Dibattito sull’Istruzione “Dignitas personae”: intervista con Maria Luisa Di Pietro
Prosegue il dibattito sull’Istruzione “Dignitas personae” su alcune questioni di bioetica,
pubblicata venerdì scorso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. In particolare,
commenti e riflessioni hanno interessato l’aspetto della cura dell’infertilità e la
procreazione assistita. Il documento è stato accusato da alcuni di dare troppi divieti.
Ma in realtà, come ribadisce al microfono di Federico Piana la dottoressa Maria
Luisa Di Pietro, presidente dell’Associazione "Scienza & Vita", il suo impianto
fondamentale è positivo:
R. – Il documento
parte da tanti “sì” ed uno di questi “sì” è proprio il ribadire i valori specificamente
umani della sessualità che appunto, come dice il documento, esigono che la nascita
di una persona debba essere perseguita come il frutto dell’atto coniugale specifico
dell’amore tra gli sposi. Quindi, ovviamente, il luogo, l’ethos della chiamata all’esistenza
di un nuovo essere umano, è appunto l’atto coniugale. Ovviamente, si riconosce che
in alcune situazioni ci possono essere difficoltà per il concepimento. Quindi si esprime
un grande “sì” a tutte quelle forme che possono essere di aiuto alla coppia per rimuovere
ostacoli di tipo funzionale che impediscono una procreazione all’interno dell’atto
coniugale o interventi successivi di completamento all’atto coniugale stesso. Ripartendo,
quindi, questo riconoscimento dei valori specificamente umani della sessualità e della
procreazione.
D. – Nel documento, ci sono indicazioni
per quelle coppie che soffrono per l’impossibilità di avere un figlio…
R.
– Da sempre la Chiesa riconosce la grande sofferenza da parte della coppia che non
può avere un bambino. E allora c’è l’invito a riscoprirsi fecondi. Che cosa vuol dire
riscoprirsi fecondi? La fertilità è un fatto biologico, la fecondità è una disposizione
dello spirito; uno può vivere la propria paternità e la propria maternità anche senza
avere un figlio proprio.
D. – E proprio in questo
senso, il documento incoraggia le adozioni…
R. – Infatti,
al numero 13, dice che è auspicabile incoraggiare e promuovere la procedura dell’adozione
di molti bambini orfani. Naturalmente, è importante la frase successiva che dice che
hanno bisogno per il loro adeguato sviluppo umano, di un “focolare domestico”. Perché
questa frase? Perché praticamente viene evidenziato il ruolo dell’adozione che è centripeta
nei confronti del bambino. Ciò significa che mentre il punto di partenza delle tecniche
di fecondazione artificiale è l’ottenimento di un figlio e la centralità è nella coppia,
certamente, nel caso dell’adozione il capovolgimento culturale è che si tratta di
un servizio ad un bambino. Un bambino che c’è già e cha ha bisogno di un “focolare
domestico”.