La violenza urbana al centro di un documento dell’episcopato argentino
"Una visione semplicistica e affrettata, spesso proposta dai mass-media nei confronti
dell'insicurezza cittadina e della violenza nelle grandi metropoli, genera in molti
l'idea che non è possibile uscire di casa senza essere vittima di qualche reato e
ciò porta a concludere che occorre ristabilire la pena di morte, aumentare le pene
oppure abbassare l'età della punibilità". Così il dipartimento episcopale "Giustizia
e pace" dell'episcopato argentino in un documento, pubblicato insieme a numerose altre
istituzioni ecclesiali del Vicariato per la solidarietà, nel quale si analizzano i
problemi della violenza urbana che vede spesso come protagonisti i giovani o gli adolescenti.
Il documento sottolinea che è un tema molto delicato e di grande importanza e dunque
sarebbe conveniente che fosse sottratto alla dialettica dei partiti. Sarebbe ugualmente
conveniente, si aggiunge, “che le affermazioni che si fanno sulla materia fossero
sostenuto su dati veri”, senza manipolazione. Al riguardo si ricorda che spesso si
fa l’equazione “adolescenti-violenza” e si “fa apparire i giovani come fossero la
causa ultima di questa deplorevole realtà, eppure i dati statistici smentiscono tale
convinzione”. “Nell’ambito delle violenze urbane- prosegue il documento - l’incidenza
giovanile è molto bassa, marginale e sporadica. Perciò nulla autorizza a prendere
per buona e vera quest’equazione”. Se da un lato si può capire che affermazioni non
veritiere possano venire dall’opinione pubblica o magari da persone che sono state
vittime di aggressioni, non è “accettabile – si legge – che alcuni responsabili politici
del Paese”, identificando gratuitamente nei giovani l’origine delle violenze, “propongano
l’abbassamento dell’età in cui si può punire un adolescente, passando dai 18 ai 16
o ai 14 anni”. Il tema in questione, per gli autori del documento, può essere trattato
seriamente seguendo solo due cammini complementari: da un lato quello della prevenzione
e dell’altro quello della repressione, “ma senza confondere l’uno con l’altro, come
spesso accade, al punto di pensare che l’aumento delle pene o l’abbassamento dell’età
punibile sia un modo efficace di prevenire”. La pena, si ricorda, punisce un’azione
illegale già commessa. La prevenzione invece ha come scopo principale quella di evitare
che sia commesso un delitto. “Sembra scontato ribadire questi concetti, ma sentendo
alcune analisi è necessario ricordare la differenza”, e soprattutto “è fondamentale,
guardando a ciò che si fa in altri Paesi, pensare che la vera prevenzione si poggi
su politiche pubbliche riguardanti l’educazione, il lavoro, la salute e più in generale
su variabili che aiutano e sostengono lo sviluppo umano integrale”. Ad ogni modo,
conclude il documento, senza sottovalutare il dibattito, ciò che appare urgente è
l’azione: occorre agire su più fronti per “difendere la vita e il futuro dei giovani
e bambini argentini” garantendo loro tutti i diritti. Fra questi non va mai dimenticato
quello di “poter incontrare e conoscere Gesù” che può dire a loro molte cose “che
le nostre società non sono capaci di dire”.(L.B.)