La Chiesa ricorda San Francesco Saverio, patrono delle Missioni
La Chiesa celebra oggi la memoria di San Francesco Saverio, sacerdote gesuita spagnolo,
apostolo delle Indie e patrono delle Missioni. Vissuto nella prima metà del 1500 partì
missionario verso l’India e il Giappone, primo sacerdote europeo a raggiungere quelle
antiche civiltà. E’ morto a soli 46 anni nell’isola di San Chao, stremato dalle fatiche,
mentre si preparava ad evangelizzare la Cina. Sulla figura di questo Santo ascoltiamo
padre Vito del Prete, del Pime, segretario generale della Pontificia Unione
Missionaria, intervistato da Antonella Palermo:
R. – Tre
sono gli elementi fondamentali della sua personalità che lo rendono non solo un grande
missionario ma anche molto attuale e che, in un certo qual senso, risponde ai criteri
della missione odierna. Prima di tutto, egli decise di consacrare totalmente la sua
vita a Dio. Durante gli studi che aveva fatto a Parigi - in cui incontrò Ignazio di
Loyola - egli rinunciò completamente al progetto che i suoi parenti, ed egli stesso,
avevano: quello di diventare dottore canonico in aiuto alle difficoltà finanziarie
della sua famiglia. Anche la sua partenza per l’India fu un atto di obbedienza: doveva
andare un suo compagno ma egli, chiamato da Ignazio di Loyola, rispose: “Eccomi, sono
pronto”. Ha predicato in luoghi fino ad allora sconosciuti, è diventato l’apostolo
dell’Asia. Il secondo elemento è la passione apostolica che nasce dalla contemplazione
di Cristo. Imita Cristo nella sua profonda povertà ed umiltà, per cui, da qui scaturisce
un po’ tutto l’amore che egli ha per i poveri, per gli emarginati, per gli abbandonati,
per coloro che erano oppressi dai 'signorotti' del tempo. L’amore a Cristo lo spinge
ad andare avanti senza arrendersi davanti a nessuno ostacolo. Il terzo elemento è
la metodologia, quello che forse l’avvicina di più alla situazione missionaria oggi.
Egli fonda delle chiese, le rende autosufficienti, cerca di formare il clero e i catechisti,
cerca di stabilire un primo dialogo con la cultura asiatica.
D.
– Questo è l’elemento che oggi definiremmo “inculturazione”, cosa dobbiamo imparare
in questo ambito da San Francesco Saverio?
R. – Francesco
Saverio, dovunque è stato, ha imparato la lingua, ha voluto realmente, poi, scrivere
catechismi ed altre opere in lingua per la gente. Ha tentato di capire le culture
locali, ha reso queste chiese, non più missioni ma le ha rese chiese autosufficienti.
D.
– Di fronte ad una India travagliata dalle violenze, San Francesco Saverio cosa avrebbe
pensato?
R. – Francesco Saverio oggi direbbe ai cristiani:
“Abbiate la capacità di essere tolleranti, pazienti”. Noi, come cristiani, dobbiamo
dare una testimonianza di chenosi. Il nostro dialogo, quello cristiano, non è fatto
di rivendicazioni, è un dialogo che porta alla croce. Cristo ha dialogato con il mondo
con la croce. Questo è il dialogo che noi dobbiamo tentare e questa comunità cristiana
deve essere segno di questo dialogo anche se oggi è messo in croce perché, lì, in
Orissa specialmente, è messo in croce.