica famiglia”. Del resto,“l’avidità e la ristrettezza di orizzonti” creano quei “sistemi ingiusti” che “prima o poi prestano il conto a tutti. Solo la stoltezza - afferma il Papa - può (…) indurre a costruire una casa dorata, ma con attorno il deserto o il degrado”.

 
Benedetto XVI denuncia “un aumento del divario tra ricchi e poveri”, l’attuale crisi alimentare “caratterizzata non tanto da insufficienza di cibo, quanto da difficoltà di accesso ad esso e da fenomeni speculativi”, “lo scandalo della sproporzione esistente tra i problemi della povertà e le misure” predisposte “per affrontarli” e di fronte a questo “l’accrescimento della spesa militare” che “rischia di accelerare una corsa agli armamenti” provocando “sacche di sottosviluppo e di disperazione”. Inoltre, il divario tecnologico, l’esclusione dai flussi commerciali mondiali e le dinamiche dei prezzi, aumentano ancora di più le distanze tra nord e sud: i Paesi poveri, in particolare quelli africani, soffrono di “una doppia marginalizzazione”: hanno i redditi più bassi e i prezzi dei loro prodotti agricoli e delle loro materie prime crescono meno velocemente dei prodotti industriali dei Paesi ricchi. Il Papa rileva poi “i contraccolpi negativi di un sistema di scambi finanziari (…) basati su una logica di brevissimo termine” che non considera il bene comune ed è pericoloso “per tutti, anche per chi riesce a beneficiarne durante le fasi di euforia finanziaria”.

 
C’è poi la preoccupazione per le malattie pandemiche come la malaria, la tubercolosi e l’Aids: la comunità internazionale fa ancora troppo poco per combatterle e talora i Paesi colpiti sono obbligati dai “ricatti di chi condiziona gli aiuti economici all’attuazione di politiche contrarie alla vita”. Per quanto riguarda l’Aids, il Papa invita a “farsi carico di campagne che educhino specialmente i giovani a una sessualità rispondente alla dignità della persona; iniziative poste in atto in tal senso - spiega - hanno già dato frutti significativi” facendone diminuire la diffusione. Necessario poi l’accesso alle medicine da parte dei più poveri con “un’applicazione flessibile delle regole internazionali della proprietà intellettuale”.

 
Il Messaggio, riferendosi a quanti mettono in relazione povertà e sviluppo demografico, lancia una forte critica alle “campagne di riduzione delle nascite, condotte a livello internazionale, anche con metodi non rispettosi né della dignità della donna né del diritto dei coniugi a scegliere responsabilmente il numero dei figli e spesso, cosa anche più grave, non rispettosi neppure del diritto alla vita. Lo sterminio di milioni di bambini non nati, in nome della lotta alla povertà - scrive il Pontefice - costituisce in realtà l’eliminazione dei più poveri tra gli esseri umani”. Benedetto XVI offre quindi un dato oggettivo: il fatto che negli ultimi anni sono usciti dalla povertà Paesi caratterizzati “da un notevole incremento demografico” affacciandosi “sulla scena internazionale come nuove potenze economiche” realizzando “un rapido sviluppo proprio grazie all’elevato numero dei loro abitanti”. “In altri termini - nota il Papa - la popolazione sta confermandosi come una ricchezza e non come un fattore di povertà”.

 
Il documento sottolinea poi un dato agghiacciante: quasi la metà dei poveri di tutto il mondo è costituita da bambini. E invita a difendere l’istituto familiare perché “quando la famiglia si indebolisce i danni ricadono inevitabilmente sui bambini”. Così come dove “non è tutelata la dignità della donna e della mamma, a risentirne sono ancora principalmente i figli”.

 
Cosa fare? La globalizzazione - afferma il Papa - deve essere guidata dalla solidarietà, perché “da sola è incapace di costruire la pace e in molti casi, anzi, crea divisioni e conflitti”. Occorre “lottare contro la criminalità” e “investire nella formazione delle persone” sviluppando “in modo integrato una specifica cultura dell’iniziativa”. Infatti “le politiche marcatamente assistenzialiste” - si precisa - sono “all’origine di molti fallimenti nell’aiuto ai Paesi poveri”. Bisogna dare anche più spazio alla società civile. Ma, in ultima istanza - conclude Benedetto XVI - “la lotta alla povertà ha (…) bisogno di uomini e donne che vivano in profondità la fraternità” scorgendo nei poveri il volto di Cristo.

 
Sul messaggio del Papa ecco la riflessione del direttore della Caritas italiana don Vittorio Nozza, al microfono di Fabio Colagrande:RealAudioMP3

R. – E’ un richiamo forte ad una situazione attuale che vede sempre più coinvolti milioni e milioni di persone, in situazioni di povertà. Ed è un assioma che in pratica sottolinea quanto la lotta alla povertà, a tutti i livelli, possa veramente permettere anche di contenere la violenza o per lo meno, a far stare le persone dentro i loro contesti ed i loro territori, in una situazione di relazioni più pacificate e più capaci anche di rispetto verso la propria dignità e verso il proprio futuro.

 
D. – Oggi, si assiste ad un mondo capace di produrre ricchezza ma anche capace di produrre povertà. Il Papa ci ricorda, proprio dal punto di vista della dottrina sociale cristiana, che i cristiani devono avere un amore preferenziale per i poveri…

 
R. – Non manca la ricchezza, non mancano le risorse che potrebbero, se opportunamente considerate, rispondere ai bisogni delle persone. Ciò che manca è l’equilibrio nella distribuzione di queste risorse: la bontà dello sviluppo della produzione della ricchezza non va di pari passo con l’altrettanta bontà della presa in considerazione della situazione di tanti milioni di persone al punto tale che, la distanza tra i pochi ricchi sempre più ricchi e i tanti poveri sempre più poveri, è una distanza che si va sempre più accentuando, quasi consegnando ad uno stato di vita povero, milioni se non miliardi di persone.

 
D. – Guardando la situazione italiana, possiamo dire che c’è, purtroppo, uno zoccolo duro di povertà che resiste ormai, da parecchio tempo; in più, la Caritas, da qualche tempo, ci sta avvertendo che esiste la realtà dei nuovi poveri…

 
R. – Stiamo dentro un territorio, quello nazionale, che dice, in modo particolare, due grandi situazioni alle quali si sta avvicinando una terza. La prima è quella dei sette milioni e mezzo di poveri che dentro i nostri contesti territoriali, hanno quasi la propria vita segnata, strutturata, consegnata, alla povertà. C’è poi una fascia ampia, soprattutto di nuclei familiari, che in questi ultimi anni, hanno colto la difficoltà a dare dignità e garanzia alla propria esistenza, al punto tale che questi stessi rischiano - pur non avendo disagi in atto, se non si trovano le formule da un punto di vista di azioni sociali, di azioni politiche - di incorrere dentro una situazione ben più pesante. La crisi ultima ci dice anche come dovremo ripensare, tutti quanti, proprio i nostri stili, i nostri modi di essere, se vogliamo affrontarla in maniera seria.

 
D. – C’è una corrente culturale che in qualche modo nega l’esistenza di questi poveri?

 
R. – Si fatica a vederli; nel momento in cui si vedono si tende, diremmo così, a cacciarli lontano, per lo meno a tentare di non farli essere disturbo al proprio cammino di vita. E’ una presenza che, per poter essere vista, ha bisogno di molta prossimità, di molta capacità di ripensamento anche del proprio modo di essere, e soprattutto di una presa di coscienza che soltanto attraverso territori sempre più coesi e solidali, è possibile anche dare un volto migliore, diverso, più vivibile, anche alla nostra stessa vita. Quindi negarli o cacciarli addirittura sotto il tappeto, come si fa con la polvere qualche volta, significa, in pratica, volere il nostro stesso male.







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