2008-12-22 08:37:12

Convegno in Vaticano per il Sahel


Impegno sociale e interessi imprenditoriali si possono conciliare e quando avviene, ne nascono frutti evidenti ed abbondanti. E’ questa una delle conclusioni emerse dal convegno dal titolo “Oltre la crisi, la speranza: aziende per il Sahel con progetto di Civiltà dell’Amore”, promosso in Vaticano dal Comitato di Collegamento di Cattolici per una civiltà dell’Amore, per sensibilizzare le aziende ai progetti di sviluppo e cooperazione rivolti soprattutto ai Paesi sottosviluppati. Un percorso iniziato un anno fa, quando il Comitato ha iniziato una proficua collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, presso il Pontificio Consiglio Cor Unum, rivolgendo poi il suo impegno alle esigenze dell’Africa. Roberto Piermarini ha chiesto al dottor Guido Giannini di Cor Unum e all’ingegner Giuseppe Rotunno, segretario generale del Comitato di Collegamento di Cattolici per una Civiltà dell’Amore, se si possono conciliare impegno sociale per le popolazioni più povere e interessi imprenditoriali:RealAudioMP3

R. – Certamente, è possibile perché è stato dimostrato sul campo da tanti imprenditori che a livello personale hanno incominciato a fare questi interventi e a vivere pienamente questa doppia funzione, senza necessariamente andare nel Sud del mondo ma già da qui. E abbiamo potuto vederlo direttamente con questa iniziativa di aziende per il Sahel, dove imprenditori – per esempio, l’Artigiancassa, che è del Gruppo Bnl – hanno già da anni avviato una sorta di collaborazione per creare microimprese di lavoro proprio nell’area subsahariana, con grande successo locale e grande soddisfazione, qui, per le aziende.
 
D. – Giannini, qual è l’obiettivo principale di questi progetti di sviluppo che hanno preso il via circa un anno fa?
 
R. – Prima di tutto, il favorire la costituzione di aziende locali con responsabili e personale locale, e incoraggiando la formazione di una adeguata forza lavoro che possa concorrere alle finalità della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, istituita – come si sa – dal Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II nel 1984 e che nel prossimo febbraio celebrerà il suo 25.mo.
 
D. – Perché il progetto si concentra proprio nella zona africana del Sahel?
 
R. – Primo, perché è la zona più povera del mondo per via della siccità, e quindi è la sfida più grande per l’Occidente industrializzato, chi può offrire uno sviluppo sostenibile, adeguato, rispettoso delle persone e dell’ambiente, deve misurarsi nel Sahel. Poi, perché nel Sahel abbiamo la Fondazione Giovanni Paolo II che è stata la grande scommessa del Santo Padre e dove noi, adesso, stiamo vedendo che è la terra d’origine di tante carovane di emigrati che, disperati, proprio, in quella siccità e in quella miseria, cercano lavoro in Europa e nel Nord del mondo.
 
D. – Ingegner Rotunno, dal convegno sono emersi i rischi che corrono i Paesi più poveri della terra a causa della crisi finanziaria che ha colpito il mondo?
 
R. – Certo. Dal convegno sono emerse queste preoccupazioni anche nel messaggio di ringraziamento che la Fondazione Giovanni Paolo II ci ha mandato; ma circondato dalla grande preoccupazione che con questa crisi il Sud del mondo e il Sahel possono essere abbandonati da noi. Questo abbandono è da evitare nel modo più assoluto, proprio per le nostre aziende, perché se le nostre aziende tagliano i ponti con il futuro che viene da queste nuove terre, è un danno innanzitutto per noi. Quindi, bisogna evitare che questo ponte di collegamento tra aziende e aree di sviluppo non solo non venga interrotto, ma venga proprio adesso, nel pieno della crisi, intensificato come priorità per uscire dalla stessa crisi globale.
 
D. – Ingegner Rotunno, cosa si prefigge il Comitato di Collegamento di Cattolici per una Civiltà dell’amore?
 
R. – Fare progetti di civiltà dell’amore: nel Sahel è una misura grande di progetti, per noi Civiltà dell’amore, perché non riguarda solamente il settore economico o del lavoro di questa gente, ma riguarda anche il discorso ambientale, perché bisogna rilanciare questa dimensione; riguarda anche il discorso delle famiglie, a cui offrire un’alternativa, appunto, all’emigrazione forzata; va inserito il discorso delle nuove risorse di quelle popolazioni, di quelle civiltà che sono state nel passato e che oggi possono rinverdire. Quindi, Civiltà dell’amore che comprende tanti aspetti di sviluppo e di futuro per loro e per noi, è l’obiettivo che il nostro Comitato si prefigge insieme ai missionari sul posto.
 
D. – Dr. Giannini, cosa può nascere ora?
 
R. – Diciamo da queste finalità del Comitato nasce anche quella collaborazione che si è instaurata da qualche tempo. Conosciamo il Comitato Civiltà dell’amore ormai da circa 15 anni: Civiltà dell’amore sorge un po’ sulla scia della civiltà dell’amore promossa da Papa Paolo VI che fu fondatore anche del Pontificio Consiglio “Cor Unum”. E nell’attuale contesto economico, finanziario e politico posso dire che quella profetica visione di Paolo VI è tutt’ora valida. Non vedo altra soluzione alla crisi che non l’istaurarsi di una civiltà dell’amore in cui forza lavoro, imprenditori e tutta la società civile si mettano insieme e si diano una mano perché le cose possano procedere con la maggiore giustizia e solidarietà possibili.
 
Tutte le aziende, gli imprenditori e gli operatori bancari che vogliono collaborare alla realizzazione dei progetti per il Sahel, possono rivolgersi a: Comitato di Collegamento di Cattolici per una Civiltà dell’Amore, tel. 06.79.35.0412







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