I vescovi iracheni: “Il Natale è momento di speranza per tutto il Paese”
Il Natale rappresenta “un momento di festa e di condivisione per tutto il Paese”.
Si intravedono “piccoli segnali di speranza” per la comunità cristiana, ancora oggi
vittima di “sofferenze e discriminazioni”. È quanto espresso ad AsiaNews da alcuni
vescovi iracheni alla vigilia delle festività natalizie. “Il ministero degli Interni
ha organizzato una festa – sottolinea mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk – il
cui scopo era di premiare quanti si sono battuti per il dialogo interreligioso e hanno
portato avanti iniziative di pace; un gesto di solidarietà verso i cristiani e un
invito a fare ritorno in Iraq”. La festa si è svolta sabato nella capitale, il primo
evento pubblico legato al Natale, e ha visto la partecipazione di moltissimi bambini
in compagnia delle loro famiglie. Giudizi positivi arrivano anche da mons. Shlemon
Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, secondo il quale si tratta di un “primo passo
incoraggiante”, ma ribadisce che ciò che conta sono “i fatti concreti, a partire dal
rispetto dei diritti dei cristiani, violati in troppi casi”. “Il governo invita gli
esuli a tornare – continua mons. Warduni – e questo è un bene. Restano però molti
elementi irrisolti: la cancellazione dell’art. 50 dalla legge elettorale che lede
i diritti delle minoranze, la mancanza di opportunità di lavoro per i cristiani, ancora
oggi discriminati nell’ambito professionale”. Mons. Rabban Al Qas, vescovo di Ammadiya
ed Erbil, racconta di un “clima festoso” fra i fedeli della sua diocesi e annuncia
la diffusione in diretta televisiva della messa di Natale da parte della TV curda:
“Un messaggio di pace – racconta il vescovo – per tutta la comunità, con un pensiero
particolare a quanti stanno ancora soffrendo”. Per i vescovi ai tempi del dittatore
era forse più “facile festeggiare”, ma pur in mezzo ad atroci sofferenze “la speranza
del messaggio cristiano che si rivela in un Bambino ha un valore ancora più forte
oggi”. “Ai tempi di Saddam vi erano molte più restrizioni alla libertà – sottolinea
mons. Sako – e questo controllo serrato del governo garantiva maggiore sicurezza alla
comunità cristiana durante le celebrazioni. Oggi, però il Natale acquista un significato
maggiore perché rappresenta anche un rito di conversione. Oggi è viva l’attesa per
un cambiamento”. Una libertà di pensiero maggiore è ribadita infine da mons. Rabban
al Qas e testimoniata dalla presenza di 33 canali televisivi privati, un fatto “impensabile
ai tempi del regime”. “Certo – denuncia il prelato – è altrettanto evidente una sofferenza
maggiore per la comunità cristiana, ma sono ottimista, perché proseguendo su questo
cammino si raggiungeranno democrazia e libertà”. (V.V.)