Colombia: le Farc promettono il rilascio di altri sei ostaggi
E’ programmato per i prossimi giorni, ai primi di gennaio, il rilascio di altri 6
ostaggi da parte delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Lo ha
comunicato una nota del movimento guerrigliero, dopo che nei giorni scorsi l’ex senatrice
franco-colombiana Ingrid Betancourt - che ha passato oltre sei anni nelle mani delle
Farc ed è tornata in libertà il 2 luglio - aveva lanciato un appello ai combattenti
perché prendessero ''la decisione di fuggire con diversi ostaggi, compagni di prigionia,
per ridare loro la libertà''. Sul significato dell’annuncio delle Farc, Giada Aquilino
ha intervistato Silvia Elena Ayon, responsabile dell’Ufficio progetti del Movimento
Laici America Latina:
R. – E' una
situazione che ci lascia un po’ perplessi, ma anche con un poco di speranza. Presto
lo vedremo, nel senso che da una parte si dice che stanno per liberarli, ma dall’altra,
due giorni fa, sono state sequestrate ancora altre persone. Quindi, è una situazione
che sembra non finire. Comunque, secondo noi le negoziazioni, si può dire, sono già
a buon punto.
D. – C’è una nuova strategia con il
cambio al vertice, dopo la morte del leader guerrigliero Marulanda, sostituito da
Alfonso Caño?
R. – Sicuramente si sono indeboliti.
Dobbiamo parlare anche della situazione di altre zone, dove molti ragazzi sono reclutati
dall’esercito, ed anche eliminati. Li prendono come terroristi, ma poi vengono giustiziati
vicino alla frontiera con il Venezuela. In parte sono colpevoli i paramilitari, ma
anche l’esercito.
D. – In questi anni di impegno
del Mlal in Colombia, come avete visto cambiare il Paese? Che Paese è oggi la Colombia?
R.
– Ci sono grandi cambiamenti. La Colombia in parte ha una situazione macroeconomica
abbastanza stabile, a differenza di altri Paesi dell’America Latina, ma ovviamente
la crisi economica degli ultimi anni si sta vedendo. Dal punto di vista dei diritti
umani, ci sono ancora molte cose da fare, ci sono grandissimi impegni che la società
civile sta proponendo, con il governo, che mostrano come il Paese possa trovare una
via di uscita.
D. – Quali progetti avete in Colombia?
R.
– Noi abbiamo un progetto di miglioramento delle condizioni di vita per la popolazione
“emigrata”, in una zona vicino a Bogotà. E’ un progetto di cui beneficiano 3 mila
persone e che dà opportunità ai giovani di reinserirsi in un processo di sviluppo
locale. E’ un progetto costato moltissimo ma che ha cambiato molto la vita delle persone,
che ha dato opportunità di lavoro, attraverso le iniziative di microcredito. Si è
fatta formazione su tutti i temi dei diritti. La cosa più importante, il cambiamento
che ha portato questo progetto, è l’incidenza nella politica pubblica. Noi sentiamo
che l’organizzazione della società civile in Colombia adesso è più forte, si fa sentire,
fa delle proposte e crea anche tutta una rete di sostegno, di appoggio per una visione
molto, molto equilibrata e bilanciata.