“Su ogni bambino c’è il riverbero del Bambino di Betlemme”: così il Papa nella Santa
Messa di Natale nella Basilica vaticana
“Su ogni bambino c’è il riverbero del Bambino di Betlemme”: così il Papa, durante
l’omelia pronunciata nella Santa Messa della notte di Natale nella Basilica Vaticana.
Centrale, nelle sue parole, l’appello per l’infanzia maltrattata ed indifesa e per
la pace in Medio Oriente. Il servizio di Isabella Piro:
(Salmo:
Oggi è nato per noi il Salvatore)
È una questione
di sguardi: quello dell’uomo che guarda verso l’alto, verso Dio, ma soprattutto quello
di Dio, che guarda verso il basso e si china verso le sue creature. È partita da questa
premessa l’omelia di Benedetto XVI, pronunciata in una Basilica di San Pietro gremita
di fedeli e dominata dallo sguardo dolce e tenero di Maria. Per la prima volta, infatti,
la scultura lignea raffigurante la Vergine in trono con il Bambino è stata collocata
accanto all'altare della confessione nella notte di Natale e non nella solennità della
Santissima Madre di Dio. A tutti i presenti, il Papa ha ricordato “l’esperienza
sorprendente” di “Colui al quale nessuno è pari, che siede nell’alto”, ma che “guarda
verso il basso, si china giù”, verso l’uomo:
"Questo
guardare in giù di Dio è più di uno sguardo dall’alto. Il guardare di Dio è un agire.
Il fatto che Egli mi vede, mi guarda, trasforma me e il mondo intorno a me. Così il
Salmo continua immediatamente: Solleva l’indigente dalla polvere… Con il suo guardare
in giù Egli mi solleva, benevolmente mi prende per mano e mi aiuta a salire, proprio
io, dal basso verso l’alto". E
nella notte di Betlemme, ha continuato il Santo Padre, il chinarsi di Dio “ha assunto
un realismo inaudito”, perché Dio è sceso realmente sulla Terra, è diventato un bambino,
mettendosi “nella condizione di dipendenza totale che è propria di un bambino”. 'Sì',
ha aggiunto il Papa, proprio Lui, “il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal
quale tutti dipendiamo, si fa piccolo e bisognoso dell’amore umano”. E “niente può
essere più sublime, più grande dell’amore che in questa maniera si china, discende,
si rende dipendente”.
Per comprendere questo amore,
però, ha sottolineato Benedetto XVI, bisogna essere “veramente vigilanti”, ed avere
“il senso di Dio e della sua vicinanza” nella vita di ogni giorno:
"Ad
un cuore vigilante può essere rivolto il messaggio della grande gioia: in questa notte
è nato per voi il Salvatore. Solo il cuore vigilante è capace di credere al messaggio.
Solo il cuore vigilante può infondere il coraggio di incamminarsi per trovare Dio
nelle condizioni di un bambino nella stalla. Preghiamo il Signore affinché aiuti anche
noi a diventare persone vigilanti". Poi,
il Papa si è soffermato sul canto del “Gloria”, quel canto che ci ricorda che “la
gloria di Dio è nell’alto dei cieli”, ma che “questa altezza di Dio si trova ora nella
stalla” di Betlemme, che “ciò che era basso è diventato sublime”, e che la gloria
di Dio è quella “dell’umiltà, dell’amore e della pace”:
"Dove
c’è Lui, là c’è pace. Egli è là dove gli uomini non vogliono fare in modo autonomo
della terra il paradiso, servendosi a tal fine della violenza. Egli è con le persone
dal cuore vigilante; con gli umili e con coloro che corrispondono alla sua elevatezza,
all’elevatezza dell’umiltà e dell’amore. A questi dona la sua pace, perché per loro
mezzo la pace entri in questo mondo". Quindi,
il pensiero del Santo Padre è tornato ai bambini, a quei bambini che lo guardavano,
attenti, dai banchi della Basilica Vaticana, o che dormivano, sereni ed innocenti,
in braccio ai genitori. Quei piccoli che, “come ci dice quel Dio che si è fatto Bambino”,
possono essere solo amati:
"Su ogni bambino c’è
il riverbero del bambino di Betlemme. Ogni bambino chiede il nostro amore. Pensiamo
pertanto in questa notte in modo particolare anche a quei bambini ai quali è rifiutato
l’amore dei genitori. Ai bambini di strada che non hanno il dono di un focolare domestico.
Ai bambini che vengono brutalmente usati come soldati e resi strumenti della violenza,
invece di poter essere portatori della riconciliazione e della pace. Ai bambini che
mediante l’industria della pornografia e di tutte le altre forme abominevoli di abuso
vengono feriti fin nel profondo della loro anima. Il Bambino di Betlemme è un nuovo
appello rivolto a noi, di fare tutto il possibile affinché finisca la tribolazione
di questi bambini; di fare tutto il possibile affinché la luce di Betlemme tocchi
i cuori degli uomini". E proprio
pensando al Bambino di Betlemme, il cuore della Chiesa è corso al Medio Oriente, per
il quale il Papa ha levato un appello:
"(…) Pensiamo
a quel Paese in cui Gesù ha vissuto e che Egli ha amato profondamente. E preghiamo
affinché lì si crei la pace. Che cessino l’odio e la violenza. Che si desti la comprensione
reciproca, si realizzi un’apertura dei cuori che apra le frontiere. Che scenda la
pace di cui hanno cantato gli angeli in quella notte". Di
qui, l’invito finale del Papa alla “conversione dei cuori”, perché “solo se cambiano
gli uomini, cambia il mondo”. E per cambiare, ha concluso Benedetto XVI, “gli uomini
hanno bisogno della luce proveniente da Dio, di quella luce che in modo così inaspettato
è entrata nella nostra notte”.