Raid israeliano a Gaza: circa 200 i morti. I commenti di Battistini, padre Pizzaballa
e padre Lombardi
Il Medio Oriente sprofonda nuovamente nella spirale di violenza. L’aviazione israeliana
ha lanciato un attacco aereo su la Striscia di Gaza, colpendo basi e impianti militari
di Hamas. Si parla di circa 200 morti e 300 feriti. L’attacco era stato annunciato
come rappresaglia per il continuo lancio di razzi dalla Striscia verso il sud di Israele.
Lanci che anche oggi sono proseguiti causando la morte di una donna e il ferimento
di 4 persone. In serata il premier isareliano Olmert ha avvertito che Israele non
considera nemica la popolazione di Gaza, alla quale continuera' ad assicurare il proseguimento
degli aiuti umanitari, ma e' contro Hamas che da giorni ''cercava lo scontro con Israele''.
Ma il leader di Hamas Haniye promette: Gaza non verrà mai annientata e non si arrenderà
. Sconcerto e preoccupazione si registrano in tutta la comunità internazionale .Il
servizio è di Debora Donnini
Quali
potranno essere ora le conseguenze sul processo di pace in Medio Oriente del vasto
attacco israeliano contro le basi di Hamas nella Striscia di Gaza? Giancarlo La
Vella lo ha chiesto a Francesco Battistini, corrispondente a Gerusalemme
del Corriere della Sera:
R.
– E’ chiaro che l’operazione è partita al di là di ogni previsione, nel momento in
cui tutti la escludevano. Solo pochi minuti prima dell’attacco, il presidente Peres
aveva ripetuto che non si sarebbe attaccata Gaza, quindi la prima sensazione è che
ci possa essere o uno scollamento tra alcune parti dell’establishment israeliano e
il governo, oppure che ci siano delle logiche che vanno oltre la logica politica,
in queste decisioni. Quindi, proprio su questa base possiamo dire che al momento stanno
parlando le armi e la politica tace. Quindi anche il processo di pace, almeno per
queste ore, sicuramente è una questione sospesa.
D.
– E l’altro timore è che questa operazione aggraverà ancora di più l’emergenza umanitaria
della popolazione civile a Gaza, anche se Israele nelle ultime ore ha fatto arrivare
aiuti di prima necessità attraverso i valichi …
R. –
Sì: diciamo che l’apertura dei valichi da parte di Israele era sicuramente preparatoria
a questo attacco. Sono stati dati aiuti alla popolazione in previsione di un attacco
che, dicono gli analisti militari, dovrebbe essere breve e molto mirato. La situazione
umanitaria nei giorni scorsi si era aggravata pesantemente; in questo momento, la
chiusura di tutti i valichi sicuramente peggiorerà le cose.
D.
– Si parla anche di basi di Hamas in Sud Libano, che stanno per operare contro Israele:
c’è il rischio di un ampliamento generale del conflitto …
R.
– Sì: questo è il rischio grave che temono le forze israeliane, e cioè che si apra
un conflitto su due fronti. Questo già era successo, peraltro, due anni fa, quando
ci fu il sequestro del soldato Shalid nella Striscia di Gaza: proprio in contemporanea
incominciarono le turbolenze con Hezbollah alla frontiera con il Libano. Quindi, i
due fronti vanno in parallelo. Qualche giorno fa, è stato trovato cinque chilometri
al di là della linea del confine con il Libano, una postazione di otto missili Katiusha
diretti verso il territorio israeliano. Un diversivo è possibile che venga in qualche
modo attuato.
D. – A questo punto è urgente far partire
subito la diplomazia internazionale; ma come fare per mettere in moto il tutto?
R.
– Israele tratta in realtà questa faccenda quasi come una questione interna; l’emergenza
di Gaza si è consumata nelle settimane, nei mesi scorsi nel totale silenzio e, direi
anche, in una certa indifferenza dell’opinione pubblica occidentale, nonostante gli
appelli delle Nazioni Unite che più volte sollecitavano interventi per l’emergenza
umanitaria in atto. Non essendo intervenuta la diplomazia e la politica quando forse
ancora si poteva fare qualcosa in termini di pressioni su Hamas – perché non dimentichiamo
che questo attacco parte in risposta a settimane di missili Kassam lanciati dalla
Striscia di Gaza sulla città israeliana di Sderot - ecco, se non è stato fatto nulla
nelle settimane scorse, quando le armi tacevano, è un po’ difficile che in questo
momento si riesca ad attuare un’iniziativa.
La recrudescenza
degli scontri e delle violenze in Medio Oriente preoccupa la comunità cattolica locale,
come racconta il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, al
microfono di Sergio Centofanti:
R. – Questo
raid – che temiamo sia solo l’inizio – era da lungo tempo annunciato da Israele. Siamo
in campagna elettorale e tutti devono mostrare i muscoli. Le provocazioni di Hamas
anche erano evidenti. Purtroppo, siamo dentro ad un copione già scritto e visto molte
volte. D. – Adesso cosa può succedere? R.
– Temiamo di essere di fronte ad una escalation. Temiamo. Ma speriamo che il buon
senso prevalga. D. – Violenza genera violenza. Qual è la vostra
riflessione? R. – Siamo disarmati di fronte a queste immagini
e a queste situazioni. Da un lato, sì, c’era continuamente questo stillicidio creato
dal governo di Hamas; dall’altro lato, anche questa violenza così inusitata, così
eccessiva … Siamo senza parole, ancora una volta, di fronte a situazioni così difficili
che speriamo che prevalga il buon senso e che qualcuno riesca a mediare tra le parti. D.
– Come spezzare questi circolo vizioso di violenza? R. – Questo
è un problema che si può risolvere solo con una forte politica capace di una grande
lungimiranza. D. – Che può fare anche la comunità internazionale? R.
– Ha un ruolo importante, la comunità internazionale: deve fare pressione su tutte
e due le parti. Spero intervenga con forza e con energia quanto prima. Certamente
la pace non verrà presto e non verrà in maniera semplice: richiede uno sforzo unanime
di tutti, comprese anche le autorità religiose, che richiederà tempo, educazione e
lunga pazienza. Però, bisogna incominciare subito con questi sforzi, sicuramente!
E
sulla nuova situazione di conflitto esplosa in medio Oriente, ascoltiamo la riflessione
del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:
L’attacco
delle forze armate di Israele contro le basi e le strutture di Hamas nella striscia
di Gaza era atteso fin dal momento in cui, terminata la tregua alcuni giorni fa, era
ripreso il lancio di razzi e colpi di mortaio da Gaza verso i territori israeliani
vicini. Per quanto atteso, impressiona per le sue proporzioni e per il numero delle
vittime. Molto probabilmente le operazioni militari continueranno e le vittime cresceranno
ancora.
Certamente, sarà un colpo durissimo per Hamas.
Allo stesso tempo è assai probabile che anche le vittime innocenti non mancheranno,
anzi saranno numerose; l’odio crescerà ancora e le speranze di pace torneranno ad
allontanarsi.
Ma tutto questo è stato provocato in modo
consapevole. L’odio, da una parte acceca per quanto riguarda le vie della pace, dall’altra
aguzza l’intelligenza per le vie della morte e per riavviare i circoli viziosi che
portano solo all’ulteriore crescita dell’odio.
Hamas
è prigioniero di una logica di odio. Israele di una logica di fiducia nella forza
come migliore risposta all’odio. Bisogna continuare a cercare una via di uscita diversa,
anche se sembra impossibile.