2008-12-01 16:00:47

La violenza urbana al centro di un documento dell’episcopato argentino


"Una visione semplicistica e affrettata, spesso proposta dai mass-media nei confronti dell'insicurezza cittadina e della violenza nelle grandi metropoli, genera in molti l'idea che non è possibile uscire di casa senza essere vittima di qualche reato e ciò porta a concludere che occorre ristabilire la pena di morte, aumentare le pene oppure abbassare l'età della punibilità". Così il dipartimento episcopale "Giustizia e pace" dell'episcopato argentino in un documento, pubblicato insieme a numerose altre istituzioni ecclesiali del Vicariato per la solidarietà, nel quale si analizzano i problemi della violenza urbana che vede spesso come protagonisti i giovani o gli adolescenti. Il documento sottolinea che è un tema molto delicato e di grande importanza e dunque sarebbe conveniente che fosse sottratto alla dialettica dei partiti. Sarebbe ugualmente conveniente, si aggiunge, “che le affermazioni che si fanno sulla materia fossero sostenuto su dati veri”, senza manipolazione. Al riguardo si ricorda che spesso si fa l’equazione “adolescenti-violenza” e si “fa apparire i giovani come fossero la causa ultima di questa deplorevole realtà, eppure i dati statistici smentiscono tale convinzione”. “Nell’ambito delle violenze urbane- prosegue il documento - l’incidenza giovanile è molto bassa, marginale e sporadica. Perciò nulla autorizza a prendere per buona e vera quest’equazione”. Se da un lato si può capire che affermazioni non veritiere possano venire dall’opinione pubblica o magari da persone che sono state vittime di aggressioni, non è “accettabile – si legge – che alcuni responsabili politici del Paese”, identificando gratuitamente nei giovani l’origine delle violenze, “propongano l’abbassamento dell’età in cui si può punire un adolescente, passando dai 18 ai 16 o ai 14 anni”. Il tema in questione, per gli autori del documento, può essere trattato seriamente seguendo solo due cammini complementari: da un lato quello della prevenzione e dell’altro quello della repressione, “ma senza confondere l’uno con l’altro, come spesso accade, al punto di pensare che l’aumento delle pene o l’abbassamento dell’età punibile sia un modo efficace di prevenire”. La pena, si ricorda, punisce un’azione illegale già commessa. La prevenzione invece ha come scopo principale quella di evitare che sia commesso un delitto. “Sembra scontato ribadire questi concetti, ma sentendo alcune analisi è necessario ricordare la differenza”, e soprattutto “è fondamentale, guardando a ciò che si fa in altri Paesi, pensare che la vera prevenzione si poggi su politiche pubbliche riguardanti l’educazione, il lavoro, la salute e più in generale su variabili che aiutano e sostengono lo sviluppo umano integrale”. Ad ogni modo, conclude il documento, senza sottovalutare il dibattito, ciò che appare urgente è l’azione: occorre agire su più fronti per “difendere la vita e il futuro dei giovani e bambini argentini” garantendo loro tutti i diritti. Fra questi non va mai dimenticato quello di “poter incontrare e conoscere Gesù” che può dire a loro molte cose “che le nostre società non sono capaci di dire”.(L.B.)







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