In Europa cresce il rischio che il Natale sia celebrato perdendo di vista il cuore
del messaggio cristiano, per scadere nel consumismo e nella partecipazione superficiale
ai riti. Lo sottolinea Luigi Geninazzi, giornalista del quotidiano Avvenire:
“Senza dubbio
c’è una tendenza che si ispira ad un “politically correct”. Per rispettare teoricamente
tutti i punti di vista, anche di chi non è cristiano, l’Europa taglia le sue radici
ed è quindi paurosa nel dire che cos’è il Natale. Ci sono fatti inquietanti e alcuni
sfiorano il ridicolo, come è successo ad Oxford dove si dice che il riferimento al
Natale deve essere abolito nel suo carattere cristiano. C’è una tendenza, cioè, a
identificarsi con un’idea di agnosticismo, di indifferenza di fedi e di ideali, che
ovviamente penalizza la stessa identità dell’Europa, anche quella laica, perché il
vero laico riconosce che le sue radici sono nell’eredità cristiana. Credo che prima
di tutto debbano essere i cristiani a dare testimonianza della propria fede e, soprattutto,
a mostrare che la propria fede dà un contributo prezioso anche alla convivenza civile.”
Ma l’Europa è anche terra di migrazioni: a partire
dal 1989, la caduta del muro di Berlino e l’allargamento delle frontiere d’Europa
ai Paesi dell’Est hanno causato l’intensificarsi dei flussi migratori, interni al
vecchio Continente e dai Paesi extra-comunitari. Qui il Natale sarà vissuto anche
nel segno dell’accoglienza. Ancora Luigi Geninazzi:
“Credo
che il Natale possa essere davvero la festa dell’accoglienza, proprio perché apre
ad un dialogo culturale, al posto dello scontro di civiltà”.