Il ricordo in Vaticano del 60.mo della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Intervista con Juan Somavia sulla crisi economica mondiale
“Un altissimo punto di riferimento del dialogo interculturale sulla libertà e sui
diritti dell’uomo”: così ieri sera il Papa ha definito la Dichiarazione Universale
dei Diritti dell’uomo, a conclusione di un concerto in Aula Paolo VI nell’ambito di
un pomeriggio commemorativo dei 60 anni della Carta, organizzato in Vaticano. “Quando
viene meno il riconoscimento del diritto alla vita e alla libertà religiosa, anche
il rispetto per gli altri diritti vacilla”, ha affermato nel suo intervento il cardinale
segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Il servizio di Paolo Ondarza: “Un
altissimo punto di riferimento del dialogo interculturale sulla libertà e sui diritti
dell’uomo”: questo è ancora oggi, secondo Benedetto XVI, la Dichiarazione Universale
dei Diritti Umani. Parlando al termine di una cerimonia commemorativa in Aula Paolo
VI il Papa ha ricordato che denominatore comune a tutti gli uomini è la “legge naturale,
guida universale che tutti possono conoscere e sulla base della quale tutti possono
intendersi”. I diritti fondamentali - ha aggiunto - sono fondati in Dio creatore.
Senza questa solida base etica, rimangono fragili perché privi di solido fondamento.
Il Santo Padreha poi notato come oggi, a 60 anni dalla Dichiarazione, ancora
molto resti da fare:
“Centinaia di milioni dei nostri fratelli e
sorelle vedono tuttora minacciati i loro diritti alla vita, alla libertà, alla sicurezza.
Non sempre è rispettata l’uguaglianza tra tutti, nella dignità di ciascuno, mentre
nuove barriere sono innalzate per motivi legati alla razza, alla religione, alle opinioni
politiche o ad altre convinzioni”.
Quindi l’appello:
“Non
cessi, pertanto, il comune impegno a promuovere e meglio definire i diritti dell’uomo
e si intensifichi lo sforzo per garantirne il rispetto”.
“Rispettare
i diritti umani” - ha detto aprendo la commemorazione in Vaticano il cardinale segretario
di Stato, Tarcisio Bertone - vuol dire contrastare “quel degrado che in tante nostre
società ha interesse a mettere in discussione l’etica della vita e della procreazione,
del matrimonio, come dell’educazione, introducendo unicamente una visione individualistica
su cui arbitrariamente costruire nuovi diritti non meglio precisati nel contenuto
e nella logica giuridica”. Difendere i diritti umani vuol dire non confonderli con
semplici e spesso limitati bisogni contingenti.
“E’ l’universalità della
persona il criterio che fornisce ai diritti umani la caratteristica di essere universali,
così da evitare applicazioni parziali o visioni relative. La mancata tutela dei diritti
umani, che spesso si evidenzia nell’atteggiamento di tante istituzioni, è il frutto
della disgregazione dell’unità della persona”.
Oggi strutture economiche
non rispondenti al valore dell’uomo - ha continuato il cardinale Bertone - portano
a dimenticare che la cifra della famiglia umana è la solidarietà:
“Ci
si chiede, allora, se non si tratti piuttosto di un abbandono della visione della
persona che da soggetto è diventata sempre più un oggetto dell’agire economico, spesso
ridotta a rivendicare i soli diritti legati alla sua funzione di consumatore”.
Tra
i diritti - ha detto il porporato ricordando la visione della Chiesa - non esiste
una gerarchia. “Tutti si sostengono insieme. Chi è sensibile al tema dei diritti non
può disinteressarsi di quello alla vita, né al diritto alla libertà religiosa”:
“Quando
viene meno il riconoscimento del diritto alla vita e del diritto alla libertà religiosa,
anche il rispetto degli altri diritti, vacilla”.
Ma talvolta la libertà
religiosa - ha constatato il cardinale Bertone - viene interpretata come libertà di
culto o elemento appartenente alla sfera privata, sempre più sostituita da un imprecisato
“diritto alla tolleranza”:
“E’ un dato di tutta evidenza che il fatto
religioso abbia un’influenza diretta nello svolgersi della vita e della comunità internazionale.
Questo, nonostante si percepiscano sempre di più tendenze che sembrano voler escludere
la religione dalla costruzione dell’ordine sociale, pur nel pieno rispetto del pluralismo
che contraddistingue la società contemporanea”.
La Dichiarazione del
1948, ha concluso il cardinale Bertone, è un punto di arrivo, ma anche di partenza:
oggi è infatti chiamata a difendere la libertà e le sue regole ma anche ad impedire
che esse possano degenerare nella negazione del primato dell’essere umano.
Nel
corso della cerimonia in Vaticano culminata nel concerto diretto dalla musicista spagnola
Inma Shara la consegna all’ex presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa,
Cornelio Sommaruga, del premio 2008 alla memoria del cardinale vietnamita, François-Xavier
Nguyên Van Thuân.
Tra le personalità internazionali
presenti ieri in Aula Paolo VI c’era il direttore generale dell’Ufficio internazionale
del lavoro delle Nazioni Unite, Juan Somavia. La collega della redazione ispanoamericana
della nostra emittente, Patricia Jauregui, gli ha chiesto una riflessione sull’attuale
crisi economica mondiale, in particolare quanto tempo ci vorrà per arrivare ad una
soluzione: R.
- Cuanto nos vamos ... Quanto tempo ci metteremo non lo sappiamo. Però,
dietro alla crisi ne abbiamo un’altra, una mondializzazione ingiusta, una mondializzazione
che ha avuto risultati molto differenti e che ha creato molta disuguaglianza nel mondo,
che ha colpito ormai l’ambiente in un modo impressionante. E di conseguenza, il rischio
più grande è che tutti si concentrino sul fatto di voler rilanciare l’economia e i
consumi e che in due o tre anni ci si illuda dicendo: “Fantastico, abbiamo risolto
la crisi”, e che poi, in realtà, si continui a stare come prima. E prima non stavamo
bene.
D. - Esiste un nuovo programma per ridurre
questa crisi economica da parte dell’Organizzazione internazionale del lavoro?
R.
- Mire, nosotros lo que estamos... Noi stiamo insistendo perchè i Paesi
si concentrino senza dubbio nel rivitalizzare l’economia, facendo, però, in modo che
la protezione sociale sia un elemento importante. Approfittiamo, se ci sono da fare
degli investimenti, perché vadano in una direzione che protegga l’ambiente. Assicuriamoci
che i fondi arrivino alle imprese che realmente creano occupazione. La gente si chiede
dove siano i soldi che prestano le banche - ma in realtà le banche non stanno prestando
soldi - e si chiede cosia sia successo. Si parla di milioni e milioni di dollari e
le persone si chiedono: “Ma quando qualche anno fa chiedevamo cifre inferiori per
affrontare la povertà, per l’ambiente, per la sicurezza sociale, allora non c’erano
soldi”. Per quanto riguarda questa preoccupazione generalizzata, credo che il compito
dell’Organizzazione internazionale del lavoro debba essere orientato verso le necessità,
verso quello che la società e la gente sta chiedendo, perché abbiano un’opportunità
di lavoro decente. So che la cosa è molto complessa, però bisogna dare questa opportunità.
Non si dimentichi che non si risolve la crisi esclusivamente dal punto di vista finanziario
o forse con un pò più di crescita. La gente ci chiede di preoccuparci del lato umano.
D.
- In un mondo dove il lavoro, che dà dignità alla vita di tutti, scarseggia sempre
più, esistono rapide alternative per dare una soluzione al problema...
R.
- Inversion en infrastructuras... Investimento nelle infrastrutture, investimento
nell’ambiente, investimento in tutto ciò che ha a che fare con il lavoro comunitario,
in tutto ciò che ha a che fare con la salute. Tutte queste cose sono possibili e creano
lavoro.
D. - Nel 2009, l’Organizzazione internazionale
del lavoro compie 90 anni di vita. Arriverà mai a sradicare il flagello della disoccupazione?
R.
- Esta es una tarea costante… Questo è un lavoro costante. Pretendere di
dire “è molto facile, non preoccupatevi, aggiusteremo tutto” non è possibile. E’ una
questione invece molto complessa, molto difficile, e gli interessi che comandano il
mondo non necessariamente sono orientati a risolvere questi problemi. Ma, d’altra
parte, la crisi è una opportunità, e la gente si sta rendendo conto che voci come
quella dell’Organizzazione internazionale del lavoro, della Dottrina sociale della
Chiesa, i valori della Dichiarazione universale dei diritti umani indicano che abbiamo
delle alternative, che abbiamo modi differenti di vedere come indirizzare la politica
economica, sociale e ambientale e che questi modi diversi di inquadrare il problema
sono migliori di quelli attuali.
“I diritti umani esprimono
l’unità della creatura umana, della sua aspirazione proiettata contemporaneamente
a soddisfare i bisogni essenziali ed a consentire le sue libertà, le sue relazioni,
i suoi valori spirituali”: è quanto ribadito ieri dall’arcivescovo Celestino Migliore
alla sessione commemorativa dell’Assemblea generale dell’Onu per il 60.mo della Dichiarazione
universale i diritti dell’uomo. Questo documento, ha sottolineato l’Osservatore permanente
della Santa Sede al Palazzo di Vetro, mostra chiaramente che i diritti umani dei quali
si chiede applicazione e tutela, “non sono solo un’espressione della dimensione della
legalità, ma trovano la loro radice e la loro finalità nell’etica e nella ragione
naturale comune a tutti gli uomini”. Mediante quella proclamazione, ha aggiunto, “l’intera
famiglia umana ha affermato che il rispetto dei diritti è frutto della giustizia ed
è garanzia di pace”.
Il presule ha, quindi, ricordato l’intervento all’Onu
di Benedetto XVI, il 18 aprile scorso. Un discorso nel quale il Papa “ha legato i
diritti umani e la loro protezione a due obiettivi fondamentali: la promozione del
bene comune e la salvaguardia della libertà umana”. Dall’azione dell’ONU, è stata
la sua riflessione, “cogliamo quanto l’idea del bene comune sia condizione essenziale
per assumere efficaci decisioni in ordine alla sicurezza, alla cooperazione allo sviluppo,
come pure alla speciale azione di carattere umanitario che sempre più l’Organizzazione
è chiamata ad attuare di fronte a eventi e situazioni che compromettono gravemente
la persona, la sua dignità e quindi i suoi diritti”. La prima violazione dei diritti,
ha affermato mons. Migliore, è “la mancanza di condizioni di vita considerate essenziali”.
E qui ha spronato la comunità internazionale a far sì che i diritti non siano solo
un richiamo retorico.
Tali diritti, ha rilevato, sono il frutto di gesti responsabili,
“necessari in un mondo che dispone di mezzi adeguati, di strutture specializzate per
porre fine allo scandalo della fame e della povertà, per garantire una sicurezza che
non sia violata e derisa, per salvaguardare la vita in ogni suo momento”. Mons. Migliore
non ha mancato di dedicare una parte del suo intervento al diritto alla libertà religiosa,
che è “insieme individuale e comunitaria”. Tale libertà, ha aggiunto richiamando la
Dichiarazione, “non contrappone la dimensione del cittadino e quella del credente,
riconoscendo piuttosto la piena libertà del rapporto tra la persona e il suo Creatore”.
(A cura di Alessandro Gisotti)
E di questo importante anniversario ha
parlato stamani anche il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace, il cardinale Renato Raffaele Martino, ad una sessione di studio dell’Università
Europea di Roma, poco prima di presentare nella Sala Stampa della Santa Sede il Messaggio
di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2009. La radice e il fondamento
dei diritti dell’uomo, ha affermato, è da ricercare nella dignità che appartiene ad
ogni essere umano, al di là della mera volontà degli uomini, della realtà statale,
dei pubblici poteri, che hanno bensì il compito di riconoscerli, rispettarli, tutelarli
e promuoverli. Oltre al fondamento trascendente dei diritti umani, il porporato ne
ha posto in rilievo la indivisibilità, ribadendo il diritto alla libertà religiosa
come fonte degli altri diritti (alla vita, all’integrità fisica, ai mezzi di sussistenza,
alla sicurezza, alla libertà), perché la persona umana nella sua apertura a Dio e
nella comunione con Lui realizza e accresce in modo eccelso la sua libertà e responsabilità,
ossia quella dignità che è il fondamento stesso dei diritti.
Inoltre, il diritto
allo sviluppo integrale, il diritto all’uso dei beni che risultano essere specificazione
del diritto alla vita sono prioritari ad altri diritti, compreso il diritto di proprietà.
Ciò vuol dire che la pratica attuazione di questi ultimi non deve contrastare la realizzazione
della destinazione universale dei beni e dev’essere una concretizzazione particolare
del diritto all’uso dei beni stessi. Il cardinale Martino all’Università Europea di
Roma ha anche riaffermato l’universalità dei diritti umani: essi infatti appartengono
all’uomo in quanto persona, ad ogni persona e a tutte le persone, uomini o donne,
ricchi o peri, sani o ammalati. E ciò che pretendo per me non posso non riconoscerlo
a chiunque altro, anche se malato mentale grave o un bambino non ancora nato. La dignità
umana non può essere distrutta, quale che sia la condizione di miseria, di disprezzo,
di emarginazione, di malattia, a cui un uomo può trovarsi ridotto. L’opzione preferenziale
dei poveri, propria della Chiesa, lungi dall’essere un segno di particolarismo o di
settarismo, postula e rivendica l’uguaglianza in dignità di tutti gli uomini. (A
cura di Paolo Scappucci)