Aiuti Usa al settore auto. Sale la disoccupazione in Cina
La Casa Bianca ha annunciato lo stanziamento immediato di 17,4 miliardi di dollari
a sostengo delle case automobilistiche. Il neo presidente eletto Obama ha promesso,
inoltre, un consistente piano di rilancio per l’economia reale americana. Questo non
è però servito a dare fiducia alle borse mondiali che ieri hanno chiuso in negativo,
soprattutto a causa del crollo delle quotazioni del petrolio scese intorno ai 33 dollari
al barile. Senali negativi arrivano intanto anche dall’economia britannica e cinese.
Il servizio di Marco Guerra:
Boccata di
ossigeno per il settore dell’auto statunitense sull’orlo del fallimento. Dopo il no
del senato, il presidente Bush ha trovato un compromesso sull’erogazione di prestiti
per 17.4 milioni di dollari, che consentiranno la sopravvivenza di Chrysler e General
Motors almeno fino a marzo. I prestiti dovranno essere restituiti dalle case automobilistiche
se entro il 31 di marzo non avranno dimostrato di essere in grado di risanare le loro
attività. E mentre si vara il salvataggio di Detroit, il presidente americano eletto,
Barack Obama, ha avviato discussioni con i leader democratici del Congresso per definire
un piano di rilancio di tutta l’economia reale da 850 miliardi di dollari. La cifra
record, che supera quella del pacchetto di aiuti al sistema bancario,
include almeno 100 miliardi da destinare al governo degli Stati per coprire la spesa
sanitaria e 350 miliardi di dollari di investimenti in infrastrutture ed energie
alternative. E sulla scia dei fondi sbloccati dagli Stati Uniti, anche il governo
inglese potrebbe concedere un prestito per permettere alla Jaguar Land Rover di far
fronte alla crisi. Intanto, in Gran Bretagna, si ricorre alla sosta forzata per almeno
500 mila aziende. Per tagliare i costi, milioni di lavoratori britannici resteranno
a casa per tutte le festività. Sono invece 670 mila le aziende cinesi definitivamente
chiuse a causa della crisi. Pechino ieri ha poi stimato la perdita di oltre 6 milioni
posti di lavoro, parlando di situazione “molto più grave” di quella mostrata dalle
statistiche ufficiali.
Afghanistan In Afghanistan,
quattro soldati della Nato hanno perso la vita in due distinti attentati. Tre danesi
sono rimasti uccisi e un altro ferito, nella provincia di Helmand, a seguito dell’esplosione
di una bomba contro il veicolo sul quale viaggiavano. Sempre a causa di un’esplosione,
un militare olandese è morto nel corso di combattimenti contro i talebani nella provincia
di Uruzgan. Intanto, secondo fonti giornalistiche iraniane, il leader dei talebani,
Mullah Omar, ha consegnato al re saudita Abdullah una proposta di pace con il governo
di Hamid Karzai, che prevede la sostituzione delle forze militari straniere con un
contingente di soldati provenienti da Paesi islamici. Grazie alla mediazione della
monarchia saudita, lo scorso ottobre si erano incontrati a Riad esponenti del governo
afghano e del movimento dei talebani per definire la possibilità dell'avvio di negoziati
di pace. Nato- Russia Si terrà a metà gennaio la prima riunione informale
del Consiglio Nato-Russia, a livello di ambasciatori. Lo ha annunciato ieri a Bruxelles
il rappresentante di Mosca presso l’Alleanza atlantica, Dmitri Rogozin, dopo un incontro
col segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer. Intanto il Cremlino ha
fatto sapere di essere pronto ad abbandonare lo sviluppo di nuove armi, se Washington
cambierà la propria linea sullo 'scudo' di difesa missilistica in Polonia e nella
Repubblica Ceca. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
“Se gli americani
rinunceranno a dislocare lo scudo spaziale in Europa centrale, noi sospenderemo tutta
una serie di progetti per l’ammodernamento degli arsenali”. Questa la proposta del
generale Nicolai Solovtsov, capo delle truppe missilistiche strategiche. Mosca e Washington
si stanno preparando a discutere del rinnovo del trattato Start-1 sulla riduzione
delle armi strategiche, in scadenza nel dicembre 2009; questa settimana le delegazioni
incaricate di importare il negoziato per lo Start, si sono incontrate a Mosca e sono
emersi non pochi problemi di partenza. A Bruxelles, intanto, il segretario della Nato
Jaap de Hoop Scheffer, ha incontrato a colazione il rappresentante russo Ragosin;
questi incontri servono per capire come cominciare contatti formali dopo lo strappo
della guerra d’agosto in Georgia.
Belgio La
crisi della banca Fortis e la sua vendita al colosso francese Bnp-Paribas travolgono
il governo belga di Yves Leterme, che ieri ha presentato le dimissioni al re Alberto
II. La decisione è avvenuta subito dopo che il presidente della Corte di cassazione
ha accusato l’esecutivo di aver fatto pesanti pressioni sulla Corte d'Appello nel
tentativo di impedirle di accogliere il ricorso di 2.200 piccoli azionisti contro
la vendita di Fortis al gruppo bancario francese. Una recente sentenza della giustizia
belga aveva infatti 'congelato' l'operazione Fortis-BnpParibas, perchè non erano stati
consultati gli azionisti della banca belga-olandese. Intanto, la Casa reale si è riservata
di rispondere e ha cominciato immediatamente le sue consultazioni. Il governo Leterme
è già stato, nei mesi scorsi, sull'orlo di una crisi per non aver saputo dirimere
i contrasti, linguistici e di riforma dello Stato, che oppongono il nord fiammingo,
che spinge per una maggiore autonomia, e il sud francofono del Paese. In autunno,
la crisi politica era quindi passata in secondo piano di fronte a quella economico-finanziaria,
quando Leterme, con inaspettato decisionismo, era riuscito a trovare una soluzione
per due istituti di credito del Paese, Dexia e Fortis. Italia politica La
questione morale è tornata ormai da giorni ad occupare le pagine della politica italiana,
tanto che si parla di una nuova Tangentopoli. Stavolta le inchieste giudiziarie riguardano
amministrazioni locali governate dal centrosinistra. Ieri al direttivo del Partito
democratico il segretario Veltroni ha detto: o innoviamo o falliremo. Da parte sua
il premier Berlusconi insiste sulla necessità della riforma della giustizia. Il servizio
di Giampiero Guadagni:
Intercettazioni,
avvisi di garanzia, arresti, interrogatori. Ricalca la sceneggiatura di 16 anni fa
il brutto film su politica e affari proiettato in questi giorni. Stavolta le indagini
si concentrano su regioni guidate dal Partito democratico: Abruzzo, Campania, Basilicata.
Ieri Veltroni ha riunito la direzione e ha provato a dare una scossa ai suoi: il Pd,
ha detto, non è ancora quello immaginato dai suoi fondatori al momento della nascita.
Ma le condizioni per il rilancio ci sono e sarebbe un suicidio tornare alle proprie
case di partenza. Su questo c’è larga condivisione, messa nera su bianco nel documento
approvato quasi all’unanimità. Restano però letture diverse su questioni di fondo.
Ad esempio, D’Alema ha affermato che per il Pd la questione morale nasce non dalle
vicende giudiziarie ma da debolezza politica: siamo un amalgama sin qui malriuscita,
ha detto il presidente Pd. C’è poi il tema alleanze, esploso dopo il voto in Abruzzo
che ha registrato una consistente flessione del Pd e una altrettanto forte avanzata
dell’Italia dei Valori. Siamo due opposizioni diverse, ha sottolineato Veltroni, per
il quale comunque il Pd non può vincere da solo. Non è allora passata la mozione
Follini che chiedeva di rompere l’alleanza con il partito di Di Pietro. Il quale commenta
a distanza: parlando di due opposizioni diverse, Veltroni si condanna ad una sconfitta
eterna. C’è poi il capitolo dei rapporti con il Governo Berlusconi. Il Pd è disponibile
al confronto sulla riforma della giustizia a condizione che non sia contro magistrati
o avvocati. Ma, aggiunge Veltroni, il Pd non può accettare lezioni morali dal premier
che ha scelto di fronteggiare le proprie situazioni con leggi ad personam. La risposta
di Berlusconi è a stretto giro di posta: con questo Pd non si può fare nulla assieme.
Ma nei due schieramenti sono in molti a muoversi per tenere aperto il canale del dialogo.
Il banco di prova sarà proprio la riforma della giustizia che, come annunciato dal
presidente del Consiglio, sarà all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri dopo
le festività natalizie. E sarà immediatamente presentata all’esame del Parlamento.
Nigeria La
polizia nigeriana e l'esercito sono coinvolti in oltre 90 uccisioni arbitrarie in
reazione agli scontri fra cristiani e musulmani nella città di Jos, avvenuti a fine
novembre. A denunciarlo oggi la ong statunitense, Human Rights Watch. Gli scontri
sono scoppiati dopo una contestata elezione locale, vinta dal Partito democratico
del popolo. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 355 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.