In Africa il Natale si celebra con grandi speranze di pace. In particolare nel Nord
Kivu, regione orientale della Repubblica Democratica del Congo da mesi terreno di
scontri fra l’esercito regolare e i ribelli del generale Nkunda: qui le violenze contro
i civili hanno causato migliaia di vittime e costretto alla fuga oltre 250 mila persone.
Si tratta, secondo quanto denunciato dai vescovi congolesi, di un "genocidio silenzioso”.
Ma le sopraffazioni della guerra non riescono a soffocare la speranza di un popolo,
per il 70 per cento di religione cristiana, che, in special mondo a Natale, nel Vangelo
di Cristo trova luce e speranza. Da Goma ce ne parla don Mario Perez, salesiano,
direttore del Centro per i giovani intitolato a Don Bosco:
“Il Congo
in generale è un Paese dove più del 50 per cento sono cattolici; la gente va alla
Messa, poi prepara la festa in famiglia. Per ciò che riguarda il Nord Kivu, la situazione
è molto drammatica: la gente non ha molte cose, neppure i viveri. Non è facile raggiungere
queste persone. I campi profughi, per esempio quelli vicini alle città, ricevono il
cibo dagli organismi umanitari: farina, fagioli, olio e sale. E non è che hanno niente
di particolare per festeggiare; festeggiano un po’ con i canti perché la speranza
è forte in loro. Quello permette loro di sopravvivere. Anche in questi momenti sanno
così trovare forza per festeggiare. Nonostante la mancanza di tutto, fanno il presepe
perché – dicono - “soltanto Dio ci capisce, soltanto Dio è capace di crescere e camminare
con noi”; “Dio è capace di farsi piccolo e crescere con noi e lui ci capisce”. In
Sud America, dove la crisi economica mondiale si ripercuote con particolare intensità
sui ceti più deboli, la speranza che viene dalla nascita del Salvatore invita ad affrontare
con coraggio le sfide odierne. Luis Badilla, esperto di America Latina per la nostra
emittente: Il
Natale in America Latina è una festa molto coinvolgente, molto sentita, partecipata
e, naturalmente, mette al centro in particolare i bambini ed anche - questa è una
caratteristica molto tipica - i nonni, gli anziani. Quindi, è una delle feste più
amate, che si celebra sia da un punto di vista religioso molto intensamente. Si celebra,
soprattutto, con una partecipazione nell’Eucaristia o in altre cerimonie, ma che ha
anche un risvolto civile, per così dire, nelle famiglie all’interno del focolare.
Natale, per l’America Latina del 2008 e per i Carabi, è un Natale pieno di incertezze,
di paure. La crisi economica internazionale sta colpendo duramente l’economia di questi
Paesi e, dunque, non credo che sarà un Natale particolarmente allegro. Certo, ci sarà,
come è naturale, la speranza di cui il mondo, in questo caso l’America Latina, ha
tanto bisogno. In questo clima di incertezza e paura, i vescovi sudamericani
lanciano un appello per la democrazia e i diritti umani. Ancora Luis Badilla: Il
problema della democrazia in America Latina, delle libertà costituzionali, dei diritti
umani, è un problema sempre attuale. E, dunque, il 2009 è una prospettiva, in questo
senso, molto delicata, perché occorre coniugare - come dicono i vescovi dell’America
Latina - da un lato il rispetto della democrazia, dei valori democratici, dei diritti
umani e, dall’altro, il consolidamento delle istituzioni, basato sulla solidarietà
e la giustizia, perché il problema fondamentale di questa regione del mondo è l’iniquità
sociale. Se questo problema, che si potrebbe aggravare con la crisi economica e sociale,
non viene risolto, metterà a repentaglio la stabilità democratica della regione. Infine
uno sguardo all’Australia. Qui a Natale la Chiesa locale ribadisce la necessità di
“promuovere un’integrazione autentica e una reale partecipazione delle comunità aborigene
alla vita sociale, politica e culturale del Paese, attraverso nuove opportunità di
occupazione e di istruzione. E’ il messaggio dei vescovi australiani che invitano
ad “un genuino dialogo e una partnership durevole” con gli oltre 517 mila aborigeni
presenti in Australia.