2008-12-03 15:07:04

Storica firma ad Olslo della Convenzione contro le cluster bomb: il commento di mons. Tomasi


Almeno un centinaio di Paesi sono rappresentati oggi a Oslo, in Norvegia, per la firma della Convenzione che vieta l’utilizzo, la produzione, il trasferimento e lo stoccaggio delle bombe a grappolo, dopo l’approvazione del testo avvenuta il 30 maggio a Dublino. Anche la Santa Sede ha ratificato la Convenzione. Presente alla cerimonia il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, l'arcivescovo Dominique Mamberti: il presule, nel suo discorso, ha sottolineato che "l'edificio della pace è ora più saldo", anche se nel mondo "le spese militari sono purtroppo in allarmante aumento". "Questa Convenzione - ha detto - è l'espressione di una volontà politica comune di rispondere concretamente a problemi particolari mediante il rafforzamento del diritto umanitario internazionale". "Una sicurezza credibile - ha aggiunto - è non solo possibile, ma anche e soprattutto efficace quando è basata sulla cooperazione, sulla costruzione della fiducia e su un ordine internazionale giusto. Un ordine fondato sull'equilibrio della forza è fragile, instabile e fonte di conflitti". Mons. Mamberti ha lanciato quindi "un appello a tutti i Paesi, in particolare a quelli produttori, esportatori e utilizzatori potenziali di munizioni a grappolo, a unirsi ai firmatari di oggi per dire a tutte le vittime e a tutti i Paesi pesantemente colpiti da queste armi che il loro messaggio è stato udito". La Conferenza odierna segna il punto di arrivo del cosiddetto “Processo di Oslo”, un percorso negoziale che prende nome dal primo vertice globale sulle munizioni a grappolo, svoltasi nella capitale norvegese nel febbraio 2007. Ma si può parlare di un segnale di compattezza del mondo nei confronti di queste terribili armi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra:RealAudioMP3

R. – L’opinione pubblica internazionale si è trovata compatta a rispondere alla sofferenza delle vittime di queste bombe, che hanno lasciato una traccia da tanti anni in vari Paesi del mondo, e continuano a fare vittime ogni giorno. Mancano alcuni dei grandi Paesi produttori e utilizzatori di queste armi, però questo non scoraggia certamente la grande maggioranza dei Paesi del mondo che sono presenti qui, a Oslo, per firmare e alcuni anche per ratificare immediatamente questa nuova Convenzione.

 
D. – Tra i Paesi che mancano all’appello ci sono gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, Israele, India … C’è la possibilità, secondo lei, di un’inversione di tendenza dopo la firma di oggi?

 
R. – Io penso che, come risultato di questa massiccia presa di posizione della grande maggioranza degli Stati del mondo, ci sia una certa pressione morale verso i Paesi menzionati, perché magari attraverso lo strumento della Conferenza per il disarmo delle Nazioni Unite, eventualmente si possa arrivare se non ad un protocollo obbligatorio come quello attuale, firmato qui a Oslo, almeno a qualcosa di simile che porti in maniera progressiva ad una eliminazione, anche in questi Paesi, dell’uso di queste bombe a grappolo.

 
D. – Altro aspetto interessante è che per questa Convenzione è prevista la firma di pressocchè tutti i Paesi africani. Questo che cosa vuol dire, per questo continente?

 
R. – L’Africa è stata rappresentata dallo Zambia, anche se altri Paesi dell’Africa sono presenti e firmano oggi. La volontà è di eliminare dal continente questo strumento di morte, perché la preoccupazione principale che si è voluta mettere in luce attraverso questa Convenzione è l’attenzione alle vittime: non soltanto le vittime che direttamente vengono uccise, ma la famiglia, la comunità; fare in modo che l’assenza di queste bombe a grappolo possa permettere uno sviluppo più efficace nei vari Paesi. Per l’Africa questo è molto importante, ma soprattutto credo che sia importante per Paesi come la Cambogia, il Laos, il Vietnam, dove da 40 anni e più sul terreno vedono la presenza milioni di questi ordigni che continuano a fare vittime anche oggi. Non voglio, inoltre, dimenticare neppure il Libano del Sud, che continua a convivere con questo problema dopo l’ultimo conflitto con Israele.

 
D. – La Santa Sede si è impegnata fortemente per il raggiungimento di questo risultato...

 
R. – Il ruolo della Santa Sede è stato molto attivo, perché abbiamo voluto veramente far capire che questo nuovo capitolo della legge umanitaria può aprire la porta anzitutto alla speranza: in primo luogo, per le vittime, e in secondo luogo, questo gesto e questa Convenzione, che diventerà obbligatoria speriamo in breve tempo, spero possa essere il simbolo che anche nel difficile cammino del disarmo nucleare e di altre forme di disarmo, come il mercato delle armi di piccolo calibro, è possibile raggiungere delle conclusioni positive, nonostante pessimismi iniziali che potrebbero bloccare il dialogo e lo sforzo dei Paesi a negoziare. E infine, mi pare che siamo riusciti a mettere fuori gioco l’uso di una gran parte di questi strumenti di sofferenza, di morte, e bloccare la strada allo sviluppo e all’utilizzo di queste bombe a grappolo, specialmente nelle zone dove vengono colpiti i civili, in modo da mantenere chiara la distinzione tra combattenti e civili, anche se naturalmente l’obiettivo finale è di mantenere la pace e quindi evitare che sia soldati, sia civili vengano in qualche modo feriti o uccisi da questi conflitti che continuano ad esplodere.







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