Legge sull'eutanasia in Lussemburgo: intervento di mons. Fisichella
In questi giorni il Parlamento del Lussemburgo si sta apprestando a votare la legge
sulla depenalizzazione dell’eutanasia. Una legge che lunedì scorso il Granduca Henry
si è rifiutato di firmare, per ragioni di coscienza. Di fatto, quando questa legge
sarà approvata, in quanto il premier Junker ha proposto di emendare la Costituzione
per superare il potere di veto del sovrano, il Paese entrerebbe nel novero delle poche
nazioni europee che hanno accettato l’eutanasia. In proposito il presidente della
Pontificia Accademia per la Vita, l’arcivescovo Rino Fisichella, ha scritto un editoriale
sulle pagine del quotidiano della Cei “Avvenire”. Il servizio di Roberto Piermarini.
Innanzitutto
"paradossalmente a nessuno sfugge una profonda contraddizione" in quanto mentre nel
Parlamento lussemburghese si segna il passaggio all’eutanasia, parallelamente "viene
discussa un’altra legge sulle cure palliative. Da una parte si tende la mano al paziente
in stato terminale evitandogli giustamente ogni sofferenza – sottolinea Mons. Fisichella
– e con l’altra si arma il colpo fatale con l’inserimento dell’eutanasia come soluzione
finale”. “La vita non è un contenuto negoziabile – spiega il presidente della Pontificia
Accademia per la Vita. Essa, nonostante qualsiasi legge degli uomini, rimarrà sempre
fondata su quel principio di indisponibilità che nessuna azione politica può attentare
nella sua inviolabilità e sacralità”.
Mons. Fisichella
dopo aver fatto riferimento all’Enciclica “Evangelium vitae” di Giovanni Paolo II
nella quale si afferma che “l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente
è sempre gravemente immorale”, riprende la Nota dottrinale della Congregazione per
la Dottrina della Fede riguardo l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita
politica quando afferma che: “Quanti sono impegnati direttamente nelle rappresentanze
legislative, hanno il preciso obbligo di opporsi ad ogni legge che risulti un attentato
alla vita umana”. “Ogni parlamentare cattolico pertanto – scrive Mons. Fisichella
– in coscienza retta deve opporsi con il suo voto ad una legge che sostiene la legittimità
dell’eutanasia”. Parlamentare cattolico che secondo il presule “non può neppure appellarsi
al principio del ‘male minore’, secondo l’insegnamento di “Evangelium vitae” in quanto
questa legge non ha alcun valore restrittivo nei confronti di una legge precedente,
essendo la prima volta che viene affrontata dal Parlamento del Lussemburgo.
“La
dignità della persona, di ogni persona, e in qualunque situazione si trovi, soprattutto
quando è in stato di maggior debolezza, - precisa mons. Fisichella - va garantita
e difesa contro ogni tentativo più o meno larvato di compassione per condurla all’eutanasia.
Il principio di autodeterminazione a cui spesso qualcuno si richiama va compreso nella
sua giusta interpretazione. Esso può sempre e solo essere un atto con cui si sceglie
la vita, mai la morte. L’eutanasia, a dispetto della sua semantica ("dolce morte"),
è in ogni caso un’azione violenta contro la vita e un atto di sfiducia nel progresso
della scienza medica”. In questo senso “il legislatore deve saper dare prova di lucidità
e lungimiranza sapendo quanto vi è in gioco. Nessuno può pretendere di diventare arbitro
della vita e della morte”, osserva. “Una depenalizzazione nulla toglie al male oggettivo
che una simile legge contiene. L’unico emendamento valido – conclude il presidente
della Pontificia Accademia per la Vita - può essere solo la sua cancellazione”.