Pakistan: sì alla collaborazione per gli attentati di Mumbai
Il presidente pakistano, Zardari, ha “promesso” al segretario di Stato americano,
Condoleezza Rice, di “cooperare con l'India” nelle indagini sugli attentati di Mumbai.
Zardari ha promesso “azioni decise nei confronti di militanti che operano sul suolo
pachistano e contro coloro che verranno individuati come colpevoli di attacchi”. La
Rice, che si è detta “soddisfatta per le assicurazioni pakistane”, ha promesso l'aiuto
statunitense “in ogni modo” all'India e ha aggiunto che ci sono stati “colloqui responsabili
con entrambi i Paesi”. La visita oggi a Islamabad della Rice ha fatto seguito a quella
di ieri a New Delhi. Sulle scelte politiche che si trovano ora a compiere le autorità
di Islamabad, Giada Aquilino ha intervistato Elisa Giunchi, docente di Storia e Istituzioni
dei Paesi islamici all’Università degli studi di Miliano: R. - Zardari
affronta lo stesso dilemma che ha affrontato Musharraf: in questo senso, non possiamo
aspettarci risoluzioni molto rapide, nel senso che se dovesse mostrarsi eccessivamente
energico, apparirebbe ad una certa opinione pubblica interna, anche antiamericana,
eccessivamente supino agli interessi statunitensi. Se invece apparisse debole, si
alienerebbe un altro settore dell’opinione pubblica interna, soprattutto l’alleato
statunitense. Ma poi c’è da dire - ed è molto più importante: si parla di Zardari,
ma in realtà non bisogna dimenticarsi che Zardari agisce ancora sotto tutela delle
forze armate. D. - L’intelligence americana teme che, dietro
gli attentati a Mumbai, ci sia anche il progetto di un golpe in Pakistan… R.
- Le ipotesi sono tantissime e hanno tutte un qualche appiglio con la realtà. È impossibile
e non ho veramente elementi - nessuno li ha, in verità, soprattutto tra gli osservatori
esterni - per dire quale sia la pista più probabile. Io credo che un colpo di Stato,
in questa fase, sia altamente improbabile. Sarebbe probabile se fosse sfidata l’autonomia,
il potere interno delle forze armate in Pakistan, ma non è la situazione che si presenta
attualmente in Pakistan. Non vi è alcun motivo, per le forze armate, di agire, perché
continuano a controllare certi settori decisionali, quindi non hanno motivo d’intervenire
direttamente alienandosi gli Stati Uniti. D. - Il confronto
nucleare, le guerre per il controllo del Kashmir, ora la lotta al terrorismo. Come
cambiano gli equilibri geopolitici tra India e Pakistan, in questi mesi? R.
- Io mi auguro che il governo indiano abbia la saggezza di agire, sì, fermamente ma
più che altro dando spiegazioni anche sui problemi che si sono verificati a livello
di comunicazione interna, di intelligence indiana. E spero che continui il dialogo
composito che è nato da anni con il Pakistan, e che il Pakistan abbia la saggezza
di indagare da parte sua e eventualmente di agire contro persone tra le quali vi siano
delle prove concrete di coinvolgimento nei fatti di Mumbai.