Il Consiglio ecumenico delle Chiese e la Caritas: sia tregua a Gaza
Fra il coro di appelli per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza si stagliano
quelli del Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc) e della Caritas Gerusalemme. Chi
è impegnato ogni giorno a costruire la pace in Terra Santa vede in questi giorni cadere
ogni speranza. Le violenze perpetrate da entrambe le parti stanno, infatti, cancellando
tutti i passi faticosamente percorsi sul difficile sentiero della pace, tracciato
anche dalle organizzazioni religiose. E chi è tutt’ora all’opera fra le macerie di
Gaza, per portare soccorso alla popolazione civile, auspica l’immediato intervento
di tutti i soggetti internazionali. “I governi della regione, la Lega araba, gli Stati
Uniti, l’Unione Europea e le Nazioni Unite – si legge in un messaggio del Wcc raccolto
dall’Osservatore Romano - devono utilizzare i loro buoni uffici per fare in modo
che tutti coloro che sono a rischio vengano protetti da entrambi i lati del confine
e devono assicurare l’accesso agli aiuti di emergenza e medici”. “La morte la sofferenza
degli ultimi giorni – prosegue il comunicato – sono spaventosi e vergognosi e non
otterranno altro che nuove morti e nuova sofferenza”. Nella nota il Consiglio ecumenico
delle Chiese sottolinea poi che l’eventuale utilizzo delle forze di terra non farebbe
altro che aggravare l’attuale disastro. “Nei paesi coinvolti nel conflitto – si afferma
infine nel messaggio – le Chiese e i loro membri chiedono ai governi di iniziare
l’urgente lavoro di assicurare un futuro più certo a israeliani e palestinesi. I governi
devono ora essere responsabili della pace”. Anche la Caritas Gerusalemme è intervenuta
rivolgendo le sue preoccupazioni alle popolazioni colpite dalle violenze: “Sono già
troppe le vittime innocenti. Noi condanniamo ogni violenza: i razzi lanciati dalla
Striscia e i bombardamenti israeliani”. “Così vi saranno solo ulteriori spirali di
violenza”. Una testimonianza diretta della drammatica situazione di Gaza arriva invece
da padre Firas, parroco di Aboud, vicino a Ramallah, che parla di popolazione accerchiata
per via della chiusura dei valichi con l’Egitto. La mancanza di carburante ha portato
al taglio dell’elettricità e di conseguenza è impossibile far funzionare le apparecchiature
degli ospedali. Non va meglio per approvvigionamento di beni di prima necessità come
medicinali e viveri. Caritas Gerusalemme lancia quindi un appello per rispondere ai
bisogni più urgenti della popolazione. (M.G.)