I vescovi della Nigeria chiariscono le motivazioni non tanto religiose quanto politiche
che sarebbero all’origine degli scontri, scoppiati ieri nella città di Jos
I gravi scontri avvenuti in Nigeria in questi giorni con numerose vittime stanno suscitando
grande emozione nel mondo. Anche il Papa all’Angelus ha espresso la sua preoccupazione
di fronte – ha detto – a "tanta crudele e insensata violenza". Tuttavia il modo in
cui sono stati raccontati gli eventi e le motivazioni date rischiano di gettare una
luce sbagliata sugli scontri, presentati come di natura religiosa. I vescovi della
Nigeria reagiscono con forza e decisione di fronte a questa interpretazione. Sentiamo
quanto ha dichiarato, l’arcivescovodi Abuja, John Onaiyekan,
al microfono di Eugenio Bonanata: R. – L’arcivescovo
di Jos è rimasto molto, molto scontento di quello che hanno detto alla BBC: hanno
parlato di musulmani uccisi nelle moschee. Dice che è tutto falso. Hanno detto che
qualcuno era andato a raccogliere dei cadaveri per le strade per portarli nella moschea,
ma dice di non sapere nulla di questo ed ha chiesto al Governo di investigare. Insomma,
c’è gente lì disposta a raccontare delle storie per fare propaganda. Tutto questo
è un problema politico. I politici, però, in Nigeria, quando fa loro comodo, cercano
di strumentalizzare la religione, per sostenere il loro modo di fare. Una causa può
essere quella delle elezioni locali fra due partiti. I partiti non sono religiosi,
perché sia il PDP che l’NPP hanno cristiani e musulmani all’interno del partito. Alle
volte, però, a livello locale, si può avere un confronto non solo fra due partiti,
ma anche fra due religioni. E sembra essere proprio il caso di cui parliamo adesso. D.
– Secondo lei, quali sono le ragioni all’origine degli scontri? R.
– Le ragioni sono quelle normali di due gruppi che, nel caso di Jos, sono gruppi di
indigeni della zona e gruppi hausa, che in grande maggioranza sono musulmani, e che,
secondo la storia, sono installati lì da tanti anni, da più di 100 anni. Purtroppo
in questi 100 anni hanno vissuto quasi sempre separati e l’identità dei due gruppi
è ben chiara. Ma quando ci sono problemi politici, si trova una miscela di differenze
etniche e sociali, mischiate insieme, cui si aggiunge la differenza religiosa, che
segue queste linee. Allora diventa difficile puntualizzare esattamente quale sia la
causa. Ma secondo me, la causa principale è il controllo del potere e il senso di
appartenenza ad un gruppo o all’altro; chi è che controlla; le conseguenze economiche
e così via. D. – Già in passato nella regione in questione c’erano
stati dei disordini, degli scontri abbastanza sanguinosi, giusto? R.
– Sì, purtroppo, è una cosa recente, perché fino a due o tre anni fa, quella zona
era considerata una delle più pacifiche in Nigeria. Soltanto recentemente sono cominciate
queste tensioni. Ma si può dire che il periodo politico democratico può incoraggiare
la gente perché cominci a fare delle rivendicazioni che prima non si facevano. D.
– In generale, in Nigeria, com'è la convivenza tra cristiani e musulmani? R.
– Grazie per la domanda, perché molto spesso si dà l’impressione che in Nigeria si
stia sempre ad uccidersi a vicenda, il che non è affatto vero. In generale, la relazione
fra cristiani e musulmani in Nigeria è buona ed io lo posso dire con grande senso
di responsabilità. Ogni tanto scoppiano dei periodi di violenza ed io li descrivo
come periodi di pazzia, però nel resto dell’anno la gente vive insieme, va negli stessi
mercati, appartiene agli stessi Partiti politici, si trova nelle stesse Forze armate
e nella Polizia, e in molti casi si sposa. Allora, andando in Nigeria adesso, non
si può facilmente identificare chi sia musulmano e chi sia cristiano. Io credo, che
questa nostra situazione venga molto spesso mal compresa. Ogni volta, quando c’è qualche
problema, si dice subito sono cristiani o musulmani, invece ci sono altre cose dietro. D.
– Ci sono, dunque, segnali positivi da questa convivenza? R.
– Posso dire anche che negli ultimi anni abbiamo fatto dei grandi sforzi per contatti
ad altissimo livello fra guide religiose cristiane e musulmane. Abbiamo un Concilio
nazionale per il dialogo interreligioso, del quale io sono co-presidente con il capo
dei musulmani. Ieri, io, capo dei cristiani, e il sultano di Sokoto, il capo dei musulmani
in Nigeria, abbiamo parlato al telefono, cercando di fare ciò che possiamo per aiutare
a ristabilire la pace. A quel livello stiamo facendo progressi, però a livello locale
non si può sempre controllare ciò che dirà l’imam nella moschea o un pastore in chiesa.
E’ qui che le cose cominciano a farsi difficili.